2018-11-16
«Sono un eroe ma lo Stato si vergogna di me»
Faceva lo steward, nel 2011 sventò il dirottamento di un volo Parigi-Roma affrontando a mani nude un uomo armato. Il Quirinale l'ha insignito della medaglia d'oro al merito civile. Ma di nascosto, senza neppure avvertirlo. E nel silenzio infastidito della stessa Alitalia.Qualche anno fa Ermenegildo Rossi, assistente di volo Alitalia, era finito sui giornali. Eroe era l'appellativo più ricorrente associato al suo nome. E al suo gesto, compiuto il 24 aprile 2011 su un volo Parigi-Roma. Rossi aveva sventato un dirottamento aereo, bloccando un uomo che armato di coltello aveva preso in ostaggio una collega. Dapprima parlando con il terrorista, poi aggredendolo fisicamente, Rossi aveva evitato una possibile tragedia. Oggi il segretario generale di Roma per l'Ugl mi racconta una storia che ha del surreale. È stato insignito di una delle più alte onorificenze italiane, la medaglia d'oro al merito civile, ma è come se lo Stato italiano si vergognasse di lui. Rossi, mi riporta a bordo di quel volo?«Su quell'aereo c'era un cittadino kazako con passaporto diplomatico, Valery Tolmachyov. Aveva prenotato un posto vicino alla porta, così da avere davanti a sé più spazio per mettere a punto il suo piano».Cosa è accaduto?«Io e la collega con il carrello tornavamo verso la cabina di pilotaggio. Io sono passato davanti a lui, è passato il carrello, e quando è toccato alla collega il kazako si è alzato, l'ha bloccata e le ha puntato un coltello alla gola».Un coltello?«Sì. Con lama appuntita di 10-12 centimetri».E lei?«Ho spostato il carrello e gli ho detto: «Ho capito, dimmi cosa vuoi fare». Lui, in italiano, mi ha risposto: «Questo aereo va in Libia». Eravamo in guerra, il giorno prima - a Parigi - Silvio Berlusconi aveva confermato a Nicholas Sarkozy la partecipazione dell'Italia al conflitto».Non oso immaginare la tensione.«Io ho mantenuto la calma. Gli ho detto: «Ti faccio io una richiesta. Togli il coltello dalla gola della collega e prendi me al suo posto» ma lui ha risposto no, aggiungendo: «Se non si fa come dico io, la sgozzo»». E gli altri passeggeri?«In questi casi va evitato che altre persone si alzino. Per cui mi sono rivolto con fermezza a loro dicendo «voi rimanete seduti con le cinture allacciate». Poi ho avvisato il comandante che eravamo sotto dirottamento e che l'aereo doveva andare in Libia».E sarebbe successo?«Assolutamente no. Sapevo benissimo che questo tipo di richiesta non sarebbe mai stata assecondata. Dopo gli attentati dell'11 settembre, la procedura prevede di atterrare all'aeroporto più vicino».Quindi?«Stavamo sorvolando le Alpi, saremmo atterrati a Milano o Torino, al che la situazione si sarebbe complicata parecchio. Ma soprattutto è cominciato a comparire del sangue sul collo della collega per via della lama appuntita. Così gli ho chiesto di spostarsi nella zona business, dove c'era un solo passeggero. E lui, che voleva evidentemente avvicinarsi alla cabina di pilotaggio, ha detto di sì. Poi, è avvenuto tutto in un attimo».Cosa?«Lui camminava all'indietro, trascinandosi la collega. Io ero di fronte a lui. Nell'indietreggiare lui ha urtato la coscia contro un bracciolo. Forse pensava di avere qualcuno alle spalle, ha girato la testa e ha allontanato il coltello dalla gola. Mi ha concesso una frazione di secondo, e gli sono saltato addosso».Come in un film.«Esattamente. Li ho spinti entrambi a terra, mi sono avventato su di lui mentre tentava di accoltellarmi. Con la forza sono riuscito a disarmarlo ma mi sono procurato vari tagli alla mano. L'ho immobilizzato e legato prima con alcune cinture, poi con le manette».Un gesto davvero eroico.«Tutti pensano così, anche se io non mi reputo tale. Per lo Stato lasciamo perdere».Qui inizia la seconda parte della storia. Che titolo diamo?«È la storia di un abbandono. Di uno Stato che si vergogna dei valori da difendere. Ma ne ho avuto subito sentore».Cioè?«Dopo avere immobilizzato il kazako, abbiamo deciso di proseguire per Roma. Il momento più intenso è stato quando i passeggeri sono sbarcati. Chi mi ringraziava, chi mi voleva abbracciare, un momento meraviglioso. Poi sono iniziati i problemi: un dirigente della compagnia ha chiamato l'amministratore delegato, Rocco Sabelli. Il comandante gli ha detto «le passo il capo cabina, colui che ha immobilizzato il terrorista»».E lei?«Io sono un sindacalista, avevo incontrato Sabelli in decine di riunioni. Lui stava per ringraziarmi e io: «Dottore, sono Ermenegildo Rossi». A questo punto è calato il silenzio».Sabelli non le ha detto nulla?«Dopo una pausa ha esclamato: «Ma tra tutti i capo cabina che ho, proprio tu stai su quel volo?»»Una battuta per sdrammatizzare, magari.«Sta di fatto che questa battuta me l'ha ripetuta nei giorni successivi, quando mi ha incrociato. La stampa, invece, si è adeguata».In che senso?«Nei giorni successivi si è parlato del gesto di un pazzo, di un uomo armato di un temperino, di un dirottatore disarmato grazie all'aiuto dei passeggeri, dell'equipaggio. Ma io ho fatto tutto da solo».E non gliel'hanno riconosciuto?«L'azienda non ha fatto nulla. Zero. Se accadeva su un volo Air France o Delta facevano un film a Hollywood. In Italia hanno insabbiato tutto ed io sono rimasto solo con il dramma che avevo».Eppure il riconoscimento, alla fine, è arrivato. «Questa è una parte per certi versi ancora più amara della vicenda».Perché?«Alitalia poteva chiedere un riconoscimento, ma non l'ha fatto. Dopo un anno e mezzo la vicenda è venuta a conoscenza del prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro. È stato lui a propormi e per questo lo ringrazio infinitamente. Speravo in un attestato, in un encomio da lasciare a mio figlio e invece arrivata la medaglia d'oro al merito civile, un'onorificenza pazzesca. Sa quante persone l'hanno ricevuta nella storia italiana dal 1793 a oggi? Solamente 833».E lei è una di quelle.«Esatto. Ma l'ho scoperto per caso, sbirciando sul sito internet del Quirinale».Non ho capito bene, in che senso?«Era fine ottobre 2017, ero da solo a casa e all'una di notte sono entrato nel sito della presidenza della Repubblica. Ho visto l'elenco degli encomi, le medaglie di bronzo, d'argento. Poi sono arrivato alle medaglie d'oro e… leggo Ermenegildo Rossi. Penso: «Non è possibile, sarà un omonimo». Clicco. Ero io».Ah.«Leggo che mi era stata conferita la medaglia d'oro e che mi era stata consegnata il 5 giugno, quattro mesi prima. Ho iniziato a piangere dalla gioia. Ho chiamato mio figlio Fabrizio, in Olanda, siamo stati al telefono fino alle tre di notte. E lui mi ha detto: «Papà, ma come è possibile che non te l'abbiano detto»?»Appunto, glielo chiedo anche io.«Infatti alla gioia è subentrata l'amarezza. Ma io devo scoprire una cosa così meravigliosa in questo modo? Lo sa che questa onorificenza è stata data a Gino Bartali? Lo sa che il 90% di chi l'ha ricevuta nella storia è morto nel momento in cui ha compiuto l'atto per cui viene insignito? Io invece l'ho scoperto su internet».E a quel punto che ha fatto?«Ho chiamato il Quirinale. Ho scoperto dopo quindici giorni che loro si limitano a fare un decreto e a spedire la medaglia alla Prefettura. Allora ho scritto al Prefetto, era l'11 dicembre 2017. Ho chiesto anche di avvisarmi se esistesse una cerimonia di consegna, in modo da poterlo dire a mio figlio. Il 5 gennaio mi hanno detto di presentarmi il venerdì successivo, e che non erano previste cerimonie. Quel venerdì sono andato con un amico, perché avevo paura di emozionarmi. Per farla breve: non mi volevano ricevere, a un certo punto hanno detto che la persona che aveva le chiavi della cassaforte in cui era conservata la medaglia non era in ufficio. Li ho minacciati di portare lì in dieci minuti giornalisti e telecamere. Così siamo saliti, hanno recuperato le chiavi e mi hanno dato la medaglia».Sento sconforto nelle sue parole.«Era in una scatolina di plastica dal colore smunto, con un nastrino rabberciato». Queste onorificenze negli Usa sono consegnate dalla moglie del presidente, la first lady. «Qui in Italia si fa così, evidentemente. Uscito da lì sono entrato in un negozio per comprare un nastrino decente. Ho incrociato tre militari. Mi hanno detto: «Ma lei sa cos'ha in mano? È di suo nonno?»». «È mia» ho risposto. Mi hanno detto «ma lei lo sa che il presidente della Repubblica deve mettersi sull'attenti davanti alla bandiera e a una medaglia d'oro al merito civile?»»Invece questo Stato l'ha dimenticata?«Io guardo questa medaglia e provo gioia ma mi ricordo anche tutto il fardello che ho dovuto sopportare. Sa che non l'ho mai messa? Lo faccio per voi, per la prima volta. Dopo avere sventato un attentato ho combattuto un anno e mezzo con il terrore di quello che poteva accadere. Quell'uomo poteva uccidere la mia collega, c'erano 135 passeggeri a bordo, l'equipaggio... E vengo trattato così».Cosa c'è scritto sul decreto del presidente della Repubblica?«Aspetti che mi metto gli occhiali. Ecco: “Dipendente della compagnia di navigazione Alitalia, con pronta determinazione e straordinario coraggio, durante il volo non esitava a offrirsi al posto di una hostess presa in ostaggio da un uomo armato di coltello al fine di dirottare l'aereo. Successivamente, approfittando di un passo falso dell'uomo, riusciva a disarmarlo e bloccarlo con l'aiuto di alcuni passeggeri. Splendido esempio di generoso altruismo e di solidarietà umana. 24 aprile 2011 - volo AZ 329 Parigi-Roma"».Però non si sente un eroe.«Uno può essere considerato eroe se prima di tutto lo Stato a cui appartiene ti tratta come tale. Se invece lo Stato svalorizza certi gesti, se non celebra con orgoglio questi comportamenti, allora mi chiedo: che razza di Stato è?».
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)