2019-01-20
Solzenicyn e l’inferno (taciuto) dei gulag
Verhoeff, Bert / Anefo / Wikimedia Commons
Di Aleksandr Solzenicyn, lo scrittore che denunciò gli orrori del comunismo esce, per la prima volta in traduzione integrale, Nel primo cerchio. I suoi libri vennero attaccati ferocemente dal Pci. Il più duro fu Giorgio Napolitano, che diceva: «Il terrore nell'Urss? Propaganda».Nel 1945 l'esercito sovietico assedia Berlino. Quasi la rade al suolo. La città si arrende. Adolf Hitler si suicida. Ora la bandiera rossa sventola sulle rovine del Reich. Nel frattempo, un valoroso soldato dell'Armato rossa viene condotto prigioniero in un campo di detenzione. È un traditore? Ha collaborato con il nemico? No! In una lettera privata inviata ad un amico ha criticato il sistema staliniano. La pena è spietata. Otto anni. Il soldato si chiama Aleksandr Solzenicyn, nato nel 1908. Origini umilissime. Studi in storia e filosofia non completati per la guerra. Sopravviverà al gulag. Affronterà un calvario decennale: otto anni di prigionia, tre di domicilio coatto (doveva essere perpetuo). Poi la liberazione. Morto il tiranno Josif Stalin si apre una nuova stagione: il «disgelo» inaugurato da Nikita Krusciov. Tornato libero, Solzenicyn si assegna una missione: raccontare l'orrore della prigionia attraverso le parole. Diventerà uno dei più grandi scrittori della seconda metà del XX secolo, insignito nel 1970 del Premio Nobel per la letteratura. Il suo talento narrativo esplode in una forma breve, nel 1962, con Una giornata di Ivan Denisovic. Ma il «disgelo» di Krusciov dura poco. Segue la glaciazione di Leonid Breznev. Solzenicyn ormai è troppo famoso per essere condannato di nuovo al freddo e alla fame del gulag. Meglio liberarsene. Nel 1972 ha pubblicato in Francia Arcipelago gulag. I comunisti francesi sparano cannonate a ripetizione: è tutto falso. Nel Paese del socialismo reale certe cose non possono accadere. Solzenicyn mente spudoratamente. L'aggressione è violentissima. Ma si rivela un boomerang. Nel 1974 l'ingrato, il traditore è espulso dall'Unione Sovietica. Arcipelago gulag esce in Italia. I comunisti, memori della disfatta francese, mettono il silenziatore. L'obbligo è tacere. E favorire la quiete. Giorgio Napolitano accoglie l'espulsione di Solzenicyn con un lungo articolo sul quotidiano del partito L'Unità (20 febbraio 1974). Il «caso Solzenicyn» ha provocato l'apparire delle «immagini più fosche della propaganda antisovietica». Chi si agita perché in Unione Sovietica manca la libertà dovrebbe ricordare che capitalismo e imperialismo riducono «l'uomo a semplice congegno di una macchina disumana». Lo scrittore in patria aveva sfidato apertamente la «democrazia socialista» e quest'ultima lo ha messo alla porta. «Negare l'immensa portata liberatrice della Rivoluzione d'ottobre, lo straordinario bilancio di trasformazioni e di successi del regime socialista», come fa Solzenicyn, è una negazione della verità storica. Una casa editrice romana comunista, Napoleone, pubblica un libercolo, dal titolo vergognoso: L'arcipelago delle menzogne. Tra la rivelazione di Una giornata di Ivan Denisovic e la consacrazione di Arcipelago gulag c'è di mezzo Nel primo cerchio. Il romanzo fu concepito durante la prigionia tra il 1945 e il 1953; scritto tra il 1955 e il 1958; modificato nel 1964; riportato alla struttura originale nel 1968. Il Italia uscì da Mondadori con il titolo Il primo cerchio (1968) e con ben nove capitoli in meno. Era stato lo stesso autore a «spennare» (come diceva) l'opera, sopprimendo soprattutto le parti in cui prendeva di petto direttamente la figura di Stalin. Non lo aveva fatto per compiacere le autorità, ma per garantire la diffusione dell'opera che, anche se purgata, restava un pesante macigno scagliato contro lo stalinismo. Ma fu vano. Il libro uscì all'estero e circolò clandestinamente in Unione Sovietica. Finalmente, dopo mezzo secolo, possiamo leggere l'opera completa in italiano, grazie alla pubblicazione della piccola ma coraggiosissima casa editrice romana Voland (Nel primo cerchio, 960 pagine, 26 euro, introdotto da una bella presentazione di Anna Zafesova). Partiamo da una domanda: Solzenicyn si deve considerare un grande scrittore per le qualità formali o per la forza ostinata con cui ha voluto dire la verità? Detta in altre parole: la sua grandezza è letteraria o ideologica? La lettura di Nel primo cerchio ci mostra in maniera inequivocabile che la struttura di Arcipelago gulag è già annunciata. L'Unione Sovietica è paragonata da Solzenicyn ad un girone dantesco. Infatti, il romanzo è ambientato nel girone dei privilegiati del gulag . Gli altri gironi , ancora più drammatici, li ritroveremo in Arcipelago gulag. Siamo dunque alla soglia dell'inferno. L'Unione Sovietica stessa è l'inferno, poiché lo status di carcerato e carceriere è incerto. Tutti possono diventare carcerati o carcerieri, all'improvviso, in qualsiasi momento, senza un perché. La libertà di parola non esiste più, cancellata dalla paura. Finisce così che, per eterogenesi dei fini, l'unica oasi di libertà della parola è il carcere. Infatti, è nella detenzione che si sviluppano (come già accadeva in Una giornata di Ivan Denisovic) sofisticati dibattiti relativi alla politica, all'arte, alla religione. Il filo spinato e il gelo assiderante, metafore della fine dell'esistenza, scatenano il lucido ragionamento sul mistero stesso dell'esistenza. Come è stato possibile tutto ciò? Solzenicyn non ha dubbi. La colpa è di Stalin, la piovra onnipotente che ha allungato i lunghi tentacoli sull'intera nazione. E qui torniamo alla domanda: arte o ideologia? Nel primo cerchio è un romanzo immenso, innervato nella grande tradizione della letteratura russa ottocentesca. Ma all'uomo di lettere, nel corso del XX secolo, venne chiesto di fronteggiare un male assoluto: il leninismo (le origini del male), lo stalinismo (la fase più acuta del male) e il tentativo autoritario di rifondare il comunismo sino al crollo totale. Una perversione di natura religiosa si era impossessata dell'anima russa. Il bolscevismo era diventato la religione immanente dell'uomo nuovo sovietico. Umanisti cristiani come Nicolaj Berdjaev, Waldemar Gurian, Pavel Florenskij, Andrej Tarkovskij disegnarono i contorni dell'eresia bolscevica. Aleksandr Solzenicyn la aggredì frontalmente, in un corpo a corpo titanico, attraverso un'opera mastodontica. Tornato nel 1994 in Russia l'autore di Nel primo cerchio ricevette la visita di un amico, che gli chiese se non avesse dedicato troppo spazio alla fluviale narrazione della verità, sottraendo tempo alla vita reale. Solzenicyn rispose: gli uomini passano, i libri restano. E aveva ragione. Nel primo cerchio sta lì a dimostrarlo.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 17 settembre con Carlo Cambi
Dario Franceschini (Imagoeconomica)
Papa Leone XIV (Getty Images)
Sergio Mattarella con la mamma di Willy Monteiro Duarte (Ansa)