2025-09-06
Beccato il Mostro di Firenze: è il patriarcato
Il regista Stefano Sollima (Ansa)
Sollima, autore di una serie sull’omicida, ha accostato la strage delle coppiette allo scandalo di Phica.net. Il comune denominatore, ovviamente, sarebbe la cultura maschilista. Una mistificazione lunare, utile però a garantirsi la benevolenza dei salotti «giusti». Finalmente, dopo anni e anni, abbiamo trovato il vero colpevole dei delitti del mostro di Firenze. Non Pietro Pacciani e i suoi compagni di merende, non i protagonisti della cosiddetta pista sarda e nemmeno gli occultisti e massoni che sono stati tirati in ballo a un certo punto. No, il vero colpevole è il patriarcato. A spiegarlo è il regista Stefano Sollima, per altro uno dei più talentuosi autori italiani degli ultimi decenni e giustamente molto apprezzato a livello internazionale. Presentando la sua nuova serie, intitolata appunto Il Mostro, al Fatto quotidiano dal Festival del cinema di Venezia dichiara: «Dal mostro degli anni 60 al recente scandalo del sito Phica.eu, sicuri che siamo così tanto diversi? Questa serie stigmatizza lo sguardo maschile. Era un’altra Italia, ma è la stessa Italia. Rurale, contadina, quella che inquadro è una società patriarcale, in cui l’uomo, marito o padre che fosse, aveva potere assoluto su tutto, e le donne un ruolo subordinato, stavano nei campi, a casa, erano le garanti della decenza, l’onore della famiglia. E la cosa forte di questa storia è che si pensa di avere una sorta di distanza rassicurante da quel mondo, da quell’approccio culturale, ma non è così: la cronaca odierna è oltremodo eloquente». Sollima, insomma, si propone di indagare una società sempre identica a sé stessa, patriarcale e oppressiva: «La banalità del mostro, ieri come oggi: ogni giorno in Italia viene uccisa una donna». I media progressisti si sono ovviamente buttati a pesce sul tema, non potevano chiedere di meglio. Anche Repubblica batte sullo stesso tasto e titola: «Il patriarcato oggi è il mostro venuto dal passato». Al netto della stima che abbiamo per Sollima come regista, non possiamo non notare quando sia ridicolo e in fondo un po' patetico tutto ciò. Il cineasta italiano è tra i migliori proprio perché negli anni ha saputo raccontare storie, ha fatto cinema e non il solito dramma interiore a cui ci avevano abituato i suoi colleghi più politicizzati e intellettuali. Sollima ruba dal cinema di genere, dai classici italici del passato e anche dagli americani, e ruba perché sa farlo con grande classe. Grazie a lui le serie italiane hanno superato i confini, e non è un caso che lo abbiano chiamato a Hollywood tempo fa. E allora è veramente triste che ci sia bisogno di questa menata del patriarcato per ottenere due titoli sui giornali e per ammantare di impegno una serie che dovrebbe fare semplicemente cronaca nera (cosa per altro molto difficile). Per altro, verrebbe da notare che Sollima nella sua filmografia di maschi testosteronici ne ha messi giù parecchi, tra criminali romani, camorristi di Gomorra e manzi hollywoodiani armati fino ai denti. Che ora venga a fare la morale sulla mascolinità fa sorridere. Non si capisce poi che cosa c’entri un assassino e seriale con i pipparoli che scambiavano foto sui siti web: davvero vogliamo paragonare i due fenomeni? E ancora: il mostro di Firenze ha ucciso un bel po' di coppiette, maschi compresi. Certo ha infierito sulle donne in modo particolare e sospetto, ma accostare quegli omicidi ai femminicidi odierni o peggio ad altre manifestazioni cosiddette sessiste è veramente eccessivo, oltre che probabilmente dannoso. «Dispiace che eventi di grande visibilità, come il Festival di Venezia, vengano trasformati in timbri di opinione a sostegno di letture semplificate di vicende che presentano invece una complessità tale da richiedere un’analisi puntuale e fondata delle cause e delle motivazioni reali», dice Fulvia Signani, visiting assistant professor di Sociologia di Genere e della Salute all’Università di Ferrara. Che riguardo alla violenza sulle donne precisa: «Ridurre tutto a una guerra tra i sessi significa trascurare la presenza di patologie psichiche irrisolte e di segnali premonitori che meritano attenzione. La vera sfida è riconoscere la complessità dei fatti e attivare una prevenzione efficace, che coinvolga l’intera società, non soltanto i professionisti sanitari». Critica anche Lorena Pensato, autrice del libro Non è Patriarcato (Edizioni Fvai). «Ridurre tutto al patriarcato mistifica i fatti», spiega. «Gli inquirenti seguivano la vittimologia, non pregiudizi morali. I serial killer non sono figli del patriarcato, ma fenomeni ricorrenti in ogni epoca, segnati da psicopatologie o devianze individuali». In effetti - sempre ammesso che il Mostro fosse un serial killer e non un gruppo di persone - ricondurre anche questo tipo di delitti al sessismo sistemico non sta in piedi. Si potrebbe notare che studi recenti svolti negli Stati Uniti hanno dimostrato che il maggior numero di assassini seriali in circolazione è stato rilevato negli anni Settanta e Ottanta, cioè quando sono cresciuti i figli maschi della generazione senza padri uscita dalla guerra mondiale. Tradotto: l’assenza del padre e della forza buona maschile ha prodotto individui devianti, non l’eccesso di mascolinità. E le stesse carenze si possono rilevare in alcuni femminicidi di oggi. Tirare in ballo il patriarcato, tuttavia, garantisce qualche apprezzamento in più nei salotti buoni progressisti e consente di evitare altri e più gravi interrogativi relativi alla violenza di genere. Ma a queste mistificazioni siamo abituati. Dispiace di più che a alimentare ci si metta pure Sollima: ma forse sbagliamo a pensare che gli autori siano sempre (anche politicamente) liberi e originali come le loro opere.
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