
Anni fa Claudio Abbado, che della Scala fu direttore musicale, disse che la cultura è un bene comune primario come l'acqua, e subito dopo aggiunse che i teatri, le biblioteche e i cinema sono da considerarsi come tanti acquedotti.Sarà, ma se è così l'acquedotto del tempio italiano della lirica dev'essere parecchio a secco, altrimenti non si comprende perché stia per spalancare le porte ai sauditi, offrendo loro un posto al vertice. La storia è la seguente: il ministro della cultura di Riad ha offerto 15 milioni al sovrintendente Alexander Pereira in cambio di una poltrona nel consiglio di amministrazione del prestigioso ente milanese. Di fronte all'avance, il Comune, che è guidato da una maggioranza di sinistra, invece di rispedire alla Mecca l'emissario della dinastia Saud dichiarando di non gradire la proposta, non solo non ha fatto un plissé, ma ha srotolato un tappeto rosso. Beppe Sala, che in quanto sindaco è anche il presidente della fondazione lirica, addirittura si è lamentato per la reazione del governatore della Lombardia, il quale avendo storto un po' il naso è stato subito accusato di fare troppo lo schizzinoso. Il fastidio del primo cittadino del capoluogo meneghino per i dubbi sollevati dal collega della Regione è comprensibile: nel solo 2018 la sua amministrazione ha dovuto ripianare il buco di bilancio del teatro, mettendo mano al portafogli per 5,8 milioni. Dunque la genuflessione dinanzi al principe saudita a Sala deve essere parsa obbligata e l'assegno milionario degli arabi dev'essergli sembrato addirittura una vera e propria manna dal cielo, un aiuto benemerito per riattivare il rubinetto della Scala.Peccato che quei milioni non abbiano a cuore il bene primario della cultura citato da Abbado, ma soltanto l'immagine compromessa del principe reggente della dinastia saudita, Mohammed bin Salman, in codice Mbs. Infatti quando i soldi vennero offerti a Pereira erano passati appena due mesi dall'omicidio di Jamal Khashoggi, un giornalista dissidente che dopo essere fuggito da Riad a seguito delle minacce aveva trovato rifugio in Turchia. Siccome però averlo indotto a fuggire non dev'essere stato ritenuto sufficiente, in quanto lo scriteriato opinionista si era messo a pubblicare i suoi articoli sul Washington Post, una squadra di sicari sauditi si è incaricata di strangolarlo e poi farlo a pezzi all'interno dell'ambasciata di Riad a Istanbul. L'assassinio ha destato orrore in tutto il mondo e molti Paesi hanno preso le distanze, rinunciando a partecipare a una serie di incontri pubblici e anche ad alcuni lucrosi affari. Di recente l'agenzia che gestisce le stelle di Hollywood ha restituito un assegno da 400 milioni, rifiutando denaro da mani insanguinate. Ma tutto questo, appunto, succede all'estero, non a Milano. Da noi, dopo il brutale omicidio del cronista, ci si è indignati il giusto. Luca Lotti, ex ministro dello Sport, chiese di annullare la supercoppa italiana che si doveva giocare a Riad alla fine di ottobre dello scorso anno. Per l'onorevole del Pd, la finale avrebbe dovuto essere bloccata a prescindere dall'interesse economico attorno a quella partita e per questo rivolse un appello accorato alla Lega calcio affinché riconsiderasse la decisione di giocare il match Juventus-Milan, invitando il governo pentaleghista a «fare ogni possibile sforzo per evitare che il calcio italiano scriva una pagina di rifiuto nella difesa dei valori e dei diritti».La sinistra però ha l'indignazione passeggera. Così, già a dicembre, l'emissario del principe Mbs, per rifarsi l'immagine e lasciarsi alle spalle il brutale omicidio del giornalista, era in missione a Milano, alla prima della Scala, pronto a offrire un pacco di milioni. Davanti ai bigliettoni, né Pereira né altri hanno sentito l'obbligo di rifiutare. Che a offrire il denaro fosse il ministro della Cultura di un Paese in cui si fanno a pezzi i diritti umani e si segano - in senso letterale - gli oppositori non ha fatto venire loro il minimo dubbio. Siccome la cultura è un bene primario, anche un omicidio può passare in secondo piano. Non importa che dall'acquedotto esca qualche goccia di sangue. L'importante è che lo spettacolo continui.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





