2023-02-14
Soldato ucciso, ricercato un tunisino. Ha precedenti per droga e stupro
Caccia all’uomo che avrebbe ammazzato di botte il caporalmaggiore dell’Esercito: era tornato in libertà cinque anni fa. Braccato anche il complice. Scartata l’ipotesi della rapina, si batte la pista del litigio.L’identikit fornito dai testimoni era questo: capelli neri folti con attaccatura bassa, barba scura che incornicia il viso, occhi infossati, ciglia spesse e sguardo da duro. Una descrizione che incrociata con i frame recuperati dai video delle telecamere ha offerto agli investigatori, grazie alle banche dati dei fotosegnalati, un profilo preciso. E un nome: Mohamed Abidi, 33 anni, tunisino con precedenti penali per spaccio di droga e di polizia per violenza sessuale, presente nella bancadati dell’Ufficio stranieri della Questura di Roma sin dal 2013. Era tornato in libertà cinque anni fa. È sospettato di aver picchiato a morte Danilo Lucente Pipitone, il caporalmaggiore dell’Esercito che lavorava come infermiere all’ospedale militare del Celio trovato privo di conoscenza nel quartiere Centocelle, a Roma, nella notte fra venerdì e sabato, accanto a un cassonetto per la raccolta degli abiti usati. Aveva ancora addosso il telefono cellulare e il portafogli. E quindi l’ipotesi della rapina finita male è stata scartata. L’uomo è stato portato prima al pronto soccorso dell’ospedale Vannini e poi, per la gravità delle condizioni, trasferito all’Umberto I, dove è deceduto dopo alcune ore di agonia in terapia intensiva. L’aggressore sarebbe fuggito con una 500 Abarth presa a noleggio. E questo potrebbe essere stato l’errore fatale. Gli investigatori, che sono riusciti a risalire alla targa, praticamente lo stanno braccando, ma c’è il sospetto che potrebbe aver tentato la fuga con una seconda identità. È ricercato anche il complice, che lo aspettava in auto. Abidi sembra uno che sa come far perdere le sue tracce. Sulla stampa locale viene descritto come una specie di fantasma. Non si sa, per esempio, come sia entrato in Italia. E questo farebbe pensare che sia approdato con uno dei tanti barconi. Finché nel 2013 non è stato identificato a Roma. E, dopo l’arresto per droga, nel 2015 ricompare in un gruppo di tre tunisini accusati di aver picchiato e violentato alcune prostitute nella zona di San Giovanni. L’accusa era di violenza sessuale e rapina aggravata in concorso. Poi il suo nome è saltato di nuovo fuori a Rieti nel 2018, durante un controllo di polizia. Ora sono in corso verifiche sulle impronte digitali per verificare se sia stato fermato o controllato sotto altre identità.«Ho difeso Abidi nel 2017 quando era a Regina Coeli per una piccola quantità di hashish, ma quando un anno dopo è stato scarcerato da Rieti, dove era stato trasferito, è andato in Francia e da lì non ho più avuto sue notizie», ha detto ieri il suo difensore, l’avvocato Antonino Lastoria, che ha aggiunto: «Secondo me non è il tipo da commettere un gesto tanto efferato». E ovviamente per ora Abidi è solo un sospettato. Anche se gli investigatori hanno già diffuso la sua foto segnaletica e gli stanno dando la caccia. L’uomo che ha ucciso il caporalmaggiore è stato particolarmente violento: sono state fatali le lesioni alla testa e alla nuca. Lucente Pipitone viveva a Roma ma era originario di Erice, in provincia di Trapani, e dopo essersi arruolato nel 2002 (prima destinazione il dodicesimo Reggimento bersaglieri) si era specializzato come operatore sanitario e aveva preso parte alla missione di pace in Albania. All’ospedale militare del Celio, dove da qualche tempo era stato promosso primo graduato (il vecchio grado di caporalmaggiore), lavorava in Rianimazione come infermiere. E dormiva in caserma, alla Cecchignola. Che dal posto in cui è stato aggredito dista non poco. Resta da capire quindi se il militare fosse di passaggio a Centocelle e se, quindi, l’incontro con l’aggressore è stato casuale. Oppure se i due si erano dati appuntamento. L’aggressione si è verificata in piena notte, verso le 2. E il militare era solo in una zona che non è particolarmente raccomandabile a quell’ora. Stando alla prima ricostruzione degli investigatori stava andando a recuperare la sua auto invia dei Sesami, un’area in preda a bande di spacciatori e prostitute. Ma il litigio era già cominciato all’incrocio con viale Palmiro Togliatti. I due (resta da chiarire anche la posizione del secondo uomo) devono poi averlo seguito fino al luogo che si è trasformato nella scena del crimine.«Mio figlio», ha spiegato ieri la madre al Messaggero, «non frequentava quelle zone, abitava lontano, non era un posto abituale. Danilo era un tipo solare, allegro, tranquillo e, soprattutto, riservato. Ultimamente poi era diventato ancora più casalingo, usciva poco pensava solo a dedicarsi al suo lavoro che amava. Ed era diventato molto religioso». La mamma si tortura e non riesce a spiegarsi perché «l’hanno massacrato»: «Aveva la nuca fracassata, lo hanno colpito da dietro, con forza, quindi lui non ha avuto neanche la possibilità di vedere chi fosse, non ha potuto nemmeno difendersi». E infatti non sono stati rinvenuti segni di colluttazione. La dinamica dovrebbe essere questa: dopo il litigio in via Togliatti, il militare deve essersi incamminato verso la sua auto. A quel punto è stato aggredito alle spalle e colpito in modo violento alla nuca.Roma da tempo si è trasformata in una Gotham City. E, per questo, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ieri si è impegnato «a rafforzare le strutture di polizia. Ci stiamo lavorando anche in termini di rafforzamento sia degli organici che delle capacità operative». Le ricerche sono state estese sull’intera Capitale, ma anche fuori dalla provincia romana (e a Rieti) dove si pensa che il sospettato possa aver trovato rifugio.