2024-08-27
Il pericolo è il prezzo della libertà. Scordarlo porta a divieti e censure
Le motivazioni ufficiali per imprigionare l’imprenditore Durov rivelano le fragilità dell’Occidente, che ormai teme più l’uso sbagliato dell’autodeterminazione (una sua conquista di civiltà) di quanto tema l’oppressione.La posta in gioco, nel caso Telegram, è più alta persino delle già gravi accuse formulate contro il fondatore, Pavel Durov: non aver collaborato con le autorità giudiziarie mentre, sulla sua piattaforma, circolava materiale pedopornografico, si organizzavano traffici internazionali di droga e persino attentati terroristici. Le motivazioni ufficiale del fermo in Francia - uscite ieri e utili a convincere il pubblico che l’intervento della giustizia era necessario - sono comunque il sintomo di una malattia più profonda che ha colpito l’Occidente. Una sindrome accentuata dalla sensazione di trovarsi sotto attacco, in uno stato d’emergenza perenne, attivato dalla sfida mortale delle autocrazie - il nemico esterno - nonché dall’ascesa delle forze politiche antisistema - il nemico interno.Il punto è che amiamo la libertà, la nostra grande invenzione filosofica, meno di quanto ne temiamo i pericoli. Non sappiamo più reggere la vertigine dell’autodeterminazione. Almeno, non di quella vitalistica. Al contrario, se si tratta di seguire il nostro esistenzialismo strisciante, predicando la liberalizzazione dell’eutanasia, siamo capaci di mobilitare l’opinione pubblica in nome del diritto di decidere per sé.È opportuno scansare subito ogni equivoco: la libertà comporta delle responsabilità e dei limiti. Quando si superano certi paletti, è sacrosanto che scattino le sanzioni. La vicenda di Durov, però, non è lineare come quella di un automobilista che abusa dei cavalli della propria vettura sfrecciando in autostrada, o quella di un dissoluto che realizza le sue fantasie erotiche con un minore. L’app creata dal russo è un mezzo. In sé, è neutrale, esattamente come la libertà di chi lo utilizza, servendosi della crittografia inviolabile per eludere la censura di un autocrate e beffare la paranoia dei cacciatori di bufale; oppure, per smerciare foto intime di ragazzini, fissare luogo e orario d’arrivo del prossimo carico di cocaina, o diffondere la propaganda dell’Isis. In fondo, dove sta il limite della suddetta collaborazione con le autorità? Si ferma al caso disgustoso di pedofili e narcos? Oppure comprende i post dei «razzisti», ovvero chi protesta contro l’immigrazione selvaggia? Il modo in cui gli uomini utilizzano gli strumenti riflette l’ambivalenza della loro natura: con una lama si può tagliare una fetta di pane da porgere al povero, così come la gola di un «infedele». Olaf Scholz, dopo l’attacco all’arma bianca di Solingen, ha offerto un saggio della nuova piattaforma ideologica della sinistra: una stretta sulla vendita dei coltelli. Dal vietato vietare, al vietato tutto. È una soluzione possibile: ci sentiamo minacciati, ci rannicchiamo per prepararci all’impatto, regolamentiamo e proibiamo il possibile nell’illusione che ciò ci protegga dalla precarietà strutturale dell’esistenza. Ma fin dove dovremmo spingerci? Togliamo Telegram all’islamista; e cosa ne facciamo della compagnia che gli affitta il furgone con cui ha investito la folla? E delle navi che giungono nei porti, piene di merci lecite insieme a quintali di droga? Occorrono più controlli? Già: ma quand’è che «più controlli» diventano «troppi controlli»? Quand’è che il contrasto alle fake news si trasforma in una cappa intollerabile? Quand’è che la repressione della violenza razzista si tramuta in repressione del dissenso? Chi dà ragione agli inquirenti francesi, che hanno deciso di fermare Durov, insiste: tutti devono rispettare le regole. Pure Elon Musk, patron di X, ora impegnato in un braccio di ferro con il commissario uscente al Mercato interno dell’Ue, Thierry Breton, sull’osservanza del Digital services act. Pure Apple? Nel 2016, la compagnia si rifiutò di obbedire all’Fbi, che le chiedeva di craccare l’iPhone di uno degli attentatori della strage di San Bernardino. Nessuno, per questo, mise in manette il ceo, Tim Cook. D’altronde, in una diversa circostanza, la società di Cupertino ha obbedito agli ordini del governo cinese, che a primavera le ha imposto di rimuovere dallo store le applicazioni Whatsapp e Threads. Qualche mese prima, forse approfittando di un muro digitale non solido come quello di Telegram, Pechino aveva hackerato Airdrop, la funzione che consentiva ai dissidenti di scambiarsi anonimamente contenuti «sovversivi». Si vede che il mercato del Dragone è troppo prezioso - e il Partito comunista troppo più potente di quanto lo sia la polizia federale negli Usa.Anche Durov avrà più a cuore i suoi profitti che la privacy degli utenti. Per lui, il business verrà prima dell’etica. Ma la storia del suo arresto non è interessante per ciò che ci dice di lui; è illuminante per ciò che rivela di noi. E di quelli che ci comandano. Talmente terrorizzati che la situazione sfugga di mano, da scambiare una gabbia per un rifugio sicuro. Ogni medaglia ha il suo rovescio: ad esempio, qualcuno potrebbe usare a fin di male la libertà. Per chi confida nella mano saggia del potere, il rischio è che quella libertà vada perduta per sempre.