La Digos: «Rilevanti rapporti con mondo dell’informazione e lobby». E dalle carte emergono anche le manovre mediatiche e il soccorso rosso di «Repubblica».
La Digos: «Rilevanti rapporti con mondo dell’informazione e lobby». E dalle carte emergono anche le manovre mediatiche e il soccorso rosso di «Repubblica».Quando Massimo D’Alema è finito al centro dell’inchiesta della Verità, era l’1 marzo 2022, sulla compravendita di armi in Colombia ha potuto contare su un soccorso rosso mediatico, rappresentato dal quotidiano La Repubblica, lo stesso quotidiano che aveva già prestato aiuto a Nichi Vendola quando chi scrive aveva trovato la foto dell’ex governatore della Puglia a pranzo con il il giudice che un paio d’anni dopo lo avrebbe assolto in uno spinoso procedimento. All’epoca a gestire la contraerea progressista c’era anche l’ex pm Gianrico Carofiglio, questa volta il karateka-scrittore non risulta aver preso parte alla controffensiva. Che resta tutta pugliese. La Digos di Napoli, però, nella sua informativa sul tema non cita espressamente La Repubblica, ma preferisce parlare genericamente di mass media: «Non meno rilevanti sono i rapporti con il mondo dell’informazione e delle correnti lobbiste evidenziatesi con dinamiche di consenso ideologico ed interferenze politiche che trova in Massimo D’Alema la principale figura espressiva della vita pubblica italiana». La prima intervista a D’Alema viene pubblicata il 3 marzo sul quotidiano La Repubblica, a firma di Giuliano Foschini. Lo stesso giorno l’ex premier e il coindagato Giancarlo Mazzotta, politico pugliese di Forza Italia, si scrivono. Commentano le dichiarazioni rilasciate da un altro dei soggetti sotto inchiesta, il broker Emanuele Caruso, al nostro giornale: «Era una trappola. Noi veniamo distrutti: veramente un disastro senza rimedio». Aggiungendo poi, profetico: «Temo che la questione avrà anche un profilo giudiziario». Due giorni dopo Baffino, inferocito per un’altra intervista rilasciata dall’allora sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè, gira a Mazzotta il numero di cellulare di Foschini, accompagnato da queste parole: «Hai visto Mulè? Ora mi incazzo seriamente. Questo è il giornalista. lo gli ho parlato. Dice che Mulè gli ha detto di averti messo alla porta». In realtà nell’intervista il politico azzurro si limita a definire quello con Mazzotta «incontro molto veloce». Ma sembra che Foschini a D’Alema abbia riferito un retroscena che ha mandato l’ex premier su tutte le furie, convincendolo a far replicare Mazzotta. Il 6 marzo quest’ultimo registra un file audio in cui dà la sua versione di getto. Gli investigatori la trascrivono e annotano che si tratta della «comunicazione trasmessa ai mass media». Gran parte di quell’audio lo troveremo, quattro giorni dopo, spezzato da qualche domanda evidentemente inserita successivamente, nell’intervista di Repubblica. Nell’informativa la Digos annota come «dopo i vari confronti tra le parti, Giancarlo Mazzotta sottopone in visione a Massimo D’Alema la versione definitiva da trasmettere agli organi informativi», allegando gli screenshot della chat tra i due. Tra l’audio, il testo inviato a D’Alema e quello comparso sul giornale nella versione online le modifiche sono quasi insignificanti. Un esempio? «Vengo contattato da Francesco Amato (il secondo broker sotto inchiesta, ndr). Meglio, mi cerca la sua famiglia che conoscevo da tempo, perché era di origine salentina come me. Mi chiede un appuntamento, voleva parlarmi di alcuni affari in Colombia. E così ci vediamo», si sente nella registrazione. Nel messaggio a D’Alema l’incipit cambia di pochissimo: «Vengo contattato da Francesco Amato. Meglio, o meglio dai suoi genitori che conoscevo da tempo, e che sono salentini come me. Mi chiedono un appuntamento perché il figlio voleva parlarmi di opportunità economiche in Colombia per aziende italiane. E così ci vediamo».La risposta alla prima domanda di Foschini («Quando comincia questa storia?») riporta esattamente lo stesso testo. E anche il resto segue la stessa falsariga.
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