2021-10-30
La sinistra bifronte denigra i portuali ma loda la piazza Lgbt
Camalli trattati da untori, sebbene difendano il diritto al lavoro. Se ci si assembra per Zan, invece, sparisce pure il rischio Covid.Se non parlassimo di cose gravi e serie, ci sarebbe perfino motivo per sganasciarsi dalle risate. Per i media italiani, con eccezioni purtroppo sempre più rare, nel giro di 24 ore - oplà - manifestare in piazza può diventare cosa buona o cosa cattiva, cosa civile o cosa incivile, cosa meritoria o cosa pericolosissima.E da che dipende? Elementare, Watson: da chi lo fa e dal motivo della protesta. Se promotori e tesi rientrano nella lavagna dei «buoni», degli «accettati», degli «ammessi», scatta il semaforo verde; se invece stanno dalla parte dei «cattivi», dei «reietti», dei «mal sopportati», il semaforo diventa rosso. Sui giornali il giochino è fatto a base di titoli e aggettivi, oltre che di spazi e di nobiltà nella collocazione in pagina; in tv, invece, si fa ricorso ad altri strumenti: risatine, smorfiette di disappunto, sopracciglia sollevate. Siete portuali di Trieste e manifestate contro il green pass? Allora fate praticamente schifo per il sistema mediatico. Non importa che la vostra protesta sia ordinata e pacifica; non importa che i vostri rappresentanti, con dignità e con il volto segnato dalla fatica, si colleghino in tv a spiegare le vostre ragioni. Dallo studio, conduttori e opinionisti scuoteranno la testa, vi interromperanno, faranno perfino ironia (è successo anche questo) su un congiuntivo eventualmente sbagliato. Si sa, ormai la sinistra intellettuale non ha più remore: ride direttamente in faccia agli ultimi. E non è ancora abbastanza: con zelo, carta stampata e media audiovisivi si sono affrettati a sparare la notizia dei contagi in salita a Trieste. Insomma, siete pure appestati e appestanti.Se però, 24 ore dopo, si radunano su altre piazze altri manifestanti (giova sottolinearlo a scanso di qualsiasi equivoco: per noi, dotati di uguale diritto e uguale legittimazione a sostenere le proprie ragioni) per protestare contro l'affossamento parlamentare del ddl Zan, allora il trattamento mediatico si ribalta. La piazza è «composta», «indignata ma civilissima», «consapevole». E c'è pure il miracolo: in questo caso, pur in assenza di mascherine, il rischio Covid sparisce. C'è da immaginare che - secondo certi media - anche il virus si senta intimidito dalla civiltà e dalla consapevolezza delle manifestazioni «giuste»: e dunque non osi nemmeno accostarsi. Dirà qualcuno: va bene, si tratta di un'esagerazione isolata. No: ci sono almeno tre precedenti. Il primo risale alla primavera del 2020, in tempi di lockdown strisciante. Fu implacabile lo zelo con cui istituzioni e mainstream media arrivarono alla richiesta di delazione nei confronti di chi - magari - stava solo facendo una passeggiata, fino a episodi tragicomici, tipo l'intervento delle forze dell'ordine per interrompere una grigliata, dibattiti roventi sulla presunta pericolosità anche di un singolo runner, o surreali inseguimenti in diretta (con tanto di elicottero) di una persona che camminava lungo una spiaggia. Salvo però chiudere un occhio (anzi: tutti e due) quando, il 25 aprile, in pieno lockdown, si svolsero in diverse città cortei con cori Bella ciao e bandiere rosse. Quindi, no alle messe di Pasqua, no all'atto di pietà umana dei funerali, multe salatissime ai commercianti scesi in piazza civilmente e nel rispetto delle distanze (solo per chiedere una tempestiva riapertura dei loro negozi), ma - incredibilmente - sì a manifestazioni con una certa targa politico-ideologica. Secondo precedente: poche settimane dopo quel 25 aprile, il 2 giugno 2020, in occasione di una manifestazione del centrodestra con Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani, si gridò - a reti e testate quasi unificate - nientemeno che al «focolaio». E si capisce: l'assenza di bandiere rosse era allarmante.Terzo precedente, nella primavera del 2021: si richiuse un occhio (anzi, tutti e due) per le manifestazioni sempre in favore del ddl Zan, mentre furono promesse sciagure e pestilenze per i festeggiamenti dei tifosi dell'Inter dopo la conquista dello scudetto. Il resto è storia recente: piazze pacifiche contrarie al pass che si radunano da mesi (senza leader politici, senza supporto mediatico) e che sono oggetto di un trattamento che oscilla dal disprezzo alla criminalizzazione esplicita.Del resto, il vizietto è globale, nel senso che caratterizza tutta la sinistra politica e mediatica mondiale. Donald Trump fu massacrato per i comizi che teneva in campagna elettorale, mentre la copertura delle manifestazioni (benché violente) di segno opposto era sempre all'insegna dell'attenuazione, se non della giustificazione, a partire dalle imprese di Black lives matter. Rimase leggendario un fermo immagine dell'inviato della Cnn in Wisconsin, durante furiose manifestazioni di sinistra, con sullo sfondo fuochi e immagini di guerriglia urbana, con il surreale sottotitolo che descriveva i fatti come «mostly peaceful», prevalentemente pacifici. C'è poco da sorridere, a ben vedere. Senza nemmeno accorgercene, o accettando passivamente questo sistematico doppio standard, stiamo transitando dal «free speech» a una sorta di «authorized speech», cioè a un'espressione non più libera, ma sottoposta ad «autorizzazione» da parte della cupola mediatica politicamente corretta. Il green pass ci è entrato in testa.