2020-09-19
Sindacato di destra ottiene il primo contratto per i rider. Ma Cgil e Pd lo scomunicano
Maurizio Landini attacca l'accordo per dare maggiori tutele firmato fra Ugl e Assodelivery. Nicola Zingaretti tuona e la grillina Nunzia Catalfo minaccia: «Possiamo modificare le norme».Nella peggiore tradizione della sinistra democratica, Cgil, Cisl e Uil mostrano di non gradire la libera concorrenza. Il 15 settembre Assodelivery, l'associazione che rappresenta l'industria italiana delle consegne cui aderiscono Deliveroo, Glovo, Just eat, Social food e Uber eats, ha siglato un contratto collettivo di lavoro con il sindacato Ugl. È un'intesa che, per la prima volta in Italia (e in Europa), tutela i rider che operano come lavoratori autonomi nell'industria italiana del «food delivery». Il contratto, però, viene contestato dai sindacati confederali. E ieri Maurizio Landini, segretario della Cgil, ha decretato la sua scomunica: «Contestiamo quello scempio antisindacale che Ugl e un'associazione hanno firmato sui rider», ha proclamato. Poi ha aggiunto, minaccioso: «È un accordo firmato da soggetti che non rappresentano nulla, e fatto sulla pelle delle persone. Dev'essere chiaro che non lo permetteremo: il governo deve intervenire per dichiararlo illegittimo».L'accordo, a dire il vero, pare tutt'altro che negativo per la categoria dei rider. Al contrario, per la prima volta nella storia stabilisce un compenso minimo di 10 euro lordi per ogni ora effettivamente lavorata. In caso di lavoro notturno, festività e maltempo, l'intesa prevede anche indennità integrative crescenti - pari al 10%, 15% e 20% del compenso - nel caso in cui le tre condizioni si presentino separatamente o insieme. Nei primi quattro mesi dall'apertura del servizio in una nuova città, ai rider viene garantito poi un incentivo di 7 euro l'ora, anche se non dovessero esserci richieste di consegne. Il contratto stabilisce, in più, un «sistema premiale» che frutterebbe a ogni lavoratore 600 euro quando arriva a 2.000 consegne. E non basta. Perché le «piattaforme» (cioè le società online del delivery) dovranno anche fornire, a loro spese, le dotazioni di sicurezza dei rider: indumenti ad alta visibilità e caschi, che dovranno essere sostituiti rispettivamente ogni 1.500 e ogni 4.000 consegne. Inoltre dovranno dotarli di coperture assicurative contro gli infortuni (presso l'Inail) e per i danni contro terzi. Il contratto prevede altre tutele: formazione in materia di sicurezza stradale e di sicurezza nel trasporto degli alimenti; divieto di discriminazione; pari opportunità e tutela della privacy nei sistemi informatici di gestione. Infine, si stabilisce il diritto al «distacco» sindacale: un massimo annuale di 1.500 ore retribuite, che i rider eletti dirigenti sindacali potranno usare per quel ruolo.Quel che Cgil, Cisl e Uil non hanno gradito è che il contratto siglato dall'Ugl, sindacato «di destra», esclude la richiesta da loro sempre considerata «centrale»: cioè il riconoscimento del lavoro dei rider come lavoratori dipendenti e non come autonomi. È soprattutto per questo se i sindacati confederali, dai primi di agosto al tavolo con il ministro grillino del Lavoro Nunzia Catalfo, hanno subito bocciato l'intesa siglata dalla sigla concorrente, senza riconoscerne il minimo pregio. Ma è evidente che il No all'accordo Assodelivery-Ugl, oltre che sindacale, è politico. Tanto che ieri è sceso in campo lo stesso Nicola Zingaretti: «È un accordo inaccettabile» ha detto il segretario del Pd, sottolineando che l'intesa «mortifica le lavoratrici e i lavoratori, che sono pagati a cottimo, senza alcuna tutela, contributi e quote previdenziali. Bisogna garantire loro un salario minimo: non possono essere pagati a chilometro, senza alcuna quota fissa di retribuzione». Il governo giallorosso ha prontamente risposto al doppio appello, sindacale e politico. Così, ancor prima che le alate maledizioni di Landini & Zingaretti si posassero a terra, il ministro Catalfo aveva già inviato una lettera alla Assodelivery, e messo in mora l'intesa con l'Ugl: «Le disposizioni contrattuali sul compenso», si legge, «potrebbero essere ritenute contra legem e dunque sostituite per norma di legge». Questo significa che il contratto appena firmato potrebbe trasformarsi in carta straccia. E che, paradossalmente, i rider tornerebbero a non avere diritti e tutele. Gabriele Fava, uno dei legali che hanno seguito la trattativa per Assodelivery, conferma che il contratto, «mantenendo la qualificazione del rapporto nell'alveo del lavoro autonomo, ma introducendo garanzie e tutele tipiche del lavoro subordinato, recepisce appieno il decreto Rider», che era stato varato dall'ex ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, e convertito in legge lo scorso novembre. Fava sottolinea che anche una legge del 2015 «definisce espressamente i rider quali lavoratori autonomi», e che la giurisprudenza, fino in Cassazione, «ha sempre confermato la loro natura autonoma, seppur coordinata». Proprio per questo, l'avvocato ricorda che l'accordo garantisce ai rider anche «la facoltà di rifiutare le proposte di consegna, nonché la possibilità di scegliere come, dove, quando e quanto rendersi disponibili, e anche la piena libertà di connettersi o meno alle piattaforme software o alle applicazioni».Nella lettera indirizzata all'Assodelivery il ministro Catalfo contesta che l'Ugl non avrebbe maggiore rappresentatività nel settore dei rider, ma anche questo dato viene negato con forza dal sindacato di destra, che peraltro siede legittimamente nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro. Il ministro grillino consiglia all'associazione un'inversione a U, e il ritorno con tutte le altre parti sindacali al tavolo convocato per il 23 settembre. La querelle, però, sembra di quelle destinate a durare.