2025-02-07
«Il Pd vuole i lavoratori fuori dalle aziende»
Maurizio Landini, segretario Cgil e il segretario della Cisl Luigi Sbarra (Ansa)
A giorni la legge sulla partecipazione dei dipendenti alla gestione delle imprese, promossa dalla Cisl e appoggiata dal governo, sarà alla Camera. Secondo il relatore Malagola (Fdi), i dem sono divisi e voteranno contro perché vincolati ai diktat della Cgil.Poche ore fa i metalmeccanici di Cgil, Cisl e Uil hanno manifestato compatti, accompagnati dalle presenze in bella mostra dei massimi esponenti del Pd (da Zingaretti, fino a Bonaccini, Nardella e Gori), per le strade di Bruxelles. Chiedevano una revisione (paradossale per la sinistra che l’ha teorizzato) del Green deal che sta portando alla deindustrializzazione dei Paesi Ue e insistevano, tra le altre cose, sulla possibilità di avere sistemi più democratici di gestione delle imprese che prevedessero la partecipazione dei lavoratori. Si può essere più o meno d’accordo, ma dare la possibilità a un dipendente di far parte del consiglio di amministrazione della società per la quale lavora, di partecipare agli utili dell’azienda e alle decisioni strategiche e organizzative della stessa dovrebbe essere un mantra della sinistra. E quindi è normale che per le strade della capitale dell’Unione Europea la Cgil e il Pd intonassero slogan inneggianti alla partecipazione. Che però vengono poi contraddetti nei fatti. Nel Parlamento italiano, infatti, tra pochi giorni verrà votata una norma di iniziativa popolare che prevede tutte le cose dette prima. Una legge fortemente voluta dalla Cisl, che stabilisce diverse modalità di partecipazione dei lavoratori alla gestione aziendale, da quella organizzativa fino a quella economico-finanziaria (che vuol dire avere una parte degli utili e delle quote azionarie con 70 milioni di finanziamenti per la defiscalizzazione). Peccato che il Pd si appresti a votare contro, perché nei fatti è già spaccato al suo interno.Come al solito c’è una parte massimalista, cioè la maggioranza che fa capo al segretario Elly Schlein che teme di perdere spazio a sinistra e segue pedissequamente le scelte della Cgil. E Maurizio Landini è profondamente contrario alla norma. E un’altra minoritaria, più riformista e silenziosa, che è costretta a subire scelte che non condivide. Per dire, tra i senatori democratici c’è Annamaria Furlan, che è stata segretaria della Cisl dal 2014 al 2021, ma ci sono anche Lorenzo Guerini e Pier Ferdinando Casini che non saranno contentissimi di seguire la linea dettata dalla responsabile Lavoro nella segreteria dem, Maria Cecilia Guerra, che fa intendere di non apprezzare questa legge perché sarebbe stata depotenziata. Ma cerchiamo di capire. «La partecipazione dei lavoratori alla gestione aziendale è un principio stabilito dall’articolo 46 della Costituzione e che grazie a una legge di iniziativa popolare presentata dalla Cisl, sono state raccolta di 400.000 firme, dopo 77 anni arriva in Parlamento». Lo evidenzia alla Verità il relatore del provvedimento Lorenzo Malagola, deputato di Fratelli d’Italia.«Sono stati inseriti dei correttivi», continua, «ma l’impianto della norma è rimasto intatto. Resta l’assoluta discrezionalità delle aziende, quindi non c’è un principio coercitivo, e sono state escluse solo le partecipate pubbliche. Parliamo di un principio rivoluzionario che per la prima volta coinvolge e quindi responsabilizza lavoratori e sindacati nelle strategie aziendali. Non vorrei che fosse questo il motivo che porta la Cgil e di conseguenza una parte del Pd a votare contro». Chiaro che responsabilizzare sindacati e lavoratori rispetto alle scelte aziendali per forza di cose riduce lo spazio conflittuale sul quale Maurizio Landini basa la sua azione. E se gli togli gli scioperi e le manifestazioni di piazza, a questa Cgil cosa resta? Insomma, se i motivi di contrarietà del sindacato più massimalista sono evidenti, non altrettanto chiara è la posizione del Partito Democratico. «Questa legge», evidenzia ancora Malagola, «vuole mettere le basi per superare l’antagonismo tra capitale e lavoro che ha segnato decenni di questo Paese, la vera scommessa è che grazie alla partecipazione possano crescere produttività e salari, i veri grandi gap dell’economia e dell’industria italiana». E il Pd che vota contro? «Per spirito e ruolo che svolgo», sottolinea il relatore, «spero che anche il Partito democratico possa cambiare idea. Loro vivono un dramma e una frattura interna che parte dai temi geopolitici, si pensi alla guerra in Ucraina, e arriva fino al Jobs Act. Dire però che con l’esclusione delle partecipate la norma sia stata annacquata dal governo, non mi sembra corretto. Mi sembra un modo per nascondere le loro difficoltà». Le difficoltà di chi ha tra le sue senatrici un ex segretario della Cisl (Annamaria Furlan) e un ex leader della Cgil (Susanna Camusso) che hanno sul provvedimento posizioni diametralmente opposte. E Il problema è che il Pd segue la Camusso. «Si è scelto, evidentemente, di stare dalla parte di Landini che con il sindacato si sta ergendo a leader della sinistra e che osteggia governo e Cisl (accusata di collateralismo con la Meloni) a prescindere. Vien da pensare che la Schlein tema di lasciare troppo spazio “movimentista” al segretario della Cgil».
Giorgia Meloni e Donald Trump (Getty Images)
il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi (Ansa)
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