2022-12-12
Sinagra: «La Corte sui vaccini ha scelto la “scienza” al posto della legge»
Augusto Sinagra (Aracneeditrice.it)
L’avvocato che ha patrocinato uno dei ricorsi contro l’obbligo. «Dovevano seguire la Costituzione, non Burioni o Crisanti».Augusto Sinagra è professore di diritto dell’Unione europea alla Sapienza, ex magistrato, avvocato, promotore di uno dei ricorsi contro l’obbligo vaccinale che la Consulta ha bocciato. Nonché protagonista di un’aspra polemica con la presidente della Corte, Silvana Sciarra, che l’ha zittito durante l’udienza pubblica del 30 novembre.Quel che ha infastidito la giudice è che lei avesse sollevato ombre sulla serenità di giudizio del collegio, citando l’articolo dell’ex portavoce della Consulta, Donatella Stasio, uscito sulla Stampa a ridosso della decisione.«Volevo chiedere dei chiarimenti, ma la signora Sciarra mi ha tolto la parola, dicendo che non era quella la sede per discutere di quello che pubblica la stampa. Adesso vedo, però, che rilascia interviste, quindi ne riconosce l’importanza e la funzione».Si riferisce all’intervista al Corriere di venerdì scorso. È stata opportuna, considerando che ancora non escono le tre sentenze sul vaccino obbligatorio? «Penso che la professoressa Sciarra, resasi consapevole di qualche sua scelta criticabile in udienza, abbia tentato di presentare qualche spiegazione autodifensiva. Rimangono, certo, la totale irritualità e la totale inopportunità di rilasciare interviste prima del deposito della decisione».La presidente sostiene che l’imparzialità del collegio era sicura. Lei non era tanto sicuro?«Forse la presidente ha poca esperienza nella conduzione di un’udienza, essendo stata nominata da poco. Inoltre, non ha tenuto conto della giurisprudenza della Corte di Strasburgo, secondo la quale il giudice non solo deve essere imparziale, ma deve apparire imparziale. Nelle chiuse stanze della Corte costituzionale, Sciarra e i suoi colleghi hanno concluso che nel collegio non ci fossero profili d’incompatibilità. Ma non era vero. La Corte costituzionale ha delegittimato sé stessa violando gli art. 111 e 117 della Costituzione, contraddicendo la giurisprudenza della Corte di Strasburgo». Allude al giudice Marco D’Alberti, giusto?«Ovvio. Ne andava dell’affidabilità della Corte dinanzi al Popolo italiano. Il professor D’Alberti appariva imparziale? No, visto che fino a poco tempo prima aveva svolto attività di assistenza giuridica personale e diretta per l’allora presidente del Consiglio, Mario Draghi. Speravo in una maggiore sensibilità personale di D’Alberti che non avrebbe dovuto partecipare al Collegio».Al Corriere, la Sciarra ha riferito che la Corte ha «seguito la scienza».«I giudici della Consulta dovrebbero seguire la Costituzione, non la scienza. Poi, quale scienza? Quella di Burioni, Bassetti, Crisanti o Galli? Una scienza smentita dai documenti delle stesse case farmaceutiche e dell’Oms? Cosa intende la Sciarra per scienza? La Corte costituzionale è un organo di giudici, o un organo di medici? Che competenze hanno costoro per valutare la “scienza”?».Tirare in ballo la scienza, quindi, significa piazzare una foglia di fico?«Come fa la Sciarra a rendere compatibile questa curiosa, estemporanea e allarmante decisione sull’obbligo vaccinale con il fatto che siano ormai accertati numerosi eventi avversi in grado di condurre persino alla morte in centinaia di casi? Evidentemente i giudici sono rimasti a paracetamolo e vigile attesa».Nel comunicato stampa della Consulta, si parlava di una norma ragionevole e proporzionata «in periodo pandemico». Piccolo particolare: nella Costituzione italiana, il «periodo» dell’eccezione non è contemplato. Questa decisione sortirà l’effetto di istituire, tramite sentenza, uno stato d’emergenza non previsto dalla Carta?«Certo. La Costituzione di stato di emergenza non parla mai, neanche a proposito della guerra. La parola emergenza si trova nel decreto legislativo che disciplina il funzionamento della Protezione civile, ma quella è un’emergenza ben definita localmente e temporalmente: il fiume straripa e dichiaro lo stato d’emergenza relativo a quell’area geografica per la durata necessaria al rientro dell’allarme. Ma pare non sia questa l’emergenza cui si riferiscono i giudici».Appunto.«Forse, la Sciarra e i suoi colleghi non si sono resi conto che, giustificando la pretesa compatibilità della normativa sull’obbligo vaccinale con la Costituzione, si sono posti su un piano inclinato: se si giustifica l’incostituzionalità di una legge nel nome di un’emergenza, per qualunque governo diventerà facilissimo dichiarare una qualsiasi emergenza, per introdurre una legislazione speciale, radicalmente incostituzionale».La Consulta rivendica la «leale collaborazione» con il legislatore. È una pratica condivisibile? Oppure è il tentativo, da parte di un organo non sottoposto a scrutinio elettorale di condizionare il processo democratico?«Questo è accaduto e accade, ma non mi preoccupa particolarmente. Se la Corte costituzionale in una sentenza sollecita il Parlamento a provvedere in modo costituzionalmente compatibile, non ci vedo niente di male. Si tratta però di vedere fino a che punto si spinge questa “leale collaborazione”».Ovvero?«Se diventa “leale collaborazione” con il governo, a me vengono i brividi».Un conto è «collaborare» con il Parlamento, un conto è farlo con il governo?«Certamente».Dove sta la differenza?«La differenza sta nella circostanza che il governo rappresenta interessi di parte: quelli della maggioranza che lo sostiene. Il Parlamento, come tale, rappresenta l’interesse generale».Con il senno di poi, è stata una strategia efficace quella di portare la questione dell’obbligo vaccinale alla Corte costituzionale? Bisognava immaginarselo come sarebbe finita …«E cosa avrebbe dovuto fare, per esempio, il Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Sicilia avendo constatato, a suo giudizio, una violazione della Costituzione? Non solo era inevitabile, ma era dovuto sospendere il giudizio e trasmettere gli atti alla Consulta».Per essere obbligatoria, una vaccinazione non solo deve apportare miglioramenti alla salute del singolo, ma anche alla collettività. Questi vaccini non bloccano il contagio, ma prevengono i ricoveri. Non era abbastanza dopo il disastro vissuto nel 2020?«Non facciamo il gioco delle tre carte. Premesso che non è vera la prevenzione dei ricoveri e che i ricoverati anche in terapia intensiva sono in larga misura soggetti vaccinati anche con la terza dose, va detto che l’articolo 4 del famigerato decreto-legge 44 del 2021 dice che la vaccinazione obbligatoria serviva a prevenire l’infezione da Sars-Cov-2. Questo era lo scopo della norma. Ma è un fatto notorio che questi medicinali non prevengono un bel niente. La signora Sciarra e i suoi colleghi dovrebbero fare pace con sé stessi».In che senso?«Vi è una giurisprudenza della Corte costituzionale, che risale al 1990 e arriva fino al 2018, la quale sostiene che i trattamenti sanitari obbligatori sono legittimi a due condizioni. Primo, che giovino alla salute collettiva».Ecco: qui subentra la riduzione delle ospedalizzazioni.«Non è assolutamente vera la riduzione delle ospedalizzazioni dei vaccinati, ma bisogna considerare pure l’impatto dei tanti eventi avversi. D’altronde, il secondo requisito è che il trattamento non pregiudichi la salute di chi lo subisce, “foss’anche un solo”, come ebbe a statuire proprio la Corte costituzionale con sentenza del 2003. Diciamolo chiaramente: la Sciarra eviti le interviste autogiustificatorie e insieme con gli altri giudici spieghi perché la giurisprudenza della Consulta è stata modificata in modo così radicale con questa ultima decisione».E allora sì, diciamolo chiaramente: il sospetto è che si sia trattato di una decisione condizionata dall’esigenza tutta politica di non picconare l’impalcatura messa in piedi da Mario Draghi. La Corte, in effetti, è in parte politicizzata: un terzo dei suoi membri li nomina il Parlamento in seduta congiunta. «Ma perché? Le nomine del presidente della Repubblica non hanno carattere politico? Sono ispirate solo a criteri di competenza, affidabilità e imparzialità? Ne dubito».È meglio uscire dall’ipocrisia e conferire esplicitamente un carattere politico alla Consulta? Come alla Corte suprema degli Usa?«Capisco, è un ragionamento che ha senso. Io sono contrario ai giudici elettivi, ma se aiuta a fare chiarezza, stabiliamo che la Corte costituzionale non è più un organo giurisdizionale in senso proprio, bensì un organo politico come mostra la decisione del 30 novembre 2022».In fondo, in America, i giudici supremi di solito si comportano in modo irreprensibile: quelli nominati da Donald Trump ultimamente hanno emesso diversi pronunciamenti contrari ai desiderata dall’ex presidente. «Il fatto è che la nostra Corte si porta dietro un fardello pesante: il suo primo presidente, Gaetano Azzariti, era stato, durante il fascismo, presidente della Commissione sulla razza».Questo, però, cosa c’entra? Come può influire sulla Consulta oggi?«Lo dico per segnalare un’attitudine costante della magistratura di ogni ordine e grado: di compiacere istintivamente il potere governativo».Non si può generalizzare, no? Anche lei è stato magistrato…«Ma è un fatto storico. I giudici non hanno un autentico interesse per l’indipendenza. La tirano fuori quando si tratta di questioni di casta. Per quel che mi riguarda, io il magistrato l’ho fatto in modo ben diverso da come la signora Sciarra esercita le sue funzioni».
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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