2021-04-23
Si straccia le vesti sui morti da virus però la sinistra tifa suicidio assistito
Una proposta di legge di Pd, M5s e Leu punta a introdurlo non come diritto ma come facoltà. Con la richiesta di referendum per depenalizzare l’eutanasia, si rischiano conseguenze esiziali. Il governo si chiamerà fuoriUna certa propensione suicida della sinistra, quanto a individuazione delle priorità del Paese, s’era notata. Il supporto aprioristico da un lato all’immigrazione e, dall’altro, ai lockdown - e pazienza se l’economia agonizza - era già emblematico, da questo punto di vista. Adesso però la vocazione necrofila del progressismo italico si prepara a un passo in avanti: una proposta di legge sul suicidio assistito. Si tratta di un provvedimento targato Pd, M5s e Leu che, nelle intenzioni dei proponenti, andrà a colmare il «vuoto legislativo» così come tracciato dalla Corte costituzionale.In effetti, prima con l’ordinanza 207 del 24 ottobre 2018 e dopo con la sentenza 242 del 22 novembre 2019 - con cui si è esortato il Parlamento a legiferare sul fine vita, sancendo poi l’incostituzionalità dell’articolo 580 del codice penale sulla punibilità del suicidio assistito - la Consulta le sue pressioni le ha fatte. Non solo. È di questi giorni la notizia del deposito in Cassazione del quesito referendario per depenalizzare l’eutanasia che sarà promosso in estate con una raccolta firme, ha spiegato Filomena Gallo, leader dell’Associazione Luca Coscioni, per chiedere l’abrogazione dell’articolo 579 del codice penale, che persegue l’omicidio del consenziente.Inoltre, la «dolce morte» a marzo è stata legalizzata in Spagna, la Francia è alle prese con un disegno di legge simile proposto dal deputato Olivier Falorni, perfino il Cile sta legiferando in proposito. Ecco che allora, fiutato il clima mortifero, Pd, M5s e Leu han pensato bene di dare il loro contributo con un testo che dovrebbe muoversi entro il perimetro indicato dalla Consulta, avente quattro requisiti: potrà chiedere l’aiuto al suicidio chi sia affetto da patologia irreversibile, vittima di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, beneficiario di trattamenti di sostegno vitale e capace di intendere e volere.Inoltre, la proposta non configurerà «un diritto, ma solo una facoltà». Apparentemente di lana caprina, tale distinzione significa che non dovrà essere il Servizio sanitario nazionale ad assecondare gli aspiranti suicidi. Sarà invece un comitato etico attivo in ogni struttura che dovrà verificare l’esistenza dei requisiti individuati dalla Corte per chi volesse farla finita; dopodiché l’atto di morte potrà aver luogo ma senza, pare di capire, un necessario coinvolgimento di personale medico in forze alla sanità nazionale. Il suicidio assistito non verrà insomma introdotto come prassi, ma è evidente che le conseguenze sarebbero comunque esiziali.Non c’è infatti Paese al mondo che abbia legiferato sul fine vita senza poi assistere ad altre derive. Anzitutto, l’aumento esponenziale dei casi: in Olanda le morti su richiesta, dal 2002 al 2018, sono aumentate di oltre il 250%; dal 2003 al 2018, invece, i casi di «dolce morte» del Belgio sono schizzati in alto del 900%. Altrove le cose non vanno meglio, anzi: la morte assistita - venendo a derive valoriali - è ormai una voce della spending review. Basti pensare al Canada, dove uno studio apparso nel 2017 sul Canadian Medical Association Journal ha stimato in 138 milioni di dollari annui il risparmio cui, a regime, può portare l’eutanasia. Se questa è l’esperienza estera, con i malati gravi che quando chiedono cure si vedono offrire l’iniezione letale, non si vede perché nell’Italia con la sanità flagellata dalla pandemia le cose dovrebbero andar meglio. A proposito di Covid, c’è pure un nodo politico pesante che la legge sul suicidio assistito della sinistra solleva: la volontà di Mario Draghi di tenere fuori dal dibattito temi di bandiera. L’ex presidente della Bce ha già sul tavolo due questioni enormi - i vaccini e il Recovery Plan - e vuole che la maggioranza lo segua, senza scherzi né capricci.Lo stesso presidente Sergio Mattarella, lo scorso febbraio, era stato piuttosto chiaro nel caldeggiare «un governo di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica» e attivo per far «fronte con tempestività alle gravi emergenze» del Paese. Draghi è stato chiamato per questo e si sta attenendo al suo mandato scrupolosamente. Secondo alcuni anche troppo, visto come ha risposto una settimana fa, in conferenza stampa, a una domanda sulla concessione della cittadinanza italiana a Patrick Zaky: «Quella su Patrick Zaky è un’iniziativa parlamentare in cui il governo non è coinvolto al momento».Ciò nulla toglie, ovvio, all’autonomia del Parlamento anche con riferimento al fine vita. Ma come oggi avviene per ius soli e ddl Zan, è probabile che domani sul suicidio assistito il governo non ci metterà la faccia. Se a ciò si aggiunge che basta un’astensione di Italia viva, il partito di Matteo Renzi che ha mostrato di sapersi sfilare agilmente dalla sua compagine, e il centrosinistra è zoppo, si capisce come la legge sul suicidio assistito non abbia grandi prospettive. Eppure c’è chi la promuove, incurante del fatto che il problema degli italiani, da almeno un anno, non è rifiutare le cure, ma riuscire ad averle.
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