2020-04-28
Si rivolge agli italiani come a dei sudditi. Il Colle deve fermarlo
Nella sua ultima conferenza, Giuseppe Conte il premier ha detto che «ci consente» di fare questo o quell'altro: ma siamo matti?Dal mi consenta al vi consentiamo. È la parabola dell'Italia che è scivolata in una democratura e oggi vive sotto una sorta di regime del terrore praticato dalla iatrocrazia. Quel «mi consenta» divenne un tormentone da cabaret, ma Silvio Berlusconi rivelava con quel suo intercalare la promessa della rivoluzione liberale, da lui medesimo tradita, quasi chiedendo al popolo il permesso ad esprimersi. Ieri il presidente del Consiglio che non si è sottoposto mai a nessun giudizio elettorale, crediamo neppure nel suo lussuoso condominio, anche se la Costituzione gli riconosce piena legittimità a governare (ed è forse una stortura che andrà prima o poi rimediata), ha passato un limite: ha posto i cittadini al di sotto del governo. Giuseppe Conte elencando, in una sorta di trionfo curule che si riservavano gli imperatori romani, i provvedimenti assunti per il post 4 maggio più volte ha detto: «vi consentiamo». Come fosse una concessione del regnante. Quell'espressione, vi consentiamo, degrada i cittadini a sudditi e offre del presidente del Consiglio un quadro psicologico inquietante. Prenderà quelle disposizioni che ha annunciato e in cui si perpetua il «servaggio» degli italiani in dispregio dei diritti costituzionali ancora una volta con un atto amministrativo che poco vale: un decreto del presidente della Consiglio dei ministri. Il dispregio del Parlamento e delle opposizioni se declinato con quel «vi consentiamo» è una spia rossa che segnala il degrado della tenuta democratica del Paese. È un pluralis maiestatis inconciliabile con la forma repubblicana. Hanno nulla da dire coloro i quali hanno celebrato il 25 aprile magari in cortei tollerati da quelle stesse forze dell'ordine che hanno invece impedito a un sacerdote di officiare la santa messa irrompendo in una Chiesa armi in pugno? Viene da chiedersi se il presidente della Repubblica Sergio Mattarella abbia udito quei ripetuti «vi consentiamo»! Se è accaduto censuri subito e con energia quell'espressione del presidente del Consiglio. Altrimenti dovremmo concludere che palazzo Chigi è la domus aurea, che vi alberga Nerone anche se vedere Rocco Casalino nei panni di Seneca è impresa ardua. Ma di certo c'è un Tigellino. È il comitato tecnico scientifico che è composto da coloro i quali sul coronavirus hanno detto tutto e il contrario di tutto e che tengono al guinzaglio Giuseppe Conte. Basterebbe ripercorre l'ipse dixit di Walter Ricciardi per comprendere che la iatrocrazia (la tirannia dei medici) esercita il vero potere di cui il presidente del Consiglio si fa ventriloquo per soddisfare il suo smisurato ego. Questa è la iatrocrazia che al di sopra di ogni giudizio, compreso quello di coerenza, impone scelte in forza di cui Giuseppe Conte si rivolge ai sudditi dicendo: «vi consentiamo»!Si rende così palese che il governo, presidente del Consiglio in testa, nutre totale sfiducia verso gli italiani e allontana da sé quanto più può ogni responsabilità. Quel «vi consentiamo» significa: se non fate i buoni sarà colpa vostra se ripiomberemo nell'emergenza. Giuseppe Conte dà corso a una continua pratica autoassolutoria. Se non arriva la cassa integrazione, se non ci sono soldi per le imprese, se si fa la fila la banco dei pegni, se i nuovi poveri in un mese sono aumentati di tre milioni la colpa è vostra cari sudditi. Nel concerto che Giuseppi si è autodedicato come Nerone sulle ceneri di Roma - l'incendio è la distruzione sistematica dell'economia italiana - vi è un altro sintomo gravissimo per la tenuta democratica: è la delega assoluta e in bianco che il presidente del Consiglio fa alla iatrocrazia. No, professor Conte: tocca alla politica prendere le decisioni, è la politica che deve esercitare l'arte del compromesso tra il possibile e il probabile. In Toscana - senza scomodare Niccolò Machiavelli - c'è un modo di dire che spiega bene. Quando si dà da mangiare alle galline si dice «vado a governare». Significa nutrire, accudire, assumere la responsabilità del fare pena la decadenza dell'avere. È questo che spetta al governo. Ma in democratura il massimo è: consentiamo!