2023-03-03
«Si deve fare chiarezza sui contratti con cui Pfizer minaccia gli Stati Ue»
Michèle Rivasi (Getty Images)
L’europarlamentare dei Verdi Michèle Rivasi: «Vogliamo conoscere quale sia la clausola stipulata e capire chi ha deciso di acquistare questo numero di dosi. L’azienda promette procedimenti se i Paesi membri non le pagano».Michèle Rivasi, europarlamentare dei Verdi europei, è la donna che dall’interno della commissione speciale sul Covid sta conducendo una difficile battaglia per fare emergere la verità sulla gestione della partita vaccinale. Ho avuto occasione di intervistarla nel corso di 1984, la trasmissione che conduco su Byoblu, e il suo racconto è stato davvero impressionante. «Quando è scoppiata la pandemia, l’Europa ha deciso di procedere con degli acquisti in gruppo dei vaccini, affinché ci fosse una distribuzione equa tra i vari Stati», mi ha spiegato. «Cosa molto positiva, questa, perché c’erano Paesi ricchi che volevano acquistare vaccini direttamente, attraverso accordi bilaterali con le case farmaceutiche, ma l’Europa ha detto no, procediamo con acquisti comuni. L’Ue ha deciso di investire circa 2,8 miliardi di euro in sei diversi laboratori per dare impulso alla ricerca. Volevamo esaminare immediatamente i contratti per verificare le condizioni di fornitura, i prezzi dei prodotti e le clausole di responsabilità. Però ci è stato detto che non si poteva accedere ai contratti a causa del segreto commerciale».Ancora oggi non conosciamo il contenuto esatto dei contratti con le case farmaceutiche, giusto? «Conosciamo soltanto il contratto di Astrazeneca, mentre non c’è stata alcuna trasparenza sul resto. Per questo cinque deputati hanno deciso di adire la corte europea di giustizia». Come comincia il caso riguardante Pfizer? «Riguardo agli ultimi contratti stipulati, tra cui quello con Pfizer e in particolare quello legato all’acquisto di 1,8 miliardi di dosi a 35 miliardi di euro, il New York Times aveva scritto che c’erano state alcune relazioni tra la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e il direttore generale di Pfizer, ed erano stati menzionati alcuni messaggi scambiati in quel contesto. Il giornalista ha chiesto quindi accesso a questi documenti e in particolare alla corrispondenza attraverso il mediatore europeo, che ha portato avanti un’inchiesta. E il risultato è stato che è emersa una cattiva amministrazione da parte della Commissione». I messaggi non sono stati resi noti. «La Commissione ha innanzitutto detto che questi messaggi non erano documenti ufficiali (ma questo non è vero), e poi, come seconda argomentazione, ha affermato che questi messaggi erano scomparsi. A quel punto è entrata in gioco la Corte dei conti europea, che deve avere accesso a tutti i documenti della Commissione e delle altre istituzioni. Ha svolto un’indagine che ha consentito di avere accesso al primo contratto e a tutti quelli preliminari, in particolare il secondo, mentre il terzo non è stato consultato. Però è quello che ci interessa». Perché? Che cosa c’è di interessante in questo terzo contratto con Pfizer?«Nel caso del terzo contratto, ci chiediamo come mai siano stati ordinati 1,8 miliardi di dosi e quale sia stato il prezzo fissato da Pfizer. Ci chiediamo inoltre se ci fossero delle clausole che prevedevano un acquisto obbligatorio. Per dirla tutta, oggi Pfizer obbliga gli Stati membri a comprare delle dosi di vaccino: nello specifico, ci sono 500 milioni di dosi che devono essere acquistate obbligatoriamente. Per esempio, l’Italia deva acquistare quasi 100 milioni di dosi, la Francia 120 milioni. Ora non c’è più un’urgenza sanitaria, ma nonostante ciò Pfizer ci obbliga ad acquistare queste dosi. Quindi vogliamo conoscere quale sia la clausola che è stata stipulata tra la Commissione e Pfizer. Vogliamo capire chi e come ha deciso di acquistare questo numero di dosi, perché per ora non abbiamo risposte». Secondo lei, se vi fosse possibile leggere i messaggi fra Ursula von der Leyen e Albert Bourla di Pfizer che cosa scoprireste? «La chiave di questi messaggi è legata alle condizioni di consegna e di fornitura dei vaccini. Per esempio, dobbiamo capire se in caso di presenza di stock, quando l’emergenza di sanitaria non è più in corso, gli Stati membri possono fare un passo indietro e rescindere il contratto oppure no. Non posso darvi una risposta in questo senso, posso solo formulare delle ipotesi. Sappiamo solo che la Polonia, la Francia, l’Italia e altri Paesi hanno l’obbligo di acquistare queste dosi, ma non siamo ancora a conoscenza del prezzo dei vaccini e sappiamo che Pfizer minaccia la Commissione europea con l’accusa di ingiustizia se gli Stati membri non acquistano queste dosi».In che senso minaccia? «All’interno di questo terzo contratto c’è una clausola che obbligava gli Stati membri ad acquistare vaccini. Poiché gli Stati membri non hanno più la necessità di acquistarli, Pfizer minaccia la Commissione con l’accusa di ingiustizia e minaccia gli Stati membri che non acquistano dosi. Ora gli Stati membri non hanno più bisogno di vaccini e preferirebbero usare queste risorse finanziare per altri scopi. Il problema è che la Commissione ha negoziato in maniera sbagliata con Pfizer». La sua commissione speciale indaga sui rapporti con Pfizer. Avete convocato Albert Bourla e lui non si è presentato. Come è stato possibile? «La commissione speciale per due volte ha invitato il ceo di Pfizer. La prima volta ha inviato in sua vece la direttrice dello sviluppo internazionale, che non è stata in grado di rispondere alle domande relative ai contenuti dei messaggi tra Pfizer e la presidente della Commissione europea. È stato quindi invitato una seconda volta: gli abbiamo anche proposto di incontrarci in videoconferenza, ma ha rifiutato. Però ha partecipato a Davos: lì ha avuto l’opportunità e il tempo di discutere coi capi di Stato e di governo, ma non è venuto a discutere con noi». A quel punto avevate proposto una sorta di sanzione: impedire l’ingresso al Parlamento dei rappresentanti di Pfizer. «Tutti i partiti politici della Commissione avevano richiesto di annullare i badge di accesso ai rappresentanti di Pfizer, ma qualche giorno fa, in occasione della conferenza dei presidenti che riunisce tutti i capi di partito del Parlamento europeo, la nostra richiesta è stata respinta. Non solo: è stata respinta anche la richiesta di sottoporre Ursula von der Leyen a un’audizione in plenaria o nella commissione Covid. E questo è scandaloso. Noi siamo una commissione speciale, conosciamo l’argomento e le tematiche da affrontare, dovremmo essere noi a sentirla, a farle domande».Invece verrà sentita a porte chiuse e potrà cavarsela con qualche dichiarazione tipo comunicato stampa. Quanto al ceo di Pfizer, non vuole venire da voi, ma i suoi lobbysti saranno liberi di entrare nel Parlamento. «Tutte le lobby possono accedere al Parlamento europeo nel momento in cui si iscrivono a un registro di trasparenza, motivo per cui ricevono dei badge. Noi in questo caso volevamo vietare loro l’accesso: l’abbiamo già fatto nella legislatura precedente, con il responsabile di Monsanto, che non voleva partecipare alle discussioni sull’uso dei pesticidi. Loro normalmente accedono al Parlamento per proporre emendamenti e fare attività di lobbying, cioè per fare pressioni ai parlamentari affinché le lobby possano ottenere ciò che desiderano». A questo punto, come pensate di riuscire a ottenere i famigerati messaggi? Il New York Times ha deciso di fare causa alla Commissione affinché siano resi noti…«Abbiamo due possibilità. Innanzitutto, dovete sapere che il procuratore europeo si sta occupando di un’indagine riguardo a questi messaggi. Poi, come il New York Times, ci rivolgeremo alla Corte europea di giustizia per avere accesso a questi documenti. Che sia la presidente della Commissione o meno, Ursula von der Leyen dovrà comunque rendere conto di ciò che ha fatto. E se non ha rispettato le regole europee, dovrà spiegarlo e dovrà essere eventualmente sanzionata».Ha fatto riferimento a un’indagine del procuratore europeo. A che punto è?«Al momento sappiamo che questa indagine è iniziata circa tre mesi fa. Non ho visto il planning, quindi non so quando sarà conclusa, però mi auguro che sarà terminata entro la fine di quest’anno, perché poi passeremo al 2024 e si aprirà una nuova legislatura. Quindi necessariamente il procuratore europeo deve completare questa indagine prima della fine della legislatura e prima delle nuove elezioni».Ma come è possibile che Pfizer possa comportarsi in questa maniera?«Io credo che durante questa crisi sia stata utilizzata la paura. La conseguenza della paura è stato il fatto che sono stati ordinati dei vaccini in fretta e furia. In questo processo i parlamentari sono stati messi da parte. C’è stata una trattativa tra la Commissione, gli Stati membri e i laboratori farmaceutici, che sono delle aziende, delle imprese, che hanno avuto il merito di produrre dei vaccini. Questa è una cosa positiva, ma a che prezzo? E perché i contratti che riguardano un bene pubblico sono stati negoziati senza condizionalità? Per esempio senza discutere della proprietà intellettuale, del know how, del trasferimento tecnologico? Bisogna stabilire una relazione più equilibrata tra ciò il pubblico e le case farmaceutiche, perché esse - in particolare Pfizer, ma anche Moderna - sono diventate miliardarie e chiedono di aumentare ulteriormente i prezzi. C’è un malfunzionamento, questo è evidente, e quindi è importante avere totale trasparenza tra i parlamentari europei - direi anche i cittadini europei - e le istituzioni europee».La trasparenza servirebbe anche riguardo agli effetti avversi dei vaccini, non trova?«Forse le più grosse difficoltà che abbiamo avuto sono legate agli effetti collaterali. Non ci sono state comunicazioni di sorta sugli effetti collaterali delle vaccinazioni. Abbiamo richiesto delle giustificazioni rispetto per esempio al rapporto rischi-benefici dei vaccini sui bambini, che è tutt’altro che positivo. Poiché adesso non abbiamo più un’emergenza sanitaria, dobbiamo poter fermarci e ragionare su tutto questo. Così dobbiamo capire quali siano gli stock di vaccini che ogni Stato possiede. Sappiamo che abbiamo 46 milioni di dosi stoccate, inutilizzate perché non c’è più richiesta, ma ci obbligano comunque a comprare 120 milioni di dosi aggiuntive. Capite che qui veramente si parla di uno spreco di denaro pubblico. Tutto questo perché sono stati fatti dei contratti sbagliati con le case farmaceutiche».
Jose Mourinho (Getty Images)