
Stamattina riunione riservata in cui Tesoro e Bankitalia propongono alla politica la possibilità di far intervenire la controllata pubblica assieme a Mediocredito centrale con una obbligazione da 150 milioni a sostegno della banca genovese. Grillini scetticiUn piano scritto, perché i tecnici di Tesoro e Bankitalia ancora non hanno messo su carta neppure una riga per i «politici», e l’assicurazione che Carige non sia alla vigilia del default, ma sia pienamente solvente anche secondo i canoni della Bce. Le banche private e pubbliche chiamate al capezzale dell’istituto ligure vogliono queste due precise garanzie prima di partecipare al salvataggio, per non trovarsi, magari anche solo tra un anno soltanto, a perdere tutto l’investimento in caso di liquidazione coatta o di ricapitalizzazione precauzionale di Carige. E sarà questo il punto centrale di un summit riservato che si terrà questa mattina a Palazzo Chigi, nel corso del quale il direttore generale di Bankitalia, Fabio Panetta, e il suo omologo dell’Economia, Alessandro Rivera, dovranno convincere anche e soprattutto la componente grillina del governo. Alla riunione ospitata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, ci saranno i sottosegretari 5 stelle del Mef, Laura Castelli e Alessio Villarosa, il ministro dei rapporti con il Parlamento, Domenico Fraccaro, il viceministro dell’Economia Massimo Garavaglia, il ministro Giovanni Tria (non confermato). E oltre ai due dg di Tesoro e Bankitalia, in veste di «relatori tecnici» dell’intervento sul capitale di Carige, ci saranno ache i rappresentanti di Credito Sportivo e Mediocredito centrale, entrambe controllate dallo Stato. Nello schema dell’operazione allo studio da almeno un paio di mesi, il Fondo interbancario di sviluppo dovrebbe convertire un bond in azioni per 315 milioni di euro, ai quali aggiungerebbe altri 200 milioni di capitali freschi. Si tratta di un impegno decisamente oneroso, in virtù del quale le singole banche avvicinate informalmente dal Tesoro per fare da cavaliere bianco di Carige hanno fermamente rifiutato. Non solo, ma il Fondo interbancario ha anche chiesto al governo di mettere un po’ di capitali pubblici. Ecco quindi che Rivera e Panetta hanno messo a punto uno schema che prevede anche una «gamba» pubblica. Ecco quindi nascere questo piano da almeno 800 milioni di euro per mettere in sicurezza un istituto commissariato a Natale dalla Bce, con il titolo sospeso a 17 centesimi e che aveva un’ultima capitalizzazione nota da meno di 90 milioni. Il tutto mentre il fondo Usa Blackrock è scappato a gambe levate dalla data room, mentre il fondo Apollo ha fatto un’offerta che il Tesoro non ha ritenuto congrua. Lo Schema volontario convertirebbe in capitale 315 milioni del bond subordinato detenuto, cifra a cui si aggiungerebbe un ulteriore esborso di circa 200 milioni. Il resto sarebbe in gran parte sulle spalle del Credito sportivo, istituto sano e con ricco free capital, che non è disposto a sottoscrivere capitale, ma un prestito subordinato fino a un massimo di 150 milioni. Altri 50 milioni arriverebbero dal Mediocredito centrale.Particolarmente delicata è la posizione del Credito Sportivo (controllato all’80% dal Tesoro) che ha chiesto di diventare una società per azioni e ha un ambizioso progetto industriale. C’è come un non detto, dicono fonti del Tesoro, dietro questa partita, che in qualche modo legherebbe il via libera alla trasformazione del Credito sportivo in un istituto più moderno al pagamento di questa «tassa» genovese da 150 milioni. Somma per altro abbordabile, visto che la banca che finanzia infrastrutture sportive e non solo ha un capitale da oltre 800 milioni di euro. Il problema di Mediocredito e Credito sportivo è che se per caso tra un anno le cose in Carige dovessero finire male, ovvero come a Vicenza o Montebelluna, perderebbero i loro investimenti. Saranno dunque necessarie legal opinion di un certo livello sulla solvibilità di Carige, oltre a una garanzia scritta di Mef e Bankitalia su conti di Carige. La componente M5s del governo è molto scettica su questa operazione. Ma anche i leghisti sono poco convinti della strada proposta di Tesoro e Bankitalia. Il timore della componente politica del tavolo di questa mattina a Palazzo Chigi sono presto detti: il 5 di maggio, quando Blackrock era ancora in pista, servivano ufficialmente 400 milioni, che sommati al bond del Fondo portavano a 720 milioni di euro il fabbisogno totale di capitale fresco. Ma oggi i milioni sono diventati 800, in due mesi scarsi. Come va la gestione commissariale della banca, si chiedono Lega e M5s?
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.






