2024-01-11
Sgarbi indagato per riciclaggio: tradito dalla sua «bulimia» per l’arte
Il sottosegretario Vittorio Sgarbi finito nei guai per la passione per una tela secentesca di ispirazione caravaggesca assai simile, per gli inquirenti, a un quadro rubato a Torino. Ma che lui ha attribuito a un altro pittore.Scorrono in parallelo, in questi giorni, le vicende di due tra i più noti personaggi italiani, Vittorio Sgarbi e Chiara Ferragni, ed entrambe sembrano preludere al rovinoso, forse definitivo, declino dei suddetti. Ma si tratta, a veder bene, di situazioni differenti, benché ad accomunarle vi sia il fatto che, nelle ultime ore, ha iniziato a occuparsene l’autorità giudiziaria.Se Chiara Ferragni è adesso indagata per truffa aggravata dai pm di Milano per il caso della beneficenza - che tale non sarebbe stata - legata alla vendita, nel 2022, del pandoro Pink Christmas della Balocco, Vittorio Sgarbi è stato iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Macerata (in quanto l’attuale sottosegretario al ministero della Cultura risulta residente a San Saverino Marche, di cui fu sindaco nel 1992) con l’accusa di autoriciclaggio di beni culturali. Il fascicolo relativo a Sgarbi è stato inviato per competenza alla Procura maceratese da quella di Imperia, che ha già in corso un’altra inchiesta relativa alla presunta esportazione illecita, da parte dello storico dell’arte, di un dipinto del caravaggista Valentin de Boulogne.Quale sia l’oggetto delle investigazioni che si accinge a svolgere la Procura di Macerata è risaputo, ma, data la complessità di questa storia, non sarà inutile un riassunto. Il giornalista del Fatto Quotidiano Thomas Mackinson entra in contatto con un restauratore bresciano, Gianfranco Mingardi, il quale rivela al cronista di avere lavorato per anni al ripristino di una tela seicentesca di stile caravaggesco portatagli da Sgarbi (suo cliente di fiducia) e da questi, che ne è il proprietario, attribuita al pittore senese Rutilio Manetti. Il dipinto in questione, conosciuto come La cattura di San Pietro, che Sgarbi sostiene di avere rinvenuto, arrotolato, a Villa Maidalchina, un antico edificio sito nel Viterbese e acquistato nel 2000 da sua madre Rina Cavallini (scomparsa nel 2015), appare tuttavia identico, eccezion fatta per una candela accesa collocata in alto a sinistra, a un’opera rubata da ignoti nel febbraio del 2013 (ritagliandola dalla cornice in cui era contenuta) in un castello che si trova a Buriasco, presso Torino; castello in cui Sgarbi era stato in visita l’ultima volta pochi mesi prima del furto e dove, non molto prima del trafugamento, si era recato anche un suo collaboratore, Paolo Bocedi, paladino della lotta al racket, per chiedere - per conto di Sgarbi - alla proprietaria del castello, la signora Margherita Buzio, se intendesse vendere La cattura di San Pietro, proposta declinata dalla donna. Dopodiché, secondo la ricostruzione del restauratore bresciano, nel maggio del 2013 Bocedi avrebbe portato a Mingardi, affinché la rimettesse in ordine, la tela di Manetti che Sgarbi dice di avere ritrovato a Villa Maidalchina. Mackinson, con la collaborazione del collega Manuele Bonaccorsi di Report (trasmissione Rai che al caso ha dedicato due servizi), ha quindi recuperato, in seguito a un sopralluogo nel castello, un frammento della tela rubata a Buriasco (nel frattempo ricercata anche dall’Interpol), frammento che sembra «incastrarsi» in una delle numerose parti del dipinto sottoposte a restauro (e pertanto prive, come pure l’area con la candela, delle crepe che caratterizzano il resto della tela) dapprima da Mingardi e poi da un’altra restauratrice, la padovana Valentina Piovan, a cui Sgarbi si è rivolto in un secondo momento. Se è indubbio, avendola egli fotografata, che quando Mingardi la ricevette da Bocedi l’opera era mancante della fiaccola, alla Piovan - la quale sostiene invece di aver già trovato la torcia sul dipinto allorché le fu consegnato da Sgarbi - occorre per il momento credere sulla parola. Sia come sia, alla fine del 2021, Sgarbi esporrà La cattura di San Pietro (corredata di candela) in una mostra da lui curata a Lucca, il tutto dopo essersi fatto realizzare una riproduzione ad altissima definizione del dipinto da un laboratorio specializzato di Correggio. In quest’intricato affaire, insomma, le evidenze parrebbero tutte smentire la versione di Sgarbi, motivo per cui, specie ora che si sono attivati gli inquirenti, sarebbe opportuno che il sottosegretario facesse un passo indietro e si tenesse lontano da incarichi pubblici anche per disporre del tempo e della calma necessari per difendersi al meglio dalle gravi accuse rivoltegli.Detto ciò, ribadiamo che la vicenda di Sgarbi è diversa da quella della Ferragni. La seconda è infatti una pura e semplice faccenda di soldi (e vedremo se c’è stato o no del dolo), mentre se Sgarbi, come pare, ha creato i presupposti per la sua rovina, non lo ha fatto per smania di guadagno bensì in ragione della brama di opere d’arte, di ciò che è bello e raro: una nevrosi su cui esiste un’ampia letteratura e che induce il collezionista (vale pure per i libri, altra passione sgarbiana) a compiere azioni anche inconsulte, appunto sino all’autolesionismo. Tutto questo fa di Sgarbi, in ultima analisi, una figura tragica, soggiogata (e forse perduta) dal demone della bellezza e del suo possesso.
Jose Mourinho (Getty Images)