2022-04-23
Sfuma l’incontro Papa-Kirill e Kiev festeggia
Sospeso il colloquio atteso per giugno a Gerusalemme. Francesco: «Ora purtroppo potrebbe creare confusione». L’ambasciatore di Zelensky non nasconde la soddisfazione: «Scelta logica». Si complica anche la visita al fronte: «Inutile se il conflitto continua».Niente incontro del Papa con il patriarca di Mosca Kirill, almeno per ora. Lo ha rivelato direttamente Francesco, dialogando con il giornalista Joaquin Morales Solà sulle colonne del quotidiano argentino La Nacion. L’appuntamento avrebbe dovuto tenersi a Gerusalemme. C’era già anche una data, il 14 giugno, per un evento immaginato come prolungamento del viaggio papale in Libano, previsto per il 12 e 13 del mese. Tutto è però rimandato e il primo a dispiacersene è Jorge Mario Bergoglio, che ha spiegato come la decisione del rinvio sia arrivata dalla Santa Sede stessa: «Mi rammarico che il Vaticano abbia dovuto revocare un secondo incontro con il patriarca Kirill». Il Pontefice - che nell’intervista, pur dicendosi ottimista («passerà»), ha confermato come lo strappo ai legamenti del ginocchio ostacoli la sua capacità di camminare - ha spiegato: «La nostra diplomazia ha capito che un incontro dei due in questo momento, potrebbe creare molta confusione». La volontà di non alimentare ambiguità in questa fase non ha comunque impedito al Santo Padre di precisare a La Nacion che i rapporti con Kirill non solo restano, ma sono «molto buoni». In effetti, i due leader religiosi hanno avuto una videoconferenza il 15 marzo scorso. Un evento di rilievo, considerando sia che il Papa e il patriarca si erano incontrati solo una volta - a Cuba nel 2016 -, sia il confitto in corso. «La Chiesa», erano state le parole del Santo Padre per quell’incontro, «non deve usare la lingua della politica, ma il linguaggio di Gesù». Questo poco più d’un mese fa. Nel frattempo però il leader ortodosso ha continuato, come in precedenza, ad appoggiare il conflitto in Ucraina. Nel sermone del 10 aprile scorso, infatti, ha pregato il Signore di «aiutare tutti noi in questo periodo difficile per la nostra madrepatria per unirci tutti, anche attorno alle autorità». E questo, ha aggiunto Kirill, «per respingere i nemici, sia interni che esterni». Parole pesanti, che certamente hanno spinto la Santa Sede alla cautela.Anche perché, come noto, già la Via crucis tenutasi al Colosseo, con la croce portata da due donne - una russa e una ucraina -, era bastata per accendere polemiche, soprattutto da parte ucraina. Non per nulla l’annullamento dell’incontro di Gerusalemme è stato subito salutato con favore da Andrii Yurash, l’ambasciatore dell’Ucraina presso la Santa Sede, lo stesso che aveva protestato per le celebrazioni del Venerdì santo. Il diplomatico ha definito «logica» la decisione del Santo Padre di annullare l’incontro di giugno con il patriarca russo Kirill, «che ha benedetto l’uccisione di migliaia di persone». «La diplomazia del Vaticano», ha inoltre aggiunto Yurash - che una settimana fa, all’agenzia Agi, aveva auspicato proprio che il Papa non vedesse Kirill - «dimostra sempre la sua capacità di generare le decisioni più appropriate in ogni circostanza difficile».Quello che forse sarà piaciuto meno all’ambasciatore ucraino è il fatto che non solo il Pontefice non ha escluso comunque di rivedere Kirill - «ho sempre promosso il dialogo interreligioso, è la politica che promuovo in Vaticano», ha detto a La Nacion - ma, se non andrà a Gerusalemme, non andrà neppure a Kiev da Volodymyr Zelensky. «A cosa servirebbe che il Papa vada a Kiev se il giorno seguente la guerra continuasse?», si è chiesto in proposito Bergoglio, che ha pure aggiunto che la sospensione dell’incontro in Terra Santa non muta le posizioni di una diplomazia vaticana incessantemente al lavoro, anche su versanti da tenere riservati.«Ci sono sempre procedure. Il Vaticano non riposa mai», ha sottolineato il Papa, aggiungendo: «Non posso dirvi i dettagli perché cesserebbero di essere sforzi diplomatici. Ma i tentativi non si fermeranno mai». Un altro passaggio dell’intervista alla stampa argentina - forse il più pesante di tutti, tanto da esser prontamente ripreso dai media internazionali, New York Times in testa - è quello in cui il Papa ha difeso la decisione, nelle sue condanne della guerra in Ucraina, di non nominare mai il presidente russo, Vladimir Putin.«Un Papa non nomina mai un capo di Stato, tanto meno un Paese, che è superiore al suo capo di Stato», sono state le parole del Santo Padre, subito riprese su Twitter da padre Antonio Spadaro, suo strettissimo collaboratore. Esternazioni che non saranno piaciute non solo a Yurash e a Zelensky - dal quale ormai i leader occidentali fanno gara a recarsi -, ma pure a tutto l’establishment, americano in primis, che sta facendo della stigmatizzazione di ogni nota di Mosca una missione. Un gioco a cui la Santa Sede non intende prestarsi. L’ha confermato ancora il Papa ricordando, all’inizio del conflitto, la sua visita all’ambasciatore russo presso la Santa Sede: «Mi piacerebbe non ci fosse un solo morto di più in Ucraina. Non uno di più. E sono disposto a fare tutto». A buon intenditor poche parole.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)