
Matteo Salvini vieta l'attracco a un taxi del mare con 300 migranti, come già fatto da Malta. Open Arms si scatena sui social network e, facendo leva sul clima delle feste, prova a descrivere il ministro dell'Interno come un orco, maledicendo lui e i suoi figli. Famiglia Cristiana, per lo meno, si era limitata a mettere in migranti in copertina, presentandoli come i veri depositori del significato profondo del Natale. La Ong spagnola Open Arms, invece, utilizza persone in carne e ossa e sfrutta le festività per allestire la consueta polemica a distanza con Matteo Salvini. La nave degli attivisti - come ai tempi d'oro dei taxi del mare - ha caricato alcune centinaia di aspiranti profughi nel Mediterraneo, nei pressi della Libia (i passeggeri sono 305 in totale, altri 33 sono invece saliti a bordo della nave della Ong Seawatch). Dopodiché è cominciata la solita pantomima. Open arms ha chiesto a Malta di poter sbarcare, e come sempre da La Valletta hanno risposto picche. A quel punto, non restava che puntare sull'Italia. Il ministro dell'Interno, tuttavia, ha subito ribadito la sua posizione: «La nave Open Arms, di Ong spagnola con bandiera spagnola», ha scritto Salvini, «ha raccolto 200 immigrati e ha chiesto un porto italiano per farli sbarcare, dopo che Malta (dopo aver fatto giustamente sbarcare una donna e un bambino) ha detto di no. La mia risposta è chiara: i porti italiani sono chiusi! Per i trafficanti di esseri umani e per chi li aiuta, la pacchia è finita». Niente di nuovo sotto il pallido sole. Che le nostre coste fossero interdette alle Ong era cosa nota da tempo. Eppure, gli spagnoli hanno deciso di fare di testa loro. Se ne fregano della sovranità degli Stati. Preferiscono continuare a contribuire al sistema mortifero dell'immigrazione di massa, facendo così un favore ai trafficanti di uomini. Professano un'ideologia che non viene scalfita dalla realtà. I dati, infatti, parlano abbastanza chiaro. Nel 2016, le persone morte cercando di attraversare il Mediterraneo sui barconi sono state 5.140 (numeri forniti dalle Nazioni unite). Nel 2017, quando gli sbarchi in Italia hanno iniziato a calare, i decessi sono stati 3.116. Nel 2018 siamo scesi a 2.217 morti. Sempre tantissimi, ma bisogna considerare che l'attività degli scafisti prosegue ampiamente in direzione della Spagna. Se ci fosse la chiusura totale dei porti europei, probabilmente i cadaveri da contare sarebbero molti meno. Fatto sta che, di tutto questo, Open arms si disinteressa. Sfrutta i migranti per fare politica, e sfrutta il Natale per attaccare il governo italiano. Per l'occasione, poi, gli attivisti ispanici si sono cimentati nell'arte antica della maledizione, manco fossero i gitani di un romanzo di Stephen King. Quando Salvini ha fatto sapere che la nave non sarebbe approdata qui, fondatore di Open Arms, Oscar Camps, si è scatenato e ha scritto su Twitter: «Matteo Salvini, la tua retorica e il tuo messaggio, come tutto in questa vita finirà. Però sappi che tra qualche decennio i tuoi discendenti si vergogneranno di ciò che fai e che dici». Già, le colpe del ministro ricadranno sui suoi figli e sui figli dei suoi figli. Nella sceneggiata, chiaramente, non potevano mancare gli umanitari di casa nostra, i quali sotto Natale si sentono particolarmente ispirati se non invasati. Secondo Gino Strada «il governo fa bullismo, politica volgare». Per Laura Boldrini (che addirittura ringrazia Open arms), è «molto sconfortante che dopo 6 mesi di governo gialloverde non vi sia alcuna gestione del fenomeno migratorio tranne l'interdizione all'attracco nei porti italiani». Il più scatenato, manco a dirlo, è però un sacerdote, ovvero padre Alex Zanotelli: «Un sacrilegio chiudere i porti nel cuore del Natale», ha dichiarato all'AdnKronos. «Mi vergogno di questo Paese e di avere un governo del genere, che a Natale chiude i porti. Se non riusciamo a riconoscere Gesù di Nazareth nei migranti, che papa Francesco dice che sono la carne di Cristo, si fa un sacrilegio nel cuore del Natale». Sacrilegi, maledizioni: e poi danno dei «medievali» ai sovranisti...Nel coretto natalizio degli immigrazionisti spunta anche l'ugola di Gregorio De Falco dei 5 stelle, che ne ha approfittato per ribadire la sua posizione favorevole al Global compact. Certo, perché i migranti caricati dalla Open arms, oltre ad attaccare Salvini, servono pure a questo: a fare pressione affinché il nostro Paese sottoscriva lo scellerato accordo voluto dalle Nazioni Unite. Il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, è stato decisamente più morbido: «L'Italia non ha coordinato i soccorsi in acque Sar libiche, esattamente come non lo hanno fatto Francia, Spagna o altri. Allora cosa vuole fare la Ue? Serve una risposta dell'intera Europa all'emergenza migranti».Insomma, è chiaro che l'Italia non ha responsabilità. Open arms, alla fine, approderà in Spagna, un Paese che con i flussi migratori ha già parecchi problemi. Guai che evidentemente non interessano agli attivisti pro invasione, i quali s'intignano a fare servizio navetta. In ogni caso, è possibile che le polemiche continuino anche nei prossimi giorni, con la scusa del Natale. Perché il problema è sempre lo stesso: dalle nostre parti si affronta la questione migratoria come un problema morale, facendo divisioni tra buoni (che accolgono) e cattivi (che chiudono i confini). Ma la verità è che si tratta di un problema prima politico che umanitario. I migranti sono - purtroppo per loro - la carne che i sostenitori delle frontiere aperte utilizzano per fare proseliti. Pur di tifare invasione, approfittano anche del Natale. Fra un po' costringeranno persino Santa Claus a portare i migranti a bordo della slitta.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





