
Se le democrazie non uniranno le forze nella lotta al Covid-19, verranno sbaragliate dalla Cina a livello economico. Per l'Italia è l'ultima occasione per riposizionarsi.Le democrazie stanno gestendo l'emergenza epidemiologica globale in modi scoordinati, con politiche che tendono a inseguire la crisi dei contagi invece di anticiparla e, soprattutto, con un ritardo nel costruire canali sicuri e separati, sia per i flussi produttivi sia per i percorsi medici allo scopo di preservare la viabilità dei primi. Inoltre, una crisi di blocco produttivo e commerciale non è gestibile solo con una, pur necessaria, alluvione di liquidità, ma mantenendo attivo il ciclo economico nonostante l'epidemia. Le democrazie fanno fatica ad armonizzare i requisiti di continuità economica e di sicurezza medica mentre i regimi autoritari, in particolare la Cina, hanno più capacità di farlo. Ciò genera un rischio prospettico di implosione del capitalismo democratico che poi porti alla vittoria di quello autoritario, con la conseguenza di cedere alla Cina nazionalcomunista il potere di determinare gli standard del mercato globale, cioè la superiorità. Ma c'è ancora la possibilità di evitarlo. Stati Uniti e Regno Unito, dove c'è una marcata capacità di pensiero strategico audace, hanno inizialmente tentato di mantenere attiva l'economia, confidando sul fatto che il virus fosse poco mortifero, anziani a parte, e puntando sul concetto di «immunità di gregge», forzandolo, sia per contrastare il rischio di implosione economica e poi geopolitica, sia, in particolare l'America, per trovarsi in condizioni di contrastare la strategia cinese di domino globale. Ma poiché in una democrazia non si può nascondere a lungo l'informazione e non si possono mettere i morti in fosse comuni nascoste - come successo in Cina, Russia, Iran, Corea del Nord, eccetera - l'immagine di centinaia di migliaia di agonizzanti che non trovano terapie travolgerebbe qualsiasi governo, la decisione/scommessa iniziale è stata invertita attivando il primato della sicurezza medica e accettando conseguentemente un impatto economico massivo. Anche Francia e Germania hanno tentato di rinviare il più possibile misure salvavita, ma ammazza-economia, fino all'impossibilità di farlo per l'evidenza che la domanda di ospedalizzazioni avrebbe ecceduto di gran lunga l'offerta. Il Giappone ha scelto la strategia dei contenimenti selettivi e riservati, con fiducia sulla ricerca di terapie antivirali (ieri rafforzata) per non bloccare l'economia e tentare di rendere sicura la nazione, allo scopo di celebrare le Olimpiadi per ottenere un vantaggio simbolico-geopolitico. La Corea del Sud ha trovato una strategia efficace di armonizzazione tra sicurezza medica e continuità economica: individuazione istantanea dei focolai e loro isolamento totale, grazie all'uso di tecnologie informatiche, per evitare il blocco dell'intera economia nazionale. Per inciso, anche l'Italia dovrebbe fare così invece di bloccare tutto per gap di organizzazione e tecnologia. Ma senza coordinamento tra democrazie per formare canali sanitarizzati per i flussi internazionali, nonché nazionali, e creando percorsi di ospedalizzazione più estesi e blindati, il rischio di implosione delle singole nazioni e del complesso democratico aumenterà per il blocco troppo lungo dell'export. Se il commercio internazionale si blocca, la Cina che dipende molto dalle esportazioni andrebbe nei guai? In realtà, potendo contare su un enorme mercato interno e potendo operare senza vincoli di trasparenza, i suoi problemi sarebbero minori degli altri. E ci sono già alcuni segnali che indicano una strategia raffinata e mascherata per trarre vantaggio da questa situazione. Ciò non vuol dire che il complesso delle democrazie sia debole. Ma se resta scoordinato diventa debolissimo. E al momento lo è perché nell'emergenza prevalgono le chiusure nazionali e c'è stato un tentativo di «scamparla» che ora provoca un ritardo nel passare a nuovi metodi. Mentre la Cina, in quanto sistema autoritario e grande, ha potuto bloccare con la repressione totale una (in proporzione) piccola parte del Paese per contenere il virus è ora pronta a cogliere le opportunità dell'indebolimento altrui. Pertanto le democrazie hanno la priorità:1di creare un accordo economico tra loro in forma di mercato internazionale integrato da standard di sicurezza medica per i flussi economici, poi da adottare in ogni nazione, emessi da un G7 allargato;2di strutturare, alla fine dell'emergenza, tale mercato in modo che possa definire dei criteri di accesso che possano condizionare la Cina a comportamenti onesti, trasparenti e non predatori; 3 di unire le forze di Ue, America e Giappone; 4 di accelerare insieme - con ricerca in concorrenza, ma con finanziamenti integrati - l'individuazione rapida di un vaccino e la sua somministrazione istantanea a livello globale, questo il nuovo strumento di superiorità e della sua legittimazione competitiva. Il punto è se nel futuro il mondo lo comanderanno le democrazie o la Cina e simili: il come le prime si organizzeranno, armonizzando requisiti medici ed economici, sarà determinante. L'Italia è in gap di pensiero strategico e organizzativo su questo punto, complicato da un eccesso di collaborazionismo immorale con il regime nazionalsocialista cinese, da colmare con urgenza anche per motivi di reputazione nazionale entro il complesso democratico. www.carlopelanda.com
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.
Maria Rita Parsi critica la gestione del caso “famiglia nel bosco”: nessun pericolo reale per i bambini, scelta brusca e dannosa, sistema dei minori da ripensare profondamente.






