2019-03-20
Sequestrata la nave dei vicescafisti
Si tratta dei soliti noti. Anzi, del solito noto. Luca Casarini, ex leader dei No global, uno che della disobbedienza ha fatto uno stile di vita. Cresciuto in un centro sociale il cui nome era tutto un programma, Rivolta, a Porto Marghera, Casarini nei giorni del G8 di Genova, anno 2001, era il capo delle tute bianche. Dopo una parentesi a Palermo da partita Iva, cioè da libero professionista, si è deciso a indossare un'altra volta la tuta, ma questa volta nera. È lui, infatti, che (...) (...) guida l'ultimo tentativo di traghettare i migranti dall'Africa all'Italia, lui ad aver messo in mare un barcone per rimorchiare i profughi agganciati al largo delle coste libiche. Dopo aver sposato tutte le cause, da quella contro la Tav a quella contro la base Nato di Vicenza, Casarini ha insomma trovato un nuovo motivo per disobbedire. L'unica differenza rispetto al passato è che se anni fa si è quasi sempre trovato di fronte ministri pronti a far arretrare la polizia dinnanzi agli assalti degli antagonisti, ora al Viminale c'è Matteo Salvini, uno che non pare proprio avere intenzione di arretrare. Così, prima ancora che Casarini riuscisse a sbarcare, ha firmato un decreto, mettendo fuorilegge Mare Jonio, la nave della sua Ong battente bandiera Sinistra italiana (Nicola Fratoianni e Nichi Vendola, per intenderci). Che ci siano atteggiamenti fuori rotta dell'ultima scialuppa di salvataggio del disobbediente veneto è abbastanza evidente. Da quanto risulta dalle testimonianze, il rimorchiatore è intervenuto per «salvare» un gommone in avaria a poca distanza dalle coste libiche. La segnalazione sarebbe arrivata dalla solita Sea Wacht, la Ong già nota per altri sbarchi: grazie a un aereo avrebbero indirizzato la Mare Jonio. Una volta raggiunti i profughi, la nave di Casarini avrebbe potuto riconsegnarli alla Guardia costiera libica, che già era stata allertata. Oppure avrebbe potuto fare rotta verso un porto della Tunisia, che pure era più a portata di mano di quello di Lampedusa. Ma ovviamente gli immigrati non sarebbero stati contenti. Loro erano partiti con destinazione Italia e per questo avevano pagato. Tornare indietro o anche solo virare verso Tunisi sarebbe stata una beffa. Dunque il traghetto ha messo la prua verso le coste italiane. Dove ovviamente, ad aspettare i migranti, c'era il solito coro plaudente. Il sindaco di Lampedusa, quello che si era fatto eleggere dicendo che lo Stato aveva abbandonato l'isola, lasciandola invasa di migranti, ora che i profughi non sbarcano più e che dunque è venuto a mancare lavoro per i soccorritori, dichiara che il porto non è chiuso come vorrebbe far credere Matteo Salvini, invitando dunque allo sbarco. Si fa vivo anche un altro dei soliti noti, ossia Roberto Saviano, il quale non perde occasione per insultare il ministro dell'Interno, forse nella speranza di una querela, così da potersi atteggiare ancora a vittima del nuovo fascismo e vendere un po' di copie in più dei suoi libri. Insomma, quello che è successo ieri è tutto già visto. Casarini, Saviano, perfino i sindaci in cerca di notorietà e di una ribalta nazionale. Di nuovo c'è solo una misura ministeriale che rende un po' più complicato lo sbarco, cioè dà un po' più di filo da torcere alle varie Ong. Aver complicato l'attività dei volontari pro migranti ha fatto in modo che l'invasione fosse rallentata se non fermata. I dati forniti di recente dal Viminale lo dimostrano: a fronte delle migliaia di profughi giunti lo scorso anno, oggi si contano poche decine di extracomunitari. Le navi sono ferme in porto e il traghettamento si è interrotto. Le organizzazioni criminali che gestiscono il traffico di esseri umani cercano altre rotte, verso la Spagna, la Grecia o la Turchia. Ma sono rotte più complicate. Come si è visto, c'è chi vorrebbe disobbedire. Come nel 2001 si cercava di rompere il cordone della polizia, forzando gli uomini del reparto celere, ora si cerca di violare la nuova linea rossa. Ci auguriamo che Salvini e l'intero governo non cedano. Non solo perché non vogliamo che invece della via della seta sia aperta la via dell'Africa, ma perché questo Paese ha già tanti guai e di Casarini e i suoi disobbedienti ne fa volentieri a meno. Se proprio l'ex tuta bianca non vuole fare la partita Iva, parta e basta. Ma per non tornare più. Ps. Un consiglio per Matteo Salvini. Visto che ieri, a Carta bianca su Rai 3, il professor Massimo Cacciari, uno che vuole aprire i porti, da me sollecitato ad aprire il portone di casa sua, si è detto pronto ad accogliere i 49 migranti della Mare Jonio, spedisca i profughi all'indirizzo dell'esimio docente. Noi della Verità siamo già pronti a testimoniare l'evento.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 12 settembre con Carlo Cambi
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?