2025-11-06
San Siro, rogito firmato e indagine in Procura
Stadio di San Siro (Imagoeconomica)
Ieri il Meazza è diventato, per 197 milioni, ufficialmente di proprietà di Milan e Inter. Una compravendita sulla quale i pm ipotizzano una turbativa d’asta: nel mirino c’è il bando, contestato da un potenziale acquirente per le tempistiche troppo strette.Azione-reazione, come il martelletto sul ginocchio. Il riflesso rotuleo della Procura di Milano indica un’ottima salute del sistema nervoso, sembra quello di Jannik Sinner. Erano trascorsi pochi minuti dalla firma del rogito con il quale lo stadio di San Siro è passato dal Comune ai club Inter e Milan che dal quarto piano del tribunale è ufficialmente partita un’inchiesta per turbativa d’asta. Se le Montblanc di Paolo Scaroni e Beppe Marotta fossero state scariche, il siluro giudiziario sarebbe arrivato anche prima delle firme, quindi prima dell’ipotetica fattispecie di reato. Il rito ambrosiano funziona così.Tutto in una mattina? No, perché era dall’estate scorsa che la Procura ronzava attorno alla cessione del glorioso e vetusto impianto. L’operazione - oggetto per sei anni di estenuanti trattative, retromarce ed esibizionismi di politici vecchi e nuovi - aveva fin qui coinvolto tutti: istituzioni, giunta, partiti, comitati, fondi internazionali, Tar, Rivera&Mazzola, vecchie zie. Mancavano i pm. Ma anche nei bar in fondo al Giambellino (quelli con la Gazzetta dello Sport sul bancone dei gelati) il perdigiorno collettivo sapeva che sarebbero arrivati. Il fascicolo esplorativo (per ora senza ipotesi di reato e senza indagati) era di fatto già aperto come filone laterale dello scandalo sulla speculazione urbanistica. Mancava l’effetto show.Così mentre i dirigenti di Inter e Milan riuniti nella società «Stadio San Siro spa» siglavano dal notaio l’acquisto del Meazza dal Comune di Milano per i 197 milioni pattuiti (come da perizia dell’Agenzia delle entrate), a Palazzo di giustizia veniva sentito come testimone il promoter di eventi musicali, Claudio Trotta, tra i fondatori del Comitato Sì Meazza. In una lettera aperta al sindaco Giuseppe Sala, tempo fa il patron di Barley Arts si era lamentato perché, insieme ad altri operatori dello spettacolo, avrebbe voluto fare un’offerta d’acquisto dello stadio ma «ero stato impossibilitato a partecipare al bando per via dei tempi troppo stretti». In alcune interviste Trotta aveva aggiunto: «Quello non era nemmeno un bando», avanzando il sospetto che fosse costruito per tagliar fuori gli altri potenziali partecipanti. E ai pm avrebbe confermato che «ciò che si vuole portare avanti è un’operazione di speculazione immobiliare, attraverso la vendita ai club, già confezionata». Poi ha dichiarato: «Volevo trasformare il mio interesse per lo stadio in un interesse concreto insieme ad altri operatori dello spettacolo. Ma ci siamo dovuti fermare. E non per mancanza di idee ma per le modalità con cui è stato presentato l’Avviso pubblico per la raccolta di manifestazioni di interesse. I tempi erano sospetti: 37 giorni per presentare una proposta contro i 120 consueti. Tutto ciò a fronte dei 5 anni e mezzo di interlocuzione goduti dai fondi proprietari dei club». Sul «goduti» ci sarebbe da discutere visto che Milan e Inter, più che imporlo, hanno subito il vergognoso stallo burocratico dei Sala boys con un tiki-taka che neanche Pep Guardiola. Lo stesso Trotta non si è paracadutato sul magico prato l’altroieri. Già nel 2019, convinto che San Siro potesse essere polifunzionale, aveva proposto un bando internazionale per la ristrutturazione e la futura gestione. Con tre punti principali: la demolizione del terzo anello con la realizzazione di un tetto apribile per sfruttare l’impianto tutto l’anno (come l’Allianz Arena del Bayern Monaco); l’installazione di un prato retrattile per ospitare più concerti e pure partire di rugby; il miglioramento strutturale di tutti i servizi per il pubblico, consapevole che già allora erano fatiscenti. Tutto questo, parole sue, «con o senza le due squadre, con o senza calcio». Una condizione che per il Comune di Milano, impegnato a evitare la fuga a Rozzano e San Donato di due dei più prestigiosi club del mondo, è sempre stata inaccettabile.Per i magistrati Paolo Filippini, Giovanna Cavalleri e Giovanni Polizzi lo scenario venutosi a creare è sufficiente per verificare la procedura di vendita e la congruità della valutazione economica di stadio e aree limitrofe. Si tratta di tre centravanti della Procura: Cavalleri e Polizzi due anni fa indagarono sulla vendita del Milan dal fondo Elliott a RedBird di Gerry Cardinale. Filippini, che si sta parallelamente occupando d’una possibile turbativa d’asta in alcune gare d’appalto della maxi-inchiesta milanese, è noto come storico inquisitore di Roberto Formigoni. E ha fatto parte del pool che ha messo nel mirino il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, per i camici regalati al tempo del Covid. Una disfatta.In ogni caso il rogito è andato in porto. Nel comunicato congiunto, Milan e Inter parlano di «un traguardo importante che riflette le ambizioni condivise per un successo sportivo a lungo termine. Il nuovo stadio sarà un impianto di livello mondiale, destinato a diventare un’icona architettonica. Tutta l’area sarà oggetto di una rigenerazione nel segno di innovazione, sostenibilità, accessibilità». Il progetto, affidato all’archistar Norman Foster e allo studio dello specialista americano di impianti sportivi David Manica, non esiste ancora; i rendering che girano sono frutto della fantasia di chi li sogna di notte. La tradizionale inchiesta a orologeria invece è vera.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
Continua a leggereRiduci