2025-11-06
Fece morire di fame la figlia di 18 mesi. Ma i giudici in appello le tolgono l’ergastolo
Cancellata l’aggravante dei futili motivi e concesse le attenuanti generiche ad Alessia Pifferi: condanna ridotta a soli 24 anni.L’ergastolo? È passato di moda. Anche se una madre lascia morire di stenti la sua bambina di un anno e mezzo per andare a divertirsi. Lo ha gridato alla lettura della sentenza d’appello Viviana Pifferi, la prima accusatrice della sorella, Alessia Pifferi, che ieri ha schivato il carcere a vita. Di certo l’afflizione più grave, e che non l’abbandonerà finché campa, per Alessia Pifferi è se si è resa conto di quello che ha fatto: ha abbandonato la figlia di 18 mesi - a vederla nelle foto pare una bambola e il pensiero di ciò che le ha fatto la madre diventa insostenibile - lasciandola morire di fame e di sete straziata dalle piaghe del pannolino. Nel corso dei due processi - in quello di primo grado che si è svolto un anno fa la donna era stata condannata al carcere a vita - si è appurato che la bambina ha cercato di mangiare il pannolino prima di spirare.Ebbene ieri la Corte di Assise di appello del tribunale di Milano, rigettando la tesi della procura generale sostenuta in aula dalla dottoressa Lucilla Tontodonati che ha chiesto la conferma dell’ergastolo, ha ridotto la pena a 24 anni perché ha ritenuto le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti dopo aver cancellato quella per futili motivi che aveva determinato la condanna all’ergastolo. Si dovrà attendere le motivazioni per capire ciò che ora appare difficilmente spiegabile: andare in vacanza non curandosi della figlia non integra i futili motivi.Nel luglio di tre anni fa Alessia Pifferi si è allontanata da Milano per sei giorni con uno dei suoi fidanzati e ha lasciato la piccola Diana chiusa in casa nella culla con una bottiglietta d’acqua e un biberon di latte. La bimba è morta di stenti. Ebbene per la Corte d’Appello di Milano questi comportamenti non sono futili motivi e non danno luogo a nessuna aggravante. La dottoressa Tontodonati nella requisitoria è stata ultimativa: «La condotta che abbiamo di fronte è particolarmente raccapricciante, ma anche particolarmente difficile da accettare concettualmente perché è una condotta omissiva. Non è una mamma che butta la figlia dalla finestra, ma lascia una bambina soffrire per cinque giorni e mezzo nel caldo di luglio a Milano con le finestre chiuse. C’è una difficoltà nell’accettare l’idea che una persona capace di intendere e volere possa fare una cosa del genere. Pensiamo che chi l’ha fatto sia pazzo. Ma questo ormai lo dobbiamo eliminare dal nostro pensiero perché abbiamo ben due perizie d’ufficio, oltre alle consulenze di parte». La Pifferi tanto in primo grado che in appello è stata dichiarata capace d’intendere e di volere. Nonostante l’accusa abbia insistito sulle condizioni disumane in cui è stata lasciata la piccola Diana, la Corte ha anche escluso la premeditazione del delitto per cui la pena è passata dall’ergastolo a 24 anni. Probabilmente la Pifferi in cella ne trascorrerà meno della metà. Allo sconto di pena aveva puntato l’avvocata Alessia Pontenani che peraltro per le attività difensive di Alessia Pifferi è sotto processo sempre a Milano; rischia 4 anni di carcere, tanti ne ha chiesti il pm Francesco De Tommasi a carico della legale accusata, insieme a tre psicologhe e allo psichiatra Marco Bargarini, di aver falsificato le perizie per favorire l’imputata. Prima dell’udienza la Pontenani aveva ribadito i contenuti della sua arringa: «Alessia Pifferi ha un serio deficit intellettivo e credo che debba essere valutata ai fini del dolo eventuale. È anche una persona buona. Chiederò la semi infermità e il riconoscimento dell’abbandono e della morte della bambina, quindi la derubricazione del reato. La capacità di intendere e volere ha molte gradazioni: si va dalla piena capacità alla totale incapacità e io credo che Alessia Pifferi sia nel mezzo». La valutazione della Corte d’Appello, che pure non ha messo in discussione le facoltà mentali dell’imputata, non è distante dalle affermazioni della difesa. Resta da capire come si possano riconoscere le attenuanti generiche a una donna che - come ha fatto rilevare la criminologa Roberta Bruzzone, consulente per la parte civile rappresentata da Viviana la sorella, prima accusatrice della Pifferi e zia della piccola Diana - «il 20 luglio di tre anni fa torna dalla vacanza e la prima cosa che fa apre le finestre, lava la bambina, la sistema e poi chiama la vicina di casa e comincia la messinscena. Con una capacità manipolatoria assolutamente di buon livello, mente dicendo “io l’ho lasciata con la babysitter”. La vicina allerta i soccorsi, arriva il 118, e tutti quelli che hanno a che fare con la Pifferi in quel momento ricevono delle informazioni manipolatorie». Alla lettura della sentenza Viviana Pifferi ha ripetuto: «Ventiquattro anni per una cosa così orrenda. Ventiquattro anni è il valore di una bambina di 18 mesi che non c’è più. L’ha lasciata sola a morire mentre lei andava a divertirsi». Distrutta dal dolore è la signora Maria, madre di Alessia e Viviana e nonna di Diana che ha appena forza di dire: «Sono mamma, è mia figlia anche lei e non me la sento di commentare».
Lo ha detto il vicepresidente esecutivo della Commissione europea per la Coesione e le Riforme Raffaele Fitto, a margine della conferenza stampa sul Transport Package, riguardo al piano di rinnovamento dei collegamenti ad alta velocità nell'Unione Europea.