2022-01-14
Senza pass via reddito e un pezzo di pensione
I no vax perderanno il sussidio di cittadinanza o lo stipendio e i contributi. Su chi ricadrà il buco nell’Inps? I dati raccolti dalla card, come chiesto dall’Ue, saranno fruibili da centinaia di enti. Che, come in uno Stato etico, potrebbero valutare le nostre condotte.Da febbraio senza green pass base non si potrà accedere ai centri per l’impiego, passaggio ora diventato necessario per incassare il reddito di cittadinanza. Chi non si presenterà perderà il diritto all’assegno di sussidio. Resta da capire che cosa accadrà dopo il 15 febbraio per gli over 50 e con la richiesta di esibire il super green pass. Al di là dei dettagli, che sono certo fondamentali per comprendere quanti italiani aventi diritto rischieranno di perdere il sussidio, la sostanza è che il diritto al sostegno economico correlato a un determinato livello di indigenza diventa meno importante dell’obbligo vaccinale diretto o surrettizio. Il sostegno contro la povertà, tanto decantato dalla sinistra, viene degradato a diritto secondario. Prima la tutela del bene pubblico, poi la scelta individuale in tema di salute. Almeno per chi ha meno di 50 anni.D’altronde gli ultimi decreti hanno fatto un salto di qualità anche in merito al diritto alla pensione. Il lavoratore che non esibisce il green pass o non si vaccinerà (se over 50) perderà il diritto a produrre e quindi a essere pagato dal proprio datore di lavoro. Ciò che soprattutto i sindacati hanno taciuto è che nel periodo di assenza nessuno verserà per suo conto i contribuiti pensionistici. Tanto più insisterà nel non volersi vaccinare, tanto più vedrà allargarsi il proprio buco contributivo. Ne risulta che andrà in pensione più tardi o incasserà meno soldi. C’è poi un tema ulteriore. Tutti gli italiani, soprattutto i governi e i partiti, campano nell’inganno del sistema contributivo. In realtà, il sistema pensionistico è un ibrido in costante disequilibrio. Chi lavora oggi, non paga i contributi per sé, ma paga le pensioni di chi si è già ritirato. Se fossero un milione i no vax assenti dal lavoro, nel 2022 l’Inps si troverebbe con qualche miliardo in meno nelle casse. Visto il trend, viene da chiedersi se in futuro i mancati incassi non li si voglia rigirare tutti su chi non ha il green pass attivo. Tradotto. Mancano soldi per pagare le pensioni? Basta limare l’assegno a chi non è in regola. È chiaramente un paradosso, il nostro. Ma una volta che si antepone a tutto il criterio sanitario, nulla ci vieta di chiedere che cosa accadrà dopo. L’estensione del green pass si è ormai dimostrata avulsa da scelte scientifiche, eppure cammina sempre più su un criterio di permanenza. La Verità si è più volte occupata della blockchain sottostante alla carta verde. Le linee guida che il nostro Paese ha recepito dall’Unione europea sono mirate a realizzare un salto di qualità nella digitalizzazione della società. Esattamente ciò che poco prima dello scoppio della pandemia Bruxelles ha messo nero su bianco nel documento «Plasmare il futuro digitale dell’Europa» con l’obiettivo di consentire il ricorso a una vera «identità elettronica pubblica universalmente accettata», multiuso e impiegabile per «migliorare il processo decisionale pubblico e privato», «supportare il Green deal monitorando dove e quando c’è maggiore domanda di energia elettrica» e infine «modernizzare la struttura economica e finanziaria». In pratica, il green pass non è altro che una enorme base di dati digitali che concorrono a formare una sola piattaforma blockchain in grado di tracciare i cittadini in qualità di account digitali. Per terminare lo sviluppo del progetto si è reso necessario introdurre il concetto di interoperabilità, cioè la capacità dell’intero sistema di leggere e interpretare un certificato verde emesso da qualsiasi emittente. L’interoperabilità è realizzata attraverso una struttura dati comune, una terminologia standard, un formato neutrale rispetto al contenuto e un consenso comune sul significato di ogni campo dati, allo scopo di garantire che i dati contenuti nella piattaforma siano rappresentati in maniera uniforme in tutti gli Stati membri. Ma c’è anche un aspetto tutto interno al Paese. Lo scorso ottobre nel decreto Capienza è spuntato uno strano articolo, il numero 9. Con poche righe si autorizza centinaia di enti pubblici e partecipate a condividere informazioni o acquisirne di nuove con una sorta di cambiale in bianco. Cioè senza dover dichiarare preventivamente gli obiettivi della raccolta o della condivisione. Il primo effetto pratico lo scopriranno i no vax over 50 a partire dal primo febbraio, quando l’agenzia delle entrate invierà loro la multa da 100 euro, pescando direttamente dal data base dell’anagrafe vaccinale. La domanda è - in totale assenza di trasparenza - perché le amministrazioni centrali, come quella finanziaria, prevedono di tracciare le attività dei trafori o delle autostrade, oppure delle società che distribuiscono l’acqua? Che se ne faranno? Per meglio spiegarsi, se oggi il gestore idrico traccia le nostre utenze è autorizzato a farlo. Prima dello scorso ottobre non poteva condividere con altre amministrazioni le medesime informazioni. Ora ogni data base potrà essere travasato in altri data base. Esattamente ciò che prevede il termine interoperabilità suggerito dall’Ue. Senza lo scambio automatico di informazioni non potrebbe mai decollare l’identità digitale dei cittadini, né l’intero progetto di blockchain diffusa. Siamo di fronte al futuro euro digitale oppure a un semaforo verde per chi consuma poca acqua e un semaforo rosso per chi non rispetta i dettami della transizione ecologica? Con il green pass sarà possibile averne traccia. E quindi punire o premiare i bravi cittadini che rispetteranno lo Stato etico. Una cosa che non ci piace per nulla. Per usare un eufemismo.