2025-01-29
Gli insulti alla Segre fanno comodo a chi vuole imbavagliare il dissenso
Sergio Mattarella e Liliana Segre (Ansa)
Dopo gli attacchi alla senatrice, Mattarella ha invocato un «argine» ai social, mentre a Milano è stata istituita la commissione contro «i discorsi d’odio». Iniziative che rischiano di tradursi in censura delle idee non allineate.È sempre suggestivo notare come gli eventi che dovrebbero celebrare la libertà si trasformino quasi sempre in occasioni per spingere la censura. La Giornata della Memoria si suppone che ricordi la persecuzione e lo sterminio degli ebrei come monito per le attuali e future generazioni, affinché la discriminazione feroce e l’oppressione non si ripeta. Eppure ultimamente è sempre più spesso associata a discutibili iniziative di controllo e limitazione del pensiero e dell’espressione.Sergio Mattarella, ad esempio, ha colto l’occasione delle celebrazioni ufficiali per contestare duramente l’operato dei social network. «È doloroso e inaccettabile che vi siano ignobili insulti razzisti alla senatrice Segre su quei social media che sono nati come espressione di libertà e che rischiano invece, sovente, di diventare strumento di violenza e di negazione di diritti», ha detto. E certamente sono deprecabili gli attacchi alla Segre, soprattutto se rigurgitano antisemitismo. Ma l’intervento che il presidente della Repubblica suggerisce è per lo meno problematico. «Occorre mettervi un argine», insiste Mattarella. «Sono reati gravi, che vanno perseguiti a tutela della libertà e della giustizia».Non sfugge ai più che la Rete, purtroppo, sia anche veicolo di attacchi e contestazioni rabbiose e sia spesso una sentina di risentimento indirizzato verso tutte le personalità pubbliche e persino verso comuni utenti. Dunque Liliana Segre non è certo l’unica figura a essere suo malgrado (e con nostro sommo dispiacere) bersagliata. Certo il suo nome e la sua vicenda personale suscitano una notevole risposta emotiva, ed è facile approvare restrizioni e mordacchie se si pensa che colpiranno chi offende la senatrice (la quale per altro fino a qualche tempo fa dichiarava di non essere presente sui social e dunque di non vedere gli insulti - e le attestazioni di stima - che le vengono rivolti). Il problema sorge quando si abbassa il tiro e si procede a una generale restrizione delle maglie digitali. L’idea di trattare una intemperanza online come un reato grave, questo è il punto, apre scenari inquietanti, prima di tutto perché non è sempre facile separare l’insulto o l’aggressione verbale dalla critica, pur ruvida. Ne abbiamo avuto radiosi esempi nel Regno Unito, dove le autorità hanno provveduto a registrare conversazioni e sostanzialmente a schedare migliaia di persone, compresi minorenni, con la scusa di porre un freno ai cosiddetti «episodi di odio non criminali». Sono state trattate da odiatrici studentesse che litigavano, si è tenuta traccia dei post di ragazzini stupidotti e inoffensivi nell’ambito di una operazione di sorveglianza che fa rabbrividire. E nei casi più clamoroso si è giunti ad arrestare normali cittadini per via di un semplice commento postato online.È, questa, la frontiera estrema e pericolosa del politicamente corretto, che coincide con il controllo sbirresco delle opinioni. Sorge quindi il fondato sospetto che, sulla scia dell’emozione per gli attacchi alla Segre, si giunga anche qui alla repressione digitale. Non è una prospettiva surreale o troppo lontana. Proprio facendo perno sul caso della senatrice, la città di Milano si è appena imbarcata in una inquietante iniziativa. Il consiglio comunale meneghino ha approvato, con 27 voti favorevoli, 3 contrari e un astenuto, l’istituzione di una «Commissione speciale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio». Tale organismo avrà il compito di «analizzare e studiare la diffusione del linguaggio d’odio a Milano, coinvolgendo esperti esterni. Pianificare interventi per prevenire e contrastare tali fenomeni. Promuovere collaborazioni con istituzioni, università, scuole, media e organizzazioni civiche. Elaborare proposte per una normativa volta a regolamentare e arginare i discorsi d’odio».«La persecuzione nazista contro gli ebrei è iniziata con le parole», ha commentato Elena Buscemi, presidente del Consiglio comunale. «Queste, con il tempo, hanno creato il contesto per azioni di violenza sistematica. La commissione sarà uno spazio per riflettere e agire contro tali dinamiche, che oggi trovano terreno fertile soprattutto online».La commissione milanese si ispira evidentemente alla analoga commissione Segre che dovrebbe operare a livello nazionale, ma non ha lo stesso nome e gli stessi obiettivi, chissà perché. In compenso ha ricevuto l’approvazione di Liliana Segre in persona. «Purtroppo la diffusione dei discorsi d’odio, ma anche di altre forme di discriminazione contro donne, omosessuali, minoranze, migranti, sta conoscendo in questi anni forme sempre più preoccupanti e inquietanti. Favorita come noto dall’incidenza e pervasività dei social media», ha scritto la senatrice in una lettera inviata ai politici di Milano. «Purtroppo la situazione generale non aiuta», ha aggiunto la Segre. «Guerre, aumento delle diseguaglianze sociali, degli squilibri fra Nord e Sud, migrazioni di portata globale creano un quadro di tensioni che favorisce il diffondersi di frustrazioni e rancori, destinate a trovare facile eco online. Il che di conseguenza amplifica anche gli effetti reali, l’incidenza nel corpo vivo della società, dove si registra l’aumento di forme di razzismo, antisemitismo, omofobia, violenza fisica e verbale contro le donne». Insomma la Segre accoglie «con interesse e vicinanza la decisione del Consiglio comunale di Milano di istituire una Commissione speciale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio. Sono certa che la Commissione saprà essere all’altezza di fenomeni dal contrasto dei quali dipende il futuro e la qualità della nostra convivenza civile e democratica».A dirla tutta, la convivenza civile e democratica dipende anche dal tasso di libertà di espressione concesso ai cittadini. Posto che l’odio è un sentimento e non può essere cancellato per legge, perseguirlo è piuttosto complicato proprio perché fissarne i confini è operazione scivolosa e per lo più velleitaria. Tutte le iniziative di questo genere non hanno fatto altro che degradare nella persecuzione di opinioni non allineate, e nella criminalizzazione dei pensieri. Citiamo solo il caso più clamoroso: Meta, su richiesta dell’amministrazione Biden, ha censurato per anni discorsi e notizie non allineate su Covid e Ucraina. Non risulta tuttavia che questa orrenda evidenza abbia scandalizzato le nostre autorità. Che però appaiono molto scandalizzate da Elon Musk e dal suo piglio più libertario. Viene da credere, dunque, che la pressione sul ruolo dei social network proveniente negli ultimi tempi da sinistra sia legata anche (e forse soprattutto) al ruolo che essi hanno giocato nella vittoria di Trump e nell’affermazione delle destre globali. Più che una nuova commissione Segre, allora, forse i progressisti dovrebbero istituire delle commissioni Musk per il monitoraggio e la persecuzione delle opinioni a loro sgradite. Sarebbe sicuramente violento, ma senz’altro più onesto.
Il ministro della Salute Orazio Schillaci (Imagoeconomica)
Orazio Schillaci e Giuseppe Valditara (Ansa)