2019-02-02
Sea Watch 3 fuori norma. La Guardia costiera la blocca in porto a Catania
Sospette irregolarità nello scarico dei rifiuti e un dubbio sulle finalità operative: la nave è registrata nei Paesi Bassi come yacht. Il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli: «Intervenga l'Olanda».Per la Sea Watch 3 tutti attendevano un provvedimento giudiziario. E, invece, il colpo di scena è arrivato dalla Guardia costiera: fermo amministrativo temporaneo per «violazioni delle norme in materia di sicurezza della navigazione e di tutela dell'ambiente marino», conferma il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli. E quindi il taxi dei migranti resta ancorato nel porto di Catania. Perché? «Stiamo parlando di una imbarcazione registrata come pleasure yacht, che non è in regola per compiere azioni di recupero dei migranti in mare. E mi pare ovvio, visto che è sostanzialmente uno yacht. In Italia questo non è permesso», spiega Toninelli. E l'ambiente marino? Dalla Guardia costiera fanno sapere che sono in corso accertamenti legati allo smaltimento di rifiuti speciali e agli scarichi dei reflui.Gli ispettori della Capitaneria di porto di Catania specializzati in sicurezza della navigazione ieri mattina sono saliti a bordo, per una verifica tecnica sulle condizioni della nave della Ong «ai sensi della Unclos, la Convenzione delle Nazioni unite sul diritto del mare». I risultati dell'attività di controllo amministrativo e le violazioni riscontrate sono state comunicate ufficialmente alle autorità olandesi, che hanno concesso la bandiera nazionale all'imbarcazione. Toninelli si è quindi chiesto: «Il governo olandese non ha nulla da dire rispetto a una imbarcazione di una Ong tedesca che chiede e ottiene la bandiera dei Paesi Bassi per scorrazzare nel Mediterraneo agendo fuori dalle regole?». Gli aspetti controversi sono molteplici: «Sono state rilevate», ha segnalato la Capitaneria di porto, «una serie di non conformità (...) che non permettono la partenza dell'unità fino alla loro risoluzione». Inoltre, «tali non conformità dovranno essere risolte anche con l'intervento dell'amministrazione di bandiera, in cooperazione con gli ispettori specializzati della Guardia costiera e del sesto reparto Sicurezza della navigazione del Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto». Fino alla soluzione delle non conformità, l'unità navale non potrà riprendere il mare per pattugliare le coste libiche alla ricerca di gommoni in difficoltà. E mentre l'equipaggio twitta «Seawatch in stato di fermo, la Guardia costiera ci notifica il blocco per non conformità su sicurezza navigazione e normativa ambientale», la portavoce di Sea Watch in Italia, Giorgia Linardi, registra un videoselfie e lo lancia sui social network: «Non ci è pervenuta alcuna notifica di blocco amministrativo». E cerca di calmare i suoi, sminuendo il provvedimento della Guardia costiera: «Sono state riscontrate piccole attività da fare a bordo per poter ripartire in sicurezza». Secondo la Linardi si tratterebbe di «attività che si possono svolgere nelle prossime 24 ore e che sono previste in un normale scalo tecnico di una nave che non tocca porto dal 14 dicembre». Dunque, aggiunge, «non ci sono le basi per un sequestro amministrativo e in questo momento la nave non è bloccata». Peccato che le autorità italiane abbiano comunicato ben altro. Poco dopo, la Ong rende pubblici i documenti della registrazione della Sea Watch 3. E la portavoce sostiene: «È regolarmente registrata come nave da diporto nel registro reale olandese, ma il suo uso è quello di nave da soccorso». I documenti, quindi, confermano le accuse. Ma dalla Ong tentano di metterci una pezza: «Per la lunghezza e la stazza della nave questo non sarebbe possibile in Italia ma per la legislazione olandese, alla quale la nave fa riferimento, è assolutamente regolare». E come garanzia si offre una teoria bizzarra, sostenendo che la nave è talmente in regola che ha passato il vaglio «delle autorità ispettive dello stato di bandiera a Malta», dove la nave è rimasta bloccata per quattro mesi. Come se non fosse noto che Malta sulle imbarcazioni è di manica larga: lì non ci sono, ad esempio, restrizioni rispetto alla nazionalità del comandante, degli ufficiali e dell'equipaggio. E tanto altro. Nonostante ciò, Sea Watch, sprezzante, attacca il governo italiano: «La nave è olandese, non si applica la giurisdizione italiana e dunque invitiamo il governo a non fare deliberatamente confusione». Già l'altra sera la Ong si era lamentata di non poter ripartire subito: «Siamo costretti a rimanere a Catania per la notte, il cambio di equipaggio previsto ci è stato negato». E, mostrando totale intolleranza ai controlli, aveva aggiunto: «A bordo continuano le richieste di informazioni da parte della polizia. Nel frattempo il Mediterraneo rimane senza navi civili di soccorso». Gli interrogatori condotti dagli investigatori della Squadra mobile e della Guardia di finanza di Catania, su delega del procuratore Carmelo Zuccaro, infatti, si sono protratti fino a tarda ora. Le indagini sono concentrate sulla rotta. La Procura sta cercando di accertare le ragioni che hanno spinto la Sea Watch 3 verso l'Italia, pur trovandosi a prestare soccorso a naufraghi in acque libiche più vicine alla Tunisia che al Belpaese. Una scelta difficile da spiegare. Anche perché sulla rotta c'era pure Malta. Chi ha dato l'ordine alla Sea Watch 3 di puntare dritta verso l'Italia? Dalla Ong risposte chiare al momento non ne sono arrivate. Anzi, la strategia che Sea Watch sembra aver messo in campo è quella di buttarla in caciara, attaccando le istituzioni: «Le autorità, sotto chiara pressione politica», sostiene la Ong, «sono alla ricerca di ogni pretesto tecnico per fermare l'attività di soccorso in mare». E con un semplice gioco di parole cerca di trasformare in «pretesto tecnico» le contestate irregolarità.