Il Domani ci rinfaccia bufale sui farmaci a mRna, ma poiché le cifre Iss ci danno ragione, incolpa i no vax: «Nascondono il contagio». La protezione dai ricoveri, poi, non c’entra: chi discrimina i dottori reintegrati non li reputa fragili, bensì untori.
Il Domani ci rinfaccia bufale sui farmaci a mRna, ma poiché le cifre Iss ci danno ragione, incolpa i no vax: «Nascondono il contagio». La protezione dai ricoveri, poi, non c’entra: chi discrimina i dottori reintegrati non li reputa fragili, bensì untori.Il Domani ci accusa di diffondere «falsità sul Covid». Il giornale fondato da Carlo De Bendetti ce l’ha con l’editoriale di lunedì, in cui Maurizio Belpietro proponeva una semplice osservazione, desunta dai bollettini dell’Istituto superiore di sanità: «Chi si è sottoposto alle tre iniezioni si infetta più facilmente di chi non le ha fatte». Secondo il quotidiano, «non è vero nulla» e, anzi, il documento citato proverebbe il contrario. Torniamo sull’argomento per correttezza verso i nostri lettori. È improbabile che incappino nel foglio diretto da Stefano Feltri, non proprio campione di vendite in edicola; ma devono sapere che La Verità non li ha turlupinati. Il Domani mostra difficoltà a interpretare il grafico dell’Iss, con i tassi d’incidenza delle infezioni ogni 100.000 abitanti, divisi per status vaccinale e fasce d’età. Lo trovate nella tabella in questa pagina. Nella classe 12-39 anni, da aprile all’inizio dell’estate 2022, la frequenza con cui si contagiavano i non vaccinati è stata sempre pressoché identica a quella con cui contraevano il Covid gli italiani sottoposti al booster. Poi, tra luglio e agosto, i primi hanno superato i secondi, ma la forbice è tornata a ridursi rapidamente. Finché, dopo settimane di sostanziale equipollenza, a fine settembre, i tridosati hanno preso a infettarsi un po’ più dei renitenti alla puntura. Nella fascia 40-59 anni, la tendenza è ancora più chiara. Ed è cruciale sottolineare che in tale range si concentra la maggior parte della popolazione lavoratrice. In tanti, infatti, in barba ai dati, continuano a invocare l’apartheid per i sanitari reintegrati. Da aprile a oggi, l’incidenza dei contagi, tra gli individui di età compresa tra 40 e 59 anni, è rimasta costantemente più alta in quelli con la terza dose. Non solo: in quasi ogni rilevazione, risultano più casi tra i vaccinati con due shot che tra i no vax. È tra i 60 e i 79 anni che il trend comincia a invertirsi. In questo caso, lo «scavallamento» di ottobre riguarda gli inoculati con due dosi da oltre 120 giorni, mentre i tridosati sono appaiati ai non vaccinati. Solo negli over 80 il vantaggio del vaccino, in termini di incidenza delle infezioni, è stato sempre apprezzabile.Gioco, partita, incontro? Manco per sogno. Il Domani non solo legge a modo suo tabelle autoevidenti. Quando proprio non riesce a negare la realtà, sostiene che è la realtà a essere sbagliata. E s’appiglia al caveat allegato al bollettino, secondo cui è «verosimile la presenza di una più elevata sottonotifica delle diagnosi nella popolazione non vaccinata e vaccinata da oltre 120 giorni». Il motivo? Citiamo testualmente il quotidiano edito da De Benedetti: i no vax «non si fidano dello Stato». Quindi, se s’ammalano, non si denunciano. Un’idea - un pregiudizio - che s’infrange su due grossi limiti. Primo: la sottostima dovrebbe riguardare tutte le categorie. Non è chiaro per quale motivo essa sarebbe più alta nei refrattari all’iniezione e nei vaccinati meno recenti. Si viene colti dal sospetto che, essendo costoro i reprobi per antonomasia, li si voglia additare a priori. Ma lasciamo perdere le illazioni: diciamo solo che questo aspetto andrebbe approfondito. Per un’indagine scientifica, non è certo sufficiente la mostrificazione operata dal Domani. Una recentissima ricerca condotta in Qatar, da cui è tratto un paper in fase di revisione paritaria, evidenzia, ad esempio, che le reinfezioni con Omicron sono più diffuse tra gli inoculati con tre dosi che tra quelli con due, benché questi ultimi paiano avere meno probabilità di contrarre di nuovo il virus, rispetto a chi non ha mai porto il braccio. Peraltro, l’Italia non è l’unico Paese in cui sia venuto a galla il problema dell’efficacia negativa del vaccino rispetto al contagio: è da mesi che si discutono i dati britannici. Sminuire le rilevazioni, insomma, non è una gran trovata.Secondo: se i numeri sono falsati, smettiamo di guardarli. Qui, invece, sembra vigere un doppio standard: quando il report Iss è utile alla causa dei virotalebani, viene preso per il Vangelo; quando rischia di smitizzare il sacro vaccino, diventa inattendibile.Infine, due parole a proposito della tirata del Domani sulla protezione dai ricoveri, conferita dal farmaco a mRna. Che noi non abbiamo mai negato, ma che, con la questione dei sanitari reintegrati, c’entra come la Nutella con gli spaghetti. I fuoriclasse tipo Walter Ricciardi e Giuseppe Remuzzi, ai quali aveva replicato il direttore Belpietro, non hanno mica perso il sonno perché temono per l’incolumità di dottori e infermieri. La loro tesi è che essi siano potenziali untori e che mettano in pericolo i pazienti, specie i più fragili. Una fesseria sbugiardata da qualunque statistica: i vaccinati hanno altrettante possibilità - se non di più - di trasmettere il virus. Certo, negli under 40, anche lo schermo vaccinale dalla malattia grave andrebbe soppesato. I giovani sono poco esposti alle conseguenze serie del Covid. E i ceppi virali in circolazione hanno perso aggressività. Al contempo, vanno valutati i possibili effetti collaterali delle punture. Quelli sì, negati fino allo sfinimento da stampa e autorità. Ma evitiamo di mettere troppa carne al fuoco. Su questo tema, magari, torneremo un Domani…
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.