
Il consolidamento dei rapporti tra Cina ed Egitto è parte della strategia di influenza che Pechino sta portando avanti in Nord Africa e Medio Oriente. In occasione dell’avvio delle olimpiadi invernali a inizio febbraio, il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi si è recato a Pechino, dove ha avuto un incontro con l’omologo cinese Xi Jinping. In particolare, quest’ultimo ha dichiarato che Cina ed Egitto «condividono visioni e strategie simili nella difesa dei propri interessi». «Il partenariato strategico globale Cina-Egitto è diventato un modello di solidarietà, cooperazione e reciproco vantaggio tra Cina e Paesi arabi, africani e in via di sviluppo» ha proseguito. Secondo quanto riferito dai media statali cinesi, i due leader hanno discusso su come rafforzare i collegamenti tra la Belt and Road Initiative ed Egypt Vision 2030, menzionando anche «progetti avanzati come lo sviluppo del corridoio del Canale di Suez». Non solo: i due Paesi stanno infatti consolidando anche la collaborazione in materia sanitaria. In quest’ottica, la Repubblica popolare ha pianificato di inviare all’Egitto circa 60 milioni di dosi di vaccino Sinopharm. Non va trascurato che storicamente le relazioni tra Il Cairo e Pechino si siano rivelate sempre piuttosto positive. Tuttavia è con l’avvento al potere di al-Sisi che questo rapporto si è notevolmente rinsaldato: da quando è diventato presidente, il generale ha infatti visitato la Cina svariate volte, mentre i due Paesi hanno siglato (almeno) 25 accordi bilaterali. Tra l’altro, le loro relazioni commerciali hanno iniziato a rafforzarsi specialmente dopo il 2013, diventando particolarmente significative a partire dal 2018. In tutto questo, al di là del settore infrastrutturale, è storicamente quello turistico ad aver ulteriormente avvicinato i due Paesi. Infine, come ricordato l’anno scorso da un’analisi della Jamestown Foundation, va sottolineato che, per la Repubblica popolare, il canale di Suez risulti significativamente importante sia sul piano commerciale che su quello militare. Un fattore questo che è alla base dell'interesse nutrito dai cinesi per Il Cairo. A livello generale, tale situazione va inquadrata nelle differenti strategie che stanno portando avanti Cina ed Egitto. Pechino inserisce la sua condotta all’interno di una linea di rafforzamento del proprio soft power in Nord Africa e in Medio Oriente. Non è un caso che la Cina stia consolidando i propri legami anche con l’Arabia Saudita, che è politicamente molto vicina ad al-Sisi. Dall’altra parte, Il Cairo vede nel sempre più stretto rapporto con la Repubblica popolare una duplice occasione: economica e geopolitica. Come visto, la collaborazione con i cinesi offre all’Egitto vantaggi nei settori delle infrastrutture, del commercio e del turismo. In secondo luogo, Il Cairo gioca di sponda con Pechino anche per evitare di avvicinarsi troppo a Washington. In tutto questo, non bisogna trascurare gli stretti legami tra Egitto e Russia. I due Paesi hanno siglato un patto di cooperazione militare lo scorso agosto, mentre si sono trovati ad essere alleati nella complicata partita libica, sostenendo entrambi il generale Khalifa Haftar. Quella stessa Russia che, a inizio febbraio, ha rinsaldato il proprio asse con la Cina. Ricordiamo infatti che, all’inizio di febbraio, Vladimir Putin si sia incontrato a Pechino con Xi Jinping e che i due abbiano emesso un comunicato congiunto in cui Mosca spalleggiava Pechino su Taiwan e Pechino a sua volta Mosca sullo stop dell’espansione della Nato a Est. Non si può quindi escludere che il progressivo avvicinamento tra Pechino e Il Cairo vada letto (anche) nel quadro del consolidamento dell’asse sino-russo. Un asse che guarda non a caso ad Africa e Medio Oriente con estremo interesse sia dal punto di vista economico che –soprattutto– geopolitico. Un fattore, questo, che può rivelarsi un problema non solo per gli Stati Uniti ma anche per l’Europa: un’Europa che, a partire proprio dall’Egitto, rischia di vedere sempre più ridimensionata la propria influenza sul bacino del Mediterraneo.
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».
Antonio Scoppetta (Ansa)
- Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
- Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.
Lo speciale contiene due articoli
92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.
Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.
Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).
Mucche (iStock)
In Danimarca è obbligatorio per legge un additivo al mangime che riduce la CO2. Allevatori furiosi perché si munge di meno, la qualità cala e i capi stanno morendo.
«L’errore? Il delirio di onnipotenza per avere tutto e subito: lo dico mentre a Belém aprono la Cop30, ma gli effetti sul clima partendo dalle stalle non si bloccano per decreto». Chi parla è il professor Giuseppe Pulina, uno dei massimi scienziati sulle produzioni animali, presidente di Carni sostenibili. Il caso scoppia in Danimarca; gli allevatori sono sul piede di guerra - per dirla con la famosissima lettera di Totò e Peppino - «specie quest’anno che c’è stata la grande moria delle vacche». Come voi ben sapete, hanno aggiunto al loro governo (primo al mondo a inventarsi una tassa sui «peti» di bovini e maiali), che gli impone per legge di alimentare le vacche con un additivo, il Bovaer del colosso chimico svizzero-olandese Dsm-Firmenich (13 miliardi di fatturato 30.000 dipendenti), capace di ridurre le flatulenze animali del 40%.
Matteo Bassetti (Imagoeconomica)
L’infettivologo Matteo Bassetti «premiato» dal governo che lui aveva contestato dopo la cancellazione delle multe ai non vaccinati. Presiederà un gruppo che gestirà i bandi sui finanziamenti alla ricerca, supportando il ministro Anna Maria Bernini. Sarà aperto al confronto?
L’avversione per chi non si vaccinava contro il Covid ha dato i suoi frutti. L’infettivologo Matteo Bassetti è stato nominato presidente del nuovo gruppo di lavoro istituito presso il ministero dell’Università e della Ricerca, con la funzione di offrire un supporto nella «individuazione ed elaborazione di procedure di gestione e valutazione dei bandi pubblici di ricerca competitivi».





