2020-04-25
«Se il calcio riparte bisogna poter fare cinque sostituzioni»
Lo storico assistente tecnico del Milan Luigi Balestra: «La pausa più estesa concepita è quella di Natale: servono regole contro il logorio». «Nei due mesi di pausa obbligata, è essenziale che i giocatori abbiano fatto i compiti a casa, concentrandosi sul mantenimento del tono muscolare, del fiato, senza approfittare del frigorifero». Togliere le zavorre alle metafore è un modo sicuro per far decollare un concetto. Luigi Balestra, per tutti «Gigi», sa come farlo. Milanese, monumento del calcio professionistico da oltre 50 anni, dopo il ritiro dall'agonismo ha iniziato la gavetta da allenatore. La consacrazione è arrivata come assistente tecnico nel Milan nell'età dell'oro di Silvio Berlusconi. Ha lavorato a fianco di Fabio Capello, Cesare Maldini, Carlo Ancelotti. Allenato le stelle più luminose della Serie A. Il pallone è rotondo, ma lui ne conosce ogni spigolo. Si parla di una ripresa degli allenamenti per la Serie A a metà maggio, con lo sblocco delle partite previsto per metà giugno.«Premessa: prima di ogni altra cosa, è bene tutelare la salute degli atleti, senza aver fretta. Istituzioni e uomini di scienza dovrebbero agire correttamente per garantire una ripresa in sicurezza. Gli interessi economici in capo all'Uefa sono molti, ma stiamo vivendo un periodo drammatico e inedito: il calcio non dovrebbe godere di favori particolari rispetto agli altri sport. Detto questo, se le date di ripresa fossero confermate, il mese di allenamento mirato prima di tornare a giocare dovrà essere curato nei dettagli. Scongiurando il rischio di infortuni muscolari».Molto dipenderà da come si sono gestiti in autonomia i calciatori durante la pausa?«Viviamo nell'era dell'ultra specializzazione del professionismo. I mezzi per mantenere un buon livello di efficienza fisica a casa propria ci sono, se adoperati correttamente». Quali sono?«Gli aspetti da curare per preservarsi durante un lungo stop sono tre: mantenere la tonicità muscolare con esercizi di potenziamento anche a corpo libero, corroborare la capacità aerobica con sessioni quotidiane di cyclette o tapis roulant, rigore nell'alimentazione. Quest'ultimo punto è cruciale, il frigorifero induce in tentazione».Che cosa potrebbe accadere durante il primo raduno delle squadre a metà maggio?«L'allenamento si articolerà in due fasi e sarà diverso dalla preparazione estiva precampionato. Nei primi 15 giorni, le squadre potrebbero essere suddivise in piccoli gruppi da cinque uomini, selezionati sulla base di caratteristiche fisiche omogenee. Ci sarà qualcuno in sovrappeso, qualcuno col tono muscolare da recuperare. Chi è stato colpito dal coronavirus dovrà sottoporsi a controlli scrupolosi per rimettersi in sesto senza rischiare. Si ricomincerà in modo leggero, con tabelle personalizzate. Ritrovata la potenzialità fisica ottimale, si passerà allo strumento di lavoro: il pallone. Perdere sensibilità nel tocco di palla è comune, durante una sosta. Verranno eseguite sessioni di corsa ripetute col pallone tra i piedi per riabituarsi al controllo. A brillantezza ritrovata, si passerà alle partitelle e alla tattica».Qual è il rischio di un ritorno al gioco troppo frettoloso?«Il logorio progressivo. Introdurrei la regola delle cinque sostituzioni a partita, al posto dei tre cambi tradizionali, per preservare gli atleti. Viviamo una situazione inedita. Il massimo dello stop concepito durante un campionato fino a oggi erano le vacanze natalizie».Ne trarranno maggiori vantaggi le squadre blasonate o le piccole?«Le piccole sono avvantaggiate a breve termine, ma alla lunga emergerà la qualità delle rose. La Juve ha qualcosa in più delle altre. La Lazio era in rampa di lancio ed è forse la squadra più penalizzata. Mi aspettavo un minor distacco dell'Inter dalla vetta. Tuttavia conosco Antonio Conte e la qualità dei suoi metodi: potrebbe approfittarne per puntellare qualche dettaglio e recuperare terreno. Poi c'è la splendida realtà atalantina».Da talent scout di lungo corso: i giovani che l'hanno colpita di più quest'anno?«Tonali del Brescia, Castrovilli della Fiorentina, Zaniolo della Roma. Dico anche Chiesa, ma lui non è una sorpresa. Il futuro dell'Italia è in mano loro».Da assistente tecnico ha lavorato con molti allenatori?«Avevo 31 anni, al mio primo incarico da allenatore. Mi sono fatto da solo. La svolta della mia carriera fu al Varese. Erano i primi anni Ottanta. Allenavo la primavera e facevo da secondo in prima squadra a Eugenio Fascetti, tecnico splendido. Il suo stile di gioco, il “caos organizzato", codificava già concetti come il pressing asfissiante, l'intensità e i movimenti poi divenuti sedimento dell'immaginario collettivo con l'avvento di Arrigo Sacchi. Nel 1986 passai al Milan. Settore giovanile». Divenne collaboratore fidato di Capello.«Quando diventò allenatore di prima squadra mi volle come assistente tecnico, con Italo Galbiati allenatore in seconda. Il mio armadietto a Milanello era il numero 14. Ogni settimana assistevo alle partite degli avversari e stilavo una relazione con quaderno e penna. “Scrivi tutto, anche i dettagli insignificanti", mi ripeteva Capello».Erano gli anni Novanta. Che calcio era?«Iniziava la svolta del calcio moderno. Gli staff diventavano numerosi e specializzati per sfera di competenza. Il potenziamento fisico era pianificato da preparatori all'avanguardia. L'ultra professionismo era realtà. Si cominciava a distinguere i grandi allenatori dalla capacità di gestire umanamente un gruppo. Capello in questo era straordinario. Anche Cesare Maldini e Carlo Ancelotti. La vittoria del Milan per 4-0 sul Barcellona nella finale di Champions League 1994 è leggenda».E i giocatori?«Ho lavorato a fianco di calciatori come Marco Van Basten, rimasto nel cuore. Paolo Maldini, Donadoni, Albertini. Mauro Tassotti è stato il terzino più forte mai incontrato e un bravissimo allenatore: da secondo di Ancelotti in panchina forniva un apporto insostituibile per intuizioni e carisma». Gigi Balestra oggi è soddisfatto della sua carriera?«Ho giocato nelle giovanili del Milan dividendo la stanza con Trapattoni e vincendo un campionato nel 1958. Ho iniziato ad allenare sperando di diventare un buon tecnico di primavera. Sono andato oltre le mie aspettative, vivendo momenti inarrivabili e appaganti».