2021-12-07
Con la scusa della guerra alle bufale si invocano le veline del governo
Mario Monti è stato un precursore: ora Nicola Zingaretti promette guerra alle «fake news», mentre Gianni Riotta accusa chi, criticando il pass, osa schierarsi contro Mario Draghi. Così, la stampa celebra orgogliosa la sua stessa servitù.Non v’è dubbio che la pandemia abbia portato con sé, oltre al tristemente noto carico di terrore e morte, anche qualche inaspettata occasione. Ad esempio ha permesso ai sinceri democratici e ai liberali tutti d’un pezzo di mostrare il loro vero volto. Prendiamo Mario Monti. Durante una puntata di In Onda, su La 7, gli era capitato di esprimere un po’ troppo disinvoltamente il suo pensiero. Dichiarò che il dibattito sulla gestione dell’emergenza sanitaria era, come dire, un po’ troppo sciolto. Dunque, spiegò il senatore, «bisognerà trovare un sistema che concili la libertà di espressione ma che dosi dall’alto l’informazione». Insomma, secondo Monti si dovevano «trovare delle modalità meno democratiche» di gestione dell’opinione pubblica. Poiché queste frasi hanno suscitato un filo di sconcerto (ma nemmeno troppo, a dire la verità), il senatore ha pensato di correggere il tiro. Tornando ospite nello stesso programma a distanza di una settimana, ha voluto parlar chiaro. Ha ammesso di aver usato una «espressione infelice», e ha concesso che «ognuno ha il diritto di voto, sacrosanto». Ma subito dopo ha aggiunto: «C’è uno scarso livello di preparazione da parte del popolo italiano». In pratica, il simpatico Mario ha ripetuto - con toni appena diversi - le sue teorie sul controllo dell’informazione. Tuttavia, onde non far la figura di quello che ha in spregio la democrazia, ha precisato che la colpa è degli italiani, i quali sono evidentemente ignoranti e non sono in grado di prendere decisioni razionali da soli. Monti non sembra essere l’unico a vederla in questo modo.Il sottosegretario Pierpaolo Sileri, ad esempio, ha proposto di introdurre «l’educazione sanitaria nelle scuole», forse proprio per colmare le spaventose lacune dei nostri inetti concittadini. Pure il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, ha intenzione di spendere parecchie energie nella rieducazione del popolo italico preda di false credenze e superstizioni. «Basta con le follie e le bugie sul vaccino», ha dichiarato l’esponente del Pd. «Nel Lazio apriamo ad una operazione verità, sui social ma anche in tv è diventata intollerabile la confusione che si crea su notizie sbagliate. Vengono dette stupidaggini e noi ci vogliamo affidare alla scienza e fare una grande battaglia di trasparenza. Noi nel Lazio abbiamo sempre anticipato il virus e oggi facciamo una battaglia contro le fake news. Agli autori delle trasmissioni tv chiedo perché si chiama chiunque a contestare la verità della scienza. Serve un richiamo all’etica della professione». In effetti, Zingaretti il virus lo ha anticipato eccome. All’inizio dell’emergenza (come molti altri del suo partito) invitava la popolazione a godersi l’aperitivo, e a seguito di uno sfortunato evento sociale l’allora segretario dem si beccò il virus. Nei mesi successivi deve aver avuto un’illuminazione, tanto da sentirsi in diritto di parlare a nome della «vera scienza» e di impartire istruzioni agli autori televisivi, affinché la smettano di invitare pericolosi contestatori. È un vero peccato che Mario Monti abbia in parte tentato di rinnegare le sue affermazioni sulla compressione della democrazia: piuttosto avrebbe dovuto compiacersi di esser stato un visionario precursore. Tanti, infatti, s’ingegnano a seguirne le orme, e qualcuno non si fa scrupoli a utilizzare un linguaggio addirittura più violento. È il caso di Matteo Bassetti, un altro che ritiene di aver ricevuto comunicazioni da La Scienza in persona, apparsagli su un monte nei pressi di Genova sotto forma di roveto ardente. «L’Italia è piena di cattivi maestri», ha sentenziato il medico. «Sento dire che gli italiani sono scettici sui vaccini per colpa dei social. Non è vero. La colpa più grande della campagna anti vaccini e antiscientifica è di alcuni personaggi, soprattutto giornalisti, scientificamente e intellettualmente disonesti che purtroppo occupano con arroganza e ignoranza da ormai quattro mesi tutte le trasmissioni televisive e radiofoniche». Non pago, il tele-esperto ha rincarato la dose: «Credo sia inaccettabile continuare così. Queste persone hanno sulla coscienza la morte di molte persone. Questo atteggiamento è pericoloso per l’Italia, per il sistema sanitario e per tutti i cittadini. Ora basta». Vale la pena di ricordare che, non appena iniziò a circolare la proposta di limitare le apparizioni televisive dei dottori, Bassetti fu tra i primi a gridare alla censura. Se però si tratta di togliere la parola agli altri, non ha alcun problema, anzi è prontissimo a far scattare la mordacchia accusando i cronisti di strage. Intendiamoci: che si diffondano balle, falsità e teorie strampalate non è affatto un bene. Il punto è che oggi, quando si parla di «combattere le fake news» e tutelare «la verità scientifica» si tende a limitare la libertà di parola al fine di imporre la visione univoca della Cattedrale Sanitaria. Le «Verità» de La Scienza sono calate dal cielo come pagine del Corano, e nemmeno fior di medici titolati possono metterle in discussione. Al solito, «combattere le bugie» significa «far trionfare la vulgata governativa». In teoria, di fronte a questa esalazione di arroganza, i giornalisti dovrebbero per lo meno provare a opporsi. Dopo tutto dalle nostre parti per anni e anni sono stati levati lamenti sulla carenza di «libertà di stampa» e sono stati lanciati allarmi su un fantomatico «ritorno del fascismo» che avrebbe limitato le possibilità di informare. Invece, pensate un po’, anche i giornalisti hanno ottenuto la loro occasione grazie alla pandemia. Hanno cioè avuto l’opportunità di diventare cani da guardia del potere, nel senso di mastini al servizio del regime politico-sanitario. Sono proprio loro i primi a invocare restrizioni. Gianni Riotta, su Repubblica, ha stabilito un’interessante distinzione fra «chi legge giornali e segue tv, radio e Web di qualità» e «la sterminata popolazione che si rinchiude nei gironi dei blog e talk show fai da te, su Covid, razzismo, antifemminismo, no all’emigrazione». Chiaro: i media «di qualità» sono quelli che fedelmente riportano le direttive del governo, senza seminare dubbi, ma anzi aiutando a «far crescere la fiducia». A parere di Riotta - già membro di importanti commissioni sovranazionali contro le fake news - il compito dei giornalisti è quello di educare o rieducare gli scettici. I media devono «ingaggiare i ceti popolari», cioè riportare sulla retta via le persone ottuse, «spesso senza studi superiori e ostili all’establishment». Secondo questa visione del mondo, i cattivi sono coloro che criticano, che lavorano in giornali e «programmi tv italiani ostili insieme al premier Draghi, ai vaccini, al green pass». Riotta, proprio come Ezio Mauro (leggere di nuovo Repubblica per credere), appare preoccupato dalla recrudescenza del «pensiero magico», ovvero quello in contrasto con la versione ufficiale dei fatti. Per evitare che tale «pensiero magico» dilaghi, ecco che la stampa tutta (o quasi) si premura di castigare tutto il pensiero, specie quello critico. Intellettuali e giornali di regimetto (tipo Il Foglio) si dedicano alla demolizione di Massimo Cacciari come in precedenza si accanirono contro Giorgio Agamben. Altri preferiscono insultare più vigliaccamente i colleghi meno allineati. Mirabile occasione offerta dal Covid: finalmente si possono regolare i conti con i concorrenti. Finalmente si può rivendicare l’orgoglio della servitù.
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)
Nel riquadro: Ferdinando Ametrano, ad di CheckSig (IStock)