2021-12-22
Si buttano avanti. Per adesso in lockdown ci vanno le scuole
Dalla Lombardia alla Sicilia, la pioggerellina di chiusure è diventata diluvio. Sovente fino a data da destinarsi. Due governi diversi in quasi 24 mesi pare non abbiano avuto tempo per disporre il necessario. Un fallimento per chi aveva ipotizzato un anno senza DadRegione per regione, dalla Lombardia alla Sicilia, la pioggerellina delle chiusure scolastiche sta diventando un acquazzone generalizzato. Serrate anticipate in diversi casi «fino a data da destinarsi». Nel caos, nell’isteria e nel mare di contraddizioni della gestione dell’emergenza pandemica, era solo questione di tempo prima che partisse l’ondata che coinvolgesse le scuole. Come se due diversi governi, in quasi ventiquattro mesi, non avessero avuto tempo per predisporre il necessario. L’anno scolastico in presenza deve già considerarsi finito in tante parti d’Italia: una sconfitta terrificante per il governo. Finale di partita scontatissimo. Nel caos, nell’isteria e nel mare di contraddizioni della gestione dell’emergenza pandemica, era solo questione di tempo prima che partisse l’ondata di chiusure delle scuole. Come se due anni di didattica a distanza non fossero bastati. E come se due diversi governi, in quasi ventiquattro mesi, non avessero avuto tempo per predisporre il necessario: test salivari rapidi di massa (sollecitati sin dall’estate scorsa da La Verità e misteriosamente osteggiati), investimenti sulla ventilazione meccanica controllata (anziché sui banchi a rotelle), scaglionamento di orari e ingressi, moltiplicazione dei turni, accordi massicci e sistematici con le compagnie private di trasporto turistico per il potenziamento dei bus. Ma poiché, dopo ben due anni, a dominare è la categoria del non fatto, è scattato il refugium peccatorum: una più o meno silenziosa raffica di chiusure. Con i soliti avanguardisti. Il primo a lanciarsi, l’altro giorno su SkyTg24, è stato Massimo Galli, in caso di peggioramento dei dati: «Si potrebbe pensare ad allungare le vacanze scolastiche di Natale per i piccoli non vaccinati». E ancora, rincarando la dose: «Visto l’andamento dei contagi, e con l’incombere della variante Omicron, non sarebbe male che le scuole chiudessero ancora per un po’».Ma qual è la situazione? Il numero delle chiusure già disposte è di per sé impressionante, a maggior ragione perché non aggiornato (è fermo a due settimane fa, prima della Festa dell’Immacolata). Lo ha confermato Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi, a Radio Cusano Campus: «Siamo rimasti a 10.000 classi in Dad su 400.000, ma credo che negli ultimi giorni il numero sia aumentato». Poi, una serie di osservazioni piuttosto razionali: «Io vedo delle grosse difficoltà. Il problema è la tempistica. Se noi diciamo da un giorno all’altro che diversi milioni di bambini e ragazzi devono vaccinarsi, in quanto tempo devono ottenere il green pass? Se dobbiamo fare i tamponi a tutti, non abbiamo le strutture necessarie per farli. Se non si fa prima una stima realistica della capacità di smaltimento di queste misure e verifiche, si rischia di fare un buco nell’acqua. Se si dice che serve il green pass e i ragazzi non fanno in tempo, che succede? Non vengono a scuola? Tutto ciò va coniugato con il tema del diritto allo studio. Non possiamo rischiare che milioni di ragazzi tornino in Dad». Ma guarda: queste belle scoperte qualcuno le fa a Natale, laddove La Verità aveva lanciato l’allarme (e alcune proposte concrete) dall’estate scorsa. Sempre secondo Giannelli «allungare» le vacanze di Natale, prevedendo tipo 7 giorni di Dad, è una scelta poco efficace. «La via maestra resta quella delle vaccinazioni. Nella fascia di età compresa tra i 16 e i 19 anni siamo già all’80%, ora però bisogna spingere sull’acceleratore per gli under 16».Eppure, c’è chi sembra alimentare l’idea delle chiusure. Interpellato dal Corriere della Sera sullo stop precoce alle scuole a Imperia (dal 21 dicembre al 9 gennaio), il governatore Giovanni Toti ha testualmente risposto: il sindaco «ha chiuso un giorno e mezzo in anticipo e magari qualche famiglia ne è pure felice». Per la cronaca, la chiusura riguarda anche una sventagliata di altri Comuni: Sanremo e Santo Stefano al Mare, Vallecrosia e Pieve di Teco, Taggia e Cipressa. Cercando regione per regione, la pioggerellina delle chiusure sta diventando un acquazzone generalizzato. In Lombardia, chiusura anticipata già dal 20 dicembre (e riapertura direttamente a gennaio) a Codogno e Montanaso Lombardo, in provincia di Lodi. In Sardegna, un focolaio nel cagliaritano, a Capoterra, con un’ottantina di bimbi contagiati, ha portato allo stop in anticipo: gli istituti riapriranno direttamente dopo le feste. In Sicilia, raffica di chiusure anticipate, da Palermo ad Agrigento, in diversi casi «fino a data da destinarsi». In Puglia, situazione critica e stop anticipati, in particolare, a Lequile e Melissano, in provincia di Lecce. In Calabria, vista la sventagliata di chiusure, l’azienda dei trasporti di Reggio sta facendo circolare moduli online per il cosiddetto abbonamento scolastico «protetto», e quindi per ottenere il ristoro relativo ai giorni in cui non si è usufruito del servizio, realisticamente attraverso una proroga dell’abbonamento. Per completare questo giro d’Italia delle chiusure, non sarà sfuggita a Mario Draghi la notizia, non lontano dalla sua residenza umbra, della chiusura di diverse scuole medie e superiori di Città della Pieve. A Roma, infine, situazione abbastanza surreale, con decisioni «autonome» di molti genitori raccontate dalla cronaca locale di Repubblica: «I genitori spaventati anticipano le vacanze» usando la scusa dei «motivi familiari». Risultato: «Intere classi deserte», «aule vuote in tutta la città», perché - spiega senza mezzi termini il quotidiano romano dando voce a una dirigente scolastica - «i genitori non vogliono mettere in pericolo le loro feste e le loro uscite». Intanto però ci si informa che i ragazzi più grandi «organizzano party». Scuola no, ma festa sì. Ecco, se questa è la situazione già al 22 dicembre, dopo i primissimi freddi e di fatto appena all’inizio della stagione invernale, che tipo di conclusioni possiamo trarre? Arriva Natale e l’anno scolastico in presenza deve già considerarsi finito in tante parti d’Italia? Sarebbe una sconfitta terrificante e senza scusanti per il governo. Eppure ieri anche il sottosegretario Pierpaolo Sileri è sembrato portare acqua al mulino delle chiusure: «Se abbiamo i numeri del Regno Unito, con 100.000 contagi e gran parte di questi tra la popolazione non vaccinata o non vaccinabile, un ritardo del rientro a scuola consente un rallentamento del virus. In quel caso, non potremmo ricominciare la scuola subito».
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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