2025-06-28
Scontro Ungheria-Europa sull’Ia: «No ai riconoscimenti facciali»
Fa discutere il possibile utilizzo della tecnologia per identificare chi sfilerà oggi al gay pride di Budapest. Il primo ministro ungherese Viktor Orbán ieri ha avvertito che chiunque parteciperà al pride di Budapest dovrà affrontare «conseguenze legali». Il governo conservatore ha approvato a inizio anno una legge che consente alla polizia di vietare gli eventi pubblici Lgbt. Il governo sostiene che la mossa sia necessaria per proteggere i bambini. E Orbán ha spiegato con chiarezza la decisione: «Esistono leggi chiare, chiunque non rispetti le regole partecipa a un evento proibito». I partecipanti alla marcia rischiano multe fino a 500 euro, inoltre le autorità ungheresi potrebbero utilizzare la tecnologia di riconoscimento facciale per identificarli, mentre gli organizzatori rischiano fino a un anno di reclusione ai sensi della legislazione vigente. Ma il riconoscimento facciale in tempo reale equivarrebbe a una violazione dell’AI Act. Il pacchetto di leggi Ue sulle applicazioni di intelligenza artificiale non è ancora pienamente implementato, ma alcuni aspetti fondamentali sono in vigore da febbraio 2025, incluso il divieto di identificazione biometrica in tempo reale nei luoghi pubblici da parte delle forze dell’ordine. Nel frattempo il ministro della Giustizia, Bence Tuzson, ha affermato che la marcia rientra nella legge sulle assemblee ed è quindi vietata e ha avvertito che il sindaco potrebbe rischiare un anno di carcere e una multa per aver organizzato l’evento. Ma il sindaco liberale di Budapest, Gergely Karácsony, ha organizzato un evento comunale, che non è coperto dalla legge sulle assemblee invitando i cittadini di Budapest a un altro evento nei propri spazi pubblici, quindi perfettamente legale. E proprio sull’uso del riconoscimento facciale basato sull’intelligenza artificiale per identificare le persone che partecipano agli eventi vietati, una schiera di gruppi per i diritti umani sta chiedendo alla Commissione di intervenire, evidenziando l’incompatibilità con l’Ai Act in una lettera aperta inviata a Von der Leyen e alla Commissione, a cui chiedono di avviare una procedura di infrazione contro l’Ungheria per violazione del diritto Ue. L’esecutivo Ue non si è ancora espresso sulla questione nonostante avesse confermato lo scorso aprile di star «valutando» la nuova legge ungherese, aggiungendo che non avrebbe esitato a intervenire «quando appropriato». Da parte sua, Budapest rivendica la legittimità del riconoscimento facciale ai sensi dell’Ai Act, che è più lassista sull’utilizzo della tecnologia in ambito forense, purché avvenga con approvazione del tribunale, per reati specifici e dopo i fatti. In una serie di domande e risposte, il Consiglio ungherese per le libertà civili ha spiegato che l’identificazione viene eseguita basandosi su immagini fisse e che il sistema può identificare solo individui con un documento d’identità ungherese con foto, poiché le immagini vengono confrontate con un registro di profili facciali mantenuto dall’Istituto ungherese per le scienze forensi (Hifs). Secondo i firmatari della lettera però la polizia ungherese potrebbe connettersi direttamente ai sistemi dell’Hifs e vedere sul posto se c’è una corrispondenza tra l’immagine appena scattata e il registro, meccanica che si adatterebbe alla definizione di «tempo reale» dell’Ai Act. Nel frattempo alla presidente Ue Ursula von der Leyen, che aveva chiesto alle autorità ungheresi di consentire lo svolgimento del pride senza timore di sanzioni penali o amministrative nei confronti degli organizzatori o dei partecipanti dicendo alla comunità Lgbt «sarò sempre la vostra alleata», Orbán ha ribattuto affermando che l’Ue sta trattando l’Ungheria come una colonia, proprio come l’Unione Sovietica, «vogliono dire all’Ungheria cosa è permesso e cosa non lo è. Cara presidente, non interferisca sull’applicazione della legge negli Stati membri della Ue».
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