2019-11-04
Tutte le liti della maggioranza
Scontro su Giuseppi. Avanti senza di lui?Scontro sulla Rai. In ballo nomine e tg.Scontro sulla Libia. L'intesa che divide.Non solo la manovra. Al centro di tutte le battaglie tra pentastellati e sinistra c'è lui: il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. La bordata più forte arriva da Matteo Renzi, leader di Italia viva: «Vogliamo dirla tutta? A chi volete che importi del destino personale di Giuseppe Conte. Chi se ne frega di Conte». E ha aggiunto: «Che cosa ne so se è possibile dar vita o meno a un altro governo in questa legislatura, forse sì, forse no, non è questo il tema».Invece il tema è proprio questo: in discussione è la poltrona del premier prima gialloblù e oggi giallorosso. Infatti sono in molti a sinistra, anche tra i democratici, a condividere il suo giudizio impietoso sul presidente del Consiglio: «Conte è stato il premier di una maggioranza che ha azzerato la crescita in Italia: per una serie di circostanze oggi si ritrova premier anche della maggioranza alternativa». Sia la direzione del Pd sia i 5 stelle sono terrorizzati dalla possibilità di una maggioranza senza Conte evocata dal senatore di Italia viva, perché sanno che alle urne verrebbero travolti dai voti del centrodestra. Così il capo delegazione pd in maggioranza e ministro della Cultura, Dario Franceschini, si affretta a chiarire che «il governo Conte è l'ultimo di questa legislatura. Chi lo indebolisce con fibrillazioni, allusioni, retroscena di palazzo, fa il gioco della destra». La stessa paura espressa dal Movimento in un post su Facebook: «Lo vogliamo dire chiaramente: non esiste futuro per questa legislatura se qualcuno prova a mettere in discussione il presidente Conte con giochini di palazzo, immaginando scenari futuri decisamente fantasiosi. Lo stesso vale», avvertono i pentastellati, «anche se si continua a indebolire quest'esecutivo attraverso messaggi che fanno male al Paese». Giuseppi ribolle: «Meglio se sto zitto». E da Palazzo Chigi definiscono così le mosse di Renzi: «Infantilismo politico». Il senatore semplice alza la posta «perché pensa alle nomine».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/scontro-su-giuseppi-avanti-senza-di-lui-2641206887.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="scontro-sulla-rai-in-ballo-nomine-e-tg" data-post-id="2641206887" data-published-at="1758032796" data-use-pagination="False"> Scontro sulla Rai. In ballo nomine e tg Cambiato il governo, cambia la Rai. Ma sulla spartizione delle poltrone tra democratici e pentastellati spirano venti di guerra. L'amministratore delegato, Fabrizio Salini, ha infatti annunciato una tornata di nomine che coinvolgerà non solo le reti ma anche i telegiornali. Nel mirino il Tg1 capitanato da Giuseppe Carboni. A quella poltrona ambiscono Francesco Giorgino e Franco Di Mare. Il primo ha buoni rapporti con i grillini ma viene dal centrodestra, mentre su Di Mare ci sarebbero dei veti. Potrebbe invece spuntarla Antonio Di Bella, oggi direttore di Rainews24: è molto gradito ai democratici e non inviso ai 5 Stelle. Ma dopo l'exploit nelle urne umbre anche la leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, alza la voce e vuole la una fetta di tv pubblica: il suo nome è quello di Ludovico Di Meo, che aspira alla direzione di Rai 2, anche se le pretese del Pd e la difesa, strenua, di Lega e 5 stelle potrebbero bloccarlo. Infatti a Rai 2, che sarà orfana di Carlo Freccero da fine novembre, potrebbe tornare Antonio Marano, che succederebbe ancora una volta a Freccero esattamente come accadde nel 2002. Inoltre potrebbe arrivare prima del previsto l'addio alla direzione di Rai 1 da parte di Teresa De Santis. Stefano Coletta sarebbe in pole position per sostituire la direttrice dell'Ammiraglia, mentre al suo posto a Rai 3 approderebbe Maria Pia Ammirati. E non finisce qui il risiko per ridisegnare i rapporti di forza all'interno di viale Mazzini: circolano voci di una ricomparsa di Mario Orfeo, che andrebbe alla poltrona di news e informazione, ma a quella posizione è anche accreditata Monica Maggioni. Di certo il Pd non nasconde le sue ambizioni ora che il governo è cambiato e il qualche modo le rivendicazioni di Nicola Zingaretti andranno ascoltate, nonostante le resistenze degli «alleati» grillini. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/scontro-su-giuseppi-avanti-senza-di-lui-2641206887.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="scontro-sulla-libia-lintesa-che-divide" data-post-id="2641206887" data-published-at="1758032796" data-use-pagination="False"> Scontro sulla Libia. L’intesa che divide Anche il fronte libico incrina la già fragile tenuta del governo giallorosso. Infatti l'esecutivo Conte bis ha dovuto rinnovare il 2 novembre, automaticamente e senza bisogno di passaggi parlamentari, per altri tre anni, il memorandum con Tripoli. Un rinnovo per nulla pacifico: ci sono 25 deputati della maggioranza che nelle ultime ore hanno espressamente dichiarato di non approvare le intese, in particolare per quanto riguarda il presunto mancato rispetto dei diritti umani nei campi d'accoglienza. Ma nel mirino c'è anche il ruolo della Guardia costiera libica, che secondo diverse fonti sarebbe formata almeno in parte da milizie locali colluse con i trafficanti. Per questi motivi e per cercare di placare le acque, Palazzo Chigi ha chiesto la convocazione della commissione italolibica prevista dall'articolo 3 dell'accordo sul contrasto all'immigrazione clandestina. A trattare per la parte italiana saranno il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio e il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese. Il punto è il seguente: permettere una «maggiore vigilanza» sui centri per i migranti in Libia per garantire appunto il rispetto dei diritti umani. Tripoli ha fatto sapere che valuterà le proposte, quando e se arriveranno, in base agli interessi libici. In pratica resta ancora tutto aperto. Il premier Giuseppe Conte si ritrova quindi nella difficile situazione di dover mediare tra posizioni diametralmente opposte: da un lato quella del Movimento 5 stelle, che teme ulteriori perdite di consenso in caso di discostamento dalla linea vincente tenuta dall'ex ministro Matteo Salvini, dall'altro quella della sponda più a sinistra del Partito democratico e di Leu. Questi ultimi sono infatti nettamente contrari a a ogni ipotesi di rinnovo del memorandum e la loro posizione è molto vicina a quella espressa dalle Ong.