
Donald apre alla possibilità di alleggerire le sanzioni a Teheran. Ma le precondizioni per il suo nuovo Medio Oriente sono la fine dell’arricchimento dell’uranio e la pace a Gaza. Per la quale pressa ancora Netanyahu. Donald Trump continua a muoversi su due dossier interconnessi, tentando sia di arrivare a un cessate il fuoco a Gaza sia di riavviare i colloqui sul nucleare con l’Iran. Per il presidente americano, si tratta di due precondizioni necessarie per rilanciare gli Accordi di Abramo e stabilizzare così il Medio Oriente.Non a caso, nella tarda serata di sabato, Trump è tornato a invocare una tregua a Gaza. «Fate l’accordo a Gaza. Fate ritornare gli ostaggi», ha affermato su Truth. Poche ore prima, il presidente americano era tornato a difendere Benjamin Netanyahu dai suoi guai giudiziari. «È terribile ciò che stanno facendo in Israele a Bibi Netanyahu. È un eroe di guerra e un primo ministro che ha svolto un lavoro straordinario collaborando con gli Stati Uniti per ottenere un grande successo nell’eliminazione della pericolosa minaccia nucleare in Iran. È importante sottolineare che in questo momento sta negoziando un accordo con Hamas, che includerà la restituzione degli ostaggi», aveva dichiarato, per poi definire i problemi giudiziari del premier israeliano una «parodia della giustizia». «Lasciate andare Bibi, ha un lavoro importante da fare», aveva concluso il presidente americano.Parole, quelle di Trump, a cui Netanyahu ha replicato con un caloroso ringraziamento. Nel frattempo, ieri, il tribunale distrettuale di Gerusalemme ha rinviato la testimonianza del premier nell’ambito del processo penale che lo vede coinvolto. Non è escludibile che Trump stia cercando di fornire un assist a Netanyahu per spingerlo a procedere con una tregua a Gaza. Il nodo, per il premier israeliano, risiede tuttavia nel fatto che dovrà convincere l’ala destra del suo governo, storicamente restia a un cessate il fuoco nella Striscia. Senza poi trascurare che, sabato, un funzionario israeliano si era detto scettico sull’eventualità, auspicata poco prima dal capo della Casa Bianca, di un accordo a Gaza entro questa settimana.Tuttavia, al netto delle difficoltà, si scorgono anche degli elementi incoraggianti in vista di una potenziale tregua. Oggi, dovrebbe recarsi a Washington il ministro israeliano per gli Affari strategici Ron Dermer: nell’occasione, secondo Ynet, il diretto interessato dovrebbe tenere dei colloqui con Trump su Gaza, Iran e Accordi di Abramo, nonché sull’eventualità che lo stesso Netanyahu possa visitare la capitale statunitense nel mese di luglio. Inoltre, proprio ieri, un funzionario israeliano ha riferito al Times of Israel che Gerusalemme «continua a lavorare attivamente per raggiungere un accordo di cessate il fuoco e liberazione degli ostaggi a Gaza».Dall’altra parte, come detto, Trump si sta occupando del dossier iraniano. E questo non solo perché Hamas, che ieri ha accusato Netanyahu di «non volere un’intesa», è un’organizzazione terroristica foraggiata principalmente da Teheran, ma anche perché la Casa Bianca punta a scongiurare lo scenario di un regime khomeinista con l’arma atomica in mano: un’eventualità, questa, che preoccupa sia gli israeliani che i sauditi. Il punto è che il sistema di potere vigente a Teheran appare spaccato sul da farsi. «Poiché nutriamo seri dubbi sul rispetto da parte del nemico dei propri impegni, compreso il cessate il fuoco, siamo pronti a dargli una risposta forte se dovesse ripetere l'aggressione», ha detto ieri il capo di Stato maggiore iraniano, Abdolrahim Mousavi, riferendosi allo Stato ebraico. Dall’altra parte, il ministro degli Esteri di Teheran, Abbas Araghchi, sembrerebbe maggiormente aperturista verso l’ipotesi di un accordo sul nucleare con la Casa Bianca, sebbene abbia ufficialmente chiesto all’Onu di definire come «aggressori» Israele e gli Stati Uniti nell’ambito della Guerra dei dodici giorni. Il quadro complessivo intanto resta incerto. Il direttore dell’Aiea, Rafael Grossi, ha riferito che il regime potrebbe riprendere ad arricchire l’uranio nel giro di qualche mese. Al contempo, il New York Times ha rivelato che gli attacchi americani e israeliani al sito nucleare iraniano di Isfahan avrebbero distrutto attrezzature funzionali alla metallizzazione: un processo volto alla realizzazione di ordigni atomici.Come già accennato, per Trump, la tregua a Gaza e lo stop totale all’arricchimento dell’uranio iraniano rappresentano due precondizioni essenziali per il rilancio degli Accordi di Abramo. Proprio ieri, intervenendo su Fox News, il presidente americano ha detto che, a seguito del conflitto con Teheran, vari Paesi sarebbero pronti ad aderire a queste intese. «Abbiamo alcuni Paesi davvero fantastici in questo momento e penso che inizieremo a farli salire a bordo, perché l’Iran era il problema principale», ha dichiarato, per poi aggiungere: «In realtà pensavo che ci fosse un periodo in cui ritenevo che l’Iran avrebbe aderito agli Accordi di Abramo insieme a tutti gli altri».Parole, queste ultime, vagamente sibilline. Non è che Trump, una volta scongiurata la minaccia nucleare khomeinista, punta a integrare lo stesso Iran nel sistema di Abramo? Probabilmente la sua intenzione è proprio questa. Del resto, sarà un caso: ma ieri il presidente non ha escluso di allentare le sanzioni a Teheran, se quest’ultima si mostrerà «pacifica». E attenzione: anche Ankara, che pure nel 2020 aveva criticato gli Accordi di Abramo, adesso potrebbe entrare nella partita. Il regime filoturco di Damasco è difatti in trattativa per normalizzare le relazioni con Israele. Inoltre, ieri, l’inviato americano in Siria, Tom Barrack, ha detto che Ankara farà parte della «nuova strada» che si sta delineando per il Medio Oriente.
Bill Gates (Ansa)
Dalla Cop30 in Brasile i prelati lanciano un appello per la «conversione ecologica». Una linea cieca, a scapito dei credenti che cercano in Dio il mistero del sacro.
Ora anche Bill Gates cambia direzione sulla questione green e molti altri statunitensi importanti, anche a causa del crollo del mercato automobilistico, con un ritardo che solo dei testardi hanno potuto accumulare, si accorgono che andare dietro a un’ideologia senza fare di conto porta nel baratro. L’ideologia green produce leggi e regolamenti che non sono sostenibili, così come erano stati pensati, in particolare dell’Unione Europea, né dalle famiglie (vedi norme sulla casa con costi fra i 60 e i 70.000 euro ad abitazione), né dalle imprese (vedi per tutti quella automobilistiche con quella follia dell’auto elettrica). Se è arrivato a dirlo Bill Gates, il capitalista più stucchevolmente ideologizzato ma sempre con la mano sul portafoglio (per verificare se l’ideologia gli conviene o no), vuol dire che siamo al capolinea.
Donald Trump (Ansa)
L’emittente britannica insulta l’intelligenza del pubblico sostenendo che ha taroccato il discorso di Donald «senza malizia». Infatti si scusa ma respinge la richiesta di risarcimento per diffamazione. Nigel Farage: «Ora saremo noi a dover controllare loro».
«Involontariamente». Il numero uno della centenaria Bbc si aggrappa a un avverbio per non precipitare dall’ottavo piano della Broadcasting House di Londra con il peso di un miliardo di dollari sulle spalle, come da richiesta di risarcimento da parte di Donald Trump. «Unintentionally» è la parolina-paracadute consigliata dalla batteria di legali al presidente Samir Shah, 73 anni di origine indiana, nel tentativo di aiutarlo a ritrovare il sonno e a togliersi dall’angolo dopo lo scandalo del «taglia-e-cuce». Un crollo di credibilità per la storica emittente pubblica, piazzata nel quartiere di Westminster per controllare il potere ma finita nella battutaccia di Nigel Farage: «Ora saremo noi a dover controllare loro».
Sanae Takaichi (Ansa)
Scintille per Taiwan. Il premier giapponese rivendica pace e stabilità nell’isola: «In caso di attacco, reagiremo». Ira del governo cinese: convocato l’ambasciatore.
La tensione tra Cina e Giappone è tornata a livelli di allerta dopo una settimana segnata da scambi durissimi, affondi retorici e richiami diplomatici incrociati. Pechino ha infatti avvertito Tokyo del rischio di una «sconfitta militare devastante» qualora il governo giapponese decidesse di intervenire con la forza nella crisi di Taiwan, accompagnando il monito con un invito ufficiale ai cittadini cinesi a evitare viaggi in Giappone «nel prossimo futuro».
Donald Trump (Getty Images)
Washington avvia l’operazione «Lancia del Sud» contro i traffici di droga: portaerei nel mar dei Caraibi. Maduro: «No ad altre guerre». Trump insiste per riaffermare il dominio nella regione scacciando Pechino.
Donald Trump è sempre più intenzionato a rilanciare la Dottrina Monroe: il presidente americano punta infatti ad arginare l’influenza della Cina sull’Emisfero occidentale. È dunque anche in quest’ottica che, l’altro ieri, il capo del Pentagono, Pete Hegseth, ha annunciato un’operazione militare che riguarderà l’America Latina. «Il presidente Trump ha ordinato l’azione e il Dipartimento della Guerra sta dando seguito alle sue richieste. Oggi annuncio l’operazione Lancia del Sud», ha dichiarato.






