2022-11-11
La scissione del Pd è già cominciata. Perciò Letta anticipa la data del congresso
Dario Nardella sulla divisione: «Il rischio c’è». L’ufficio del segretario annuncia: al lavoro per accorciare i tempi (e fermare la frana).Giuseppe Conte punta sul neoeletto Roberto Scarpinato per scalzare i dem nella partita sui servizi.Lo speciale contiene due articoli. «Il Pd rischia la scissione»: parola di Dario Nardella, sindaco di Firenze, uno dei tanti candidati in pectore alle primarie dei dem in programma il 12 marzo prossimo, ma che ieri Enrico Letta ha accettato di anticipare, cedendo alle pressioni di chi ritiene che, di questo passo, tra quattro mesi del Pd resteranno solo macerie. Nardella non ha mai ufficializzato la sua candidatura, e sembra far parte di quella schiera di big e presunti tali del Pd che fanno circolare la voce di una possibile discesa in campo per vedere l’effetto che fa o, in alternativa, per poi fare il famigerato «passo di lato», sostenere uno dei candidati e ricevere in cambio una contropartita politica. «Se noi non troviamo», precisa Nardella, «una base comune di valori tra posizioni diverse che in questi anni si sono manifestate nel nostro partito, possiamo anche rischiare una scissione. Troppe volte ho sentito “se vince Tizio o Caio me ne vado”. Si può fare un congresso così? Questo mi preoccupa», aggiunge Nardella, «che nel vuoto di valori condivisi rischiamo di dividerci in una scissione alimentata dalle pressioni esterne». Dopo la scissione dai suoi elettori, dunque, il Pd rischia quella interna: del resto ormai l’anima moderata, quella che guarda al centro, e la corrente di sinistra, nostalgica dell’alleanza giallorossa con il M5s, sono già due entità politiche distinte e separate. Una frattura difficilmente rimarginabile, poiché riguarda temi di assoluta rilevanza, a partire dalla posizione sulla guerra in Ucraina. «Sul Pd», dice al Manifesto l’ex ministro del Lavoro, Andrea Orlando, leader della sinistra interna, «ci sono due opa ostili, da parte di M5s e terzo polo. E la risposta possibile è mettere a fuoco la posizione sulla guerra e chiarire la ricetta per rispondere alla crisi sociale». Orlando sa benissimo che il rischio che Conte prosciughi tutto l’elettorato di sinistra del Pd è concretissimo: «Sulla guerra», aggiunge Orlando, «non basta schierarsi in modo assertivo con l’Ucraina, occorre anche una proposta sul fronte politico-diplomatico. Sulla possibilità di un candidato della sinistra interna alla guida del Pd? Ci dovrà essere in campo una candidatura che espliciti questo punto di vista, è nell’interesse di tutto il Pd. Valuteremo insieme la proposta migliore». Un bel siluro, quello sganciato da Orlando nei confronti dei moderati di Base riformista, capitanati da Lorenzo Guerini, ex ministro della Difesa totalmente allineato sulla linea iper-bellicista che potrebbe garantirgli la guida del Copasir. Orlando potrebbe anche candidarsi in prima persona: fosse dipeso da lui, l’ex ministro del Lavoro, teorico della alleanza giallorossa, avrebbe siglato l’accordo con Giuseppe Conte già alle elezioni dello scorso 25 settembre, ma come tutti sappiamo Enrico Letta, pur di frenare il M5s, ha preferito suicidarsi politicamente, prima rincorrendo invano Carlo Calenda e poi andando coscientemente a schiantarsi contro una legge elettorale che premia chi riesce ad aggregare una coalizione. Orlando e Conte oggi a Roma saranno insieme alla presentazione del libro di Goffredo Bettini A sinistra. Da capo. La legge elettorale a turno unico è la stessa delle elezioni regionali che a breve si svolgeranno nel Lazio e nella Lombardia, dove pure il Pd si trova stretto nella morsa terzo polo-M5s. Per quel che riguarda il Lazio, ieri, poche ore dopo le dimissioni di Nicola Zingaretti, ha ufficializzato la sua candidatura l’ex assessore regionale alla Sanità, Alessio D’Amato, che ha l’ok del Pd, di Calenda e Renzi ma non quello di Conte. Ancora più problematica la situazione in Lombardia, dove il Pd non vuole allearsi con Calenda e Renzi a sostegno di Letizia Moratti e rischia di arrivare terzo. Il favorito alla successione di Enrico Letta, al momento, è il presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, che potrebbe trovarsi a sfidare la sua ex vicepresidente, Elly Schlein. «Una sfida Bonaccini-Schlein è improponibile, si giocherebbe tutta in una sola città, ma il tema è un altro: Bonaccini, che si sente già segretario, ha posizioni sull’autonomia differenziata che lo rendono indigeribile al Sud». Dunque, che succederà? «Succederà», aggiunge la nostra fonte, «che tutte queste chiacchiere inutili andranno avanti fino a quando la componente anti-Bonaccini non esprimerà un suo candidato. Componente che vede insieme Nicola Zingaretti, Vincenzo De Luca, Michele Emiliano, Francesco Boccia e i dirigenti locali della Calabria». Le voci che vorrebbero De Luca pronto a correre per la segreteria del Pd, notizia anticipata settimane fa dalla Verità, sono sempre più insistenti. Il rischio di una scissione è talmente concreto che ieri il Nazareno ha ufficialmente confermato che si va verso l’anticipazione del congresso: «Il segretario Enrico Letta», ha detto a questo proposito Monica Nardi, portavoce del leader dem, «è al lavoro per verificare le condizioni politiche e la fattibilità procedurale per anticipare il congresso, cercando un punto di caduta tra la necessità di fare un processo costituente e arrivare a una nuova leadership. Non saranno tempi brevi ma congrui». Immaginare di trascinare fino alla metà di marzo questa guerra interna è troppo anche per uno specialista di autogol come Letta, e le pressioni per fare in fretta arrivano ormai dalla stragrande maggioranza del partito. È probabile che la compressione dei tempi porti alla apertura dei gazebo a gennaio. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/scissione-pd-2658633551.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-piano-di-giuseppi-per-prendersi-il-copasir" data-post-id="2658633551" data-published-at="1668168072" data-use-pagination="False"> Il piano di Giuseppi per prendersi il Copasir Giuseppe Conte ha in testa, celata sotto il ciuffo, un’idea meravigliosa: il leader del M5s, a quanto apprende La Verità, sta lavorando per portare alla guida del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, che vigila sui servizi segreti, il neosenatore Roberto Scarpinato. È l’ex magistrato il vero candidato del M5s alla guida di una delle commissioni la cui guida spetta alle opposizioni: secondo fonti parlamentari molto ben informate, Conte avrebbe chiesto personalmente a un altro senatore pentastellato, Franco Castiello, di mettere da parte la sua ambizione a guidare l’importante organo parlamentare. Castiello, 80 anni, campano, ex giudice amministrativo, ha fatto parte nella scorsa legislatura del Copasir, e avrebbe tutte le carte in regola per proporsi come presidente: ha ben quattro lauree (giurisprudenza e scienze politiche all’Università di Napoli Federico II, sociologia e filosofia all’Università di Urbino), è stato primo avvocato della Banca d’Italia, consigliere del Tar, docente universitario di materie giuridiche e filosofiche e presso la Scuola superiore della pubblica amministrazione, ed è autore di numerosi volumi in materia giuridica. Lo scorso 25 settembre è stato rieletto in Senato pur non essendo stato candidato da Conte in una posizione favorevole. A Castiello non mancano dunque titoli e esperienza, ma Conte punta tutto su Scarpinato, il quale non vede l’ora di diventare presidente del Copasir per dedicarsi alla lettura degli atti riservati riguardanti le stragi avvenute in Italia. La scelta di Giuseppi avrebbe suscitato una profonda delusione in Castiello, che ieri non ha risposto ai nostri messaggi. In ogni caso, per Conte assicurare al M5s la guida del Copasir sarà impresa assai ardua: la poltrona è stata opzionata dall’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini, esponente del Pd e leader della corrente Base riformista, che garantirebbe la continuità assoluta con la linea ultra-atlantista del governo guidato da Mario Draghi. Una linea che Giorgia Meloni non vuole, ma soprattutto non può, assolutamente modificare: le sue assicurazioni in questo senso rivolte all’amministrazione americana già prima delle elezioni hanno garantito alla leader di Fdi la benevolenza di Washington, che almeno fino a questo momento non ha fatto mancare il suo sostegno al governo da lei guidato. È probabile che al momento della votazione del prossimo presidente del Copasir, Guerini potrà contare sui voti del centrodestra.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 12 settembre con Carlo Cambi
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?