2024-04-26
L’Usigrai sciopera contro il governo ma gli altri sindacati non ci stanno
L' ad della Rai Roberto Sergio (Ansa)
L’Unirai: «No alla mobilitazione politica». Intanto Edi Rama sfida «Report» in diretta.Il caso di presunta censura che ha riguardato Antonio Scurati, il Premio Strega che con Mario Draghi e sotto il regime del green pass si era mostrato molto più accondiscendente verso il potere, non smette di dare i suoi frutti per l’opposizione progressista. Oltre ad aver consentito la pubblicazione e la lettura del suo monologo in ogni angolo del Paese - testo in cui anche l’esimio scrittore si accoda agli innumerevoli attacchi verso Giorgia Meloni per non essersi detta antifascista -, ha anche restituito vigore alla retorica sull’occupazione della Rai da parte del governo. L’Usigrai, sindacato del servizio pubblico televisivo, ha annunciato uno sciopero per il 6 maggio. Tra i motivi principali della protesta, figura «il controllo asfissiante sul lavoro giornalistico, con il tentativo di ridurre la Rai a megafono del governo». Anche a livello sindacale, però, si ripropone quella situazione che l’area progressista non riesce proprio a mandare giù: non si canta più all’unisono. Gli esponenti della componente sindacale di Pluralismo e libertà, presente in Stampa romana e Fnsi, hanno preso le distanze dall’iniziativa. «Ancora una volta l’Usigrai strumentalizza i temi al centro del confronto tra sindacati e azienda per uno sciopero dall’evidente significato politico», si legge in una nota. «Peccato», continua, «perché così si sviliscono istanze reali che attraversano tutte le redazioni e impattano negativamente sul lavoro dei colleghi come le carenze di organico, la questione degli accorpamenti tra testate e la cosiddetta «fase 2 del giusto contratto», che consentirebbe a tanti giornalisti e giornaliste ora precari di accedere alle tutele del contratto giornalistico». «Per noi», conclude, «la strada maestra rimane quella del confronto, anche energico, con l’azienda e non quella di uno sciopero demagogico dal quale ovviamente ci dissociamo».Parole simili giungono anche da Unirai, il nuovo sindacato interno all’emittente pubblica, riconosciuto settimana scorsa da Viale Mazzini come significativamente rappresentativo dei giornalisti Rai. «Unirai ha deciso di non aderire allo sciopero del 6 maggio perché non vuole prestarsi alle varie operazioni esclusivamente politiche in atto intorno all’azienda», scrivono sul loro sito. «Siamo e saremo in prima linea per la stabilizzazione dei precari e per un giusto contratto per chi opera nei programmi», prosegue, «così come saremo vigili perché il nuovo accordo sul premio di risultato, oltre ad avvantaggiare l’azienda con il ricorso a strumenti a tassazione agevolata, non penalizzi nessuno dei giornalisti, indipendentemente dal reddito». «Tutte rivendicazioni serie», conclude, «come la richiesta di apertura delle trattative per il rinnovo del contratto integrativo, che uno sciopero evidentemente politico e strumentale rischia solo di svilire e depotenziare».Nel frattempo, proseguono anche le polemiche tra Edi Rama, il primo ministro albanese, e la redazione di Report. Dopo aver telefonato a Paolo Corsini, dirigente Rai, chiedendo chiarimenti circa l’inchiesta sull’accordo tra Roma e Tirana per il trasferimento dei migranti - in cui, secondo il premier albanese, sarebbero state dette alcune falsità sul conto del segretario della presidenza del consiglio albanese, Engjell Agaci - ora Rama, in un lungo post su X indirizzato al conduttore Sigfrido Ranucci, si dichiara «pronto a partecipare alla prossima puntata di Report», a patto di poterlo fare in diretta. «Non nascondo il timore che dopo averlo registrato in buona fede finisca poi nel tritacarne della vostra censura», scrive il primo ministro. Il testo, per la verità piuttosto duro, termina però con la speranza che il tutto si possa «concludere con un affettuoso abbraccio virtuale con in mezzo un mare tra i nostri punti di vista sul valore della libertà d’informazione, che, come lei ha giustamente detto, non ha prezzo».