2023-01-08
«Nature» sconcertata: dal 1945, è crollato il numero di ricerche «dirompenti». Per fare carriera negli atenei, è meglio evitare innovazioni radicali. Ma nonostante l’impoverimento intellettuale, gli esperti ripetono dogmi.«La scienza dirompente è in declino, e nessuno sa perché», titola l’autorevole rivista Nature. «Dirompente» è la traduzione - forse non del tutto soddisfacente - che abbiamo scelto dell’aggettivo disruptive. Provando ad articolare il concetto, per disruptive si intende qui qualcosa di sconvolgente, di rivoluzionario, di alternativo, capace di creare un «prima» e un «dopo», di mutare il corso delle cose anziché limitarsi a farlo lentamente avanzare nella direzione già esistente. Nature non si limita a enunciare la tesi, ma la sostanzia con un grafico e con un’analisi storica: negli ultimi decenni si è assistito da un lato a un’incredibile moltiplicazione numerica delle pubblicazioni scientifiche, ma dall’altro a un clamoroso crollo di quelle - appunto - disruptive, come invece accadeva ancora negli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso (la rivista cita ad esempio la rivoluzionaria intuizione della doppia elica del Dna nel 1953).L’analisi di Nature, a sua volta tributaria di un lavoro di ricerca dell’Università del Minnesota, arriva a fissare un indice, il cosiddetto Cd index, che dovrebbe misurare proprio la disruptiveness di un paper scientifico, cioè la sua attitudine a rivoluzionare le acquisizioni preesistenti. Ecco, questo indice sarebbe crollato di oltre il 90%, tra il 1945 e il 2010, per quel che riguarda le pubblicazioni di ricerca. E ciò avrebbe riguardato le materie e le discipline più diverse: scienze sociali, tecnologia, scienze fisiche, biomedicina. Di più: la diversa attitudine riguarderebbe non solo l’orientamento delle ricerche, ma perfino il lessico utilizzato: negli anni Cinquanta era più comune l’uso di verbi capaci di evocare i concetti di creazione o scoperta, come «produrre» o «determinare», mentre nel 2010 anche il linguaggio risultava più orientato semplicemente a un progresso incrementale («migliorare», «accrescere», eccetera).Nature - con saggezza - fa notare che non necessariamente la disruptiveness sia positiva, così come non necessariamente la incremental science debba essere considerata come qualcosa di rinunciatario: anzi, «l’ideale», si legge nell’articolo, «è un mix salutare di ricerca incrementale e di ricerca disruptive». Naturalmente, non tocca a noi spiegare come mai questo sia accaduto. E non saremo così presuntuosi da andare in corsia di sorpasso proprio dove Nature si ferma in corsia d’emergenza, concludendo di non avere certezze sulle cause di questo fenomeno. Tuttavia si possono azzardare tre osservazioni.La prima è più ottimistica. Proprio la mole e la qualità disruptive delle spettacolari acquisizioni scientifiche avvenute in passato non rende facile compiere oggi nuove acquisizioni altrettanto forti e di segno profondamente diverso o addirittura diametralmente opposto. Banalizzando, è estremamente difficile - in ogni campo - replicare la portata di un rovesciamento da una visione tolemaica a una copernicana, per capirci. La seconda osservazione è però assai più pessimistica. Forse a questa linea di prudentissima evoluzione, di approccio ultraconservativo - azzardiamo - può aver contribuito anche un forte grado di conformismo, specie in ambito accademico. Si può pretendere da tutti i giovani ricercatori l’atto di eroismo di andare controcorrente? Non è anche umanamente più facile muoversi su sentieri già tracciati e «sicuri»? Esempio: sarà più facile la carriera universitaria di un ricercatore che supporti le tesi maggioritarie in tema di climate change o invece quella di un suo collega che, per il solo distaccarsi dai sentieri più battuti, si veda subito scagliare addosso l’anatema e la scomunica come «negazionista climatico»? La sensazione è che in molti ambiti sia premiata più l’adesione a una tavola di valori generalmente accettata che non la propensione a nuotare controcorrente. Comunque la pensiate, si arriva a una terza osservazione. Se - a torto o a ragione - l’approccio scientifico oggi prevalente è improntato a un cautissimo gradualismo, a una prudenza - ci fa capire Nature - forse perfino eccessiva, perché poi così tanti scienziati, quando entrano in contatto con i media, anziché restituire la dimensione (in quel caso sana) del dubbio, delle approssimazioni successive, del confronto tra tesi, accettano invece di farsi presentare come dei Mosè appena discesi dal Sinai con le tavole della legge? Se ci pensate, una delle cose culturalmente più devastanti avvenute nel triennio Covid è stata la quantità di volte in cui, perfino con nonchalance, un conduttore televisivo, dando la parola al virologo di turno, lo introduceva dicendo: «E ora ascoltiamo la scienza». Ma come? Se nel girone di andata (in laboratorio e nell’accademia) prevale la prudenza, perché in quello di ritorno (in sede di comunicazione all’opinione pubblica) si sceglie il dogmatismo e la tassatività? C’entrano sicuramente il sensazionalismo mediatico e la polarizzazione. Ma se siete tentati di evocare soprattutto il possibile uso politico di una posizione scientifica, rischiate forse di immalinconirvi, ma pure di azzeccare la risposta.
Antonella Sberna (Totaleu)
Lo ha dichiarato la vicepresidente del Parlamento Ue Antonella Sberna, in un'intervista a margine dell'evento «Facing the Talent Gap, creating the conditions for every talent to shine», in occasione della Gender Equality Week svoltasi al Parlamento europeo di Bruxelles.
Ansa
Mirko Mussetti («Limes»): «Trump ha smosso le acque, ma lo status quo conviene a tutti».
Le parole del presidente statunitense su un possibile intervento militare in Nigeria in difesa dei cristiani perseguitati, convertiti a forza, rapiti e uccisi dai gruppi fondamentalisti islamici che agiscono nel Paese africano hanno riportato l’attenzione del mondo su un problema spesso dimenticato. Le persecuzioni dei cristiani In Nigeria e negli Stati del Sahel vanno avanti ormai da molti anni e, stando ai dati raccolti dall’Associazione Open Doors, tra ottobre 2023 e settembre 2024 sono stati uccisi 3.300 cristiani nelle province settentrionali e centrali nigeriane a causa della loro fede. Tra il 2011 e il 2021 ben 41.152 cristiani hanno perso la vita per motivi legati alla fede, in Africa centrale un cristiano ha una probabilità 6,5 volte maggiore di essere ucciso e 5,1 volte maggiore di essere rapito rispetto a un musulmano.
Donald Trump (Ansa)
Luci e ombre nel primo anniversario della rielezione alla Casa Bianca: promosso in Medio Oriente, rimandato sull’Ucraina. Borsa ai massimi ma «sopravvalutata». L’inflazione cresce e la Fed mantiene i tassi alti. Stallo record sulla legge di bilancio.
Gli elettori della Virginia chiamati a scegliere il nuovo governatore si sono espressi: «Trump you are fired! (sei licenziato, ndr). In uno stato però tendenzialmente blu, che nel 2024 aveva scelto Kamala Harris. E confermando il trend, ha optato per la democratica Spanberger. Sebbene il governatore uscente fosse repubblicano. Colpa dello shutdown a detta di molti. Cosa sia lo vedremo alla fine. E comunque negli ultimi 20 anni i democratici alla guida della Virginia sono stati scelti cinque volte su sette. Ma al netto delle elezioni in Virginia, e dando per scontato che la città di New York e lo Stato del New Jersey votassero democratico (per intendersi sono un po’ come Bologna e la Toscana per il Pd), a un anno esatto dalla sua rielezione alla Casa Bianca qual è il bilancio della seconda presidenza Trump?






