2024-03-24
Elly Schlein ripete le solite bufale sui tagli alla sanità colpa del premier
È stata la sinistra, per obbedire ai diktat europei, a falcidiare il settore pubblico.«La prima grande questione per noi è la sanità pubblica, quella sanità che il governo di Giorgia Meloni sta tagliando. Lo fanno consapevolmente, lo fanno perché vogliono una sanità in cui chi è ricco può saltare la fila e andare dal privato, e intanto le persone che non hanno le risorse stanno rinunciando a curarsi». Queste le dichiarazioni di ieri del segretaria del Pd Elly Schlein, alla quarta tappa del Forum Europa, in corso di svolgimento a Legnago (Verona). Affermazioni sorprendenti, considerato che è almeno dal 2011 che la sanità è soggetta a tagli selvaggi, che hanno causato i disagi che conosciamo.Nel decennio 2011-2020 la spesa per la sanità pubblica in termini reali (cioè al netto dell’inflazione) è calata drasticamente. Chiusi ospedali e pronto soccorso, meno posti letto, meno medici di base, meno medici ospedalieri, meno infermieri, accorpamenti e soppressioni di Asl. Come dimenticare i proclami di certi presidenti di Regione che inneggiavano alle chiusure degli ospedali perché «pericolosi»?La lettera di Mario Draghi e Jean-Claude Trichet da Francoforte nel 2011 reclamava privatizzazioni a tappeto, immediati tagli alla spesa pubblica e persino riduzioni di stipendi per i dipendenti pubblici. Un’agenda che i vari governi di sinistra hanno poi pedissequamente seguito. I maggiori tagli annuali nel comparto della sanità pubblica furono nel 2013, 2014 e 2015, governi di Enrico Letta e Matteo Renzi, i quali complessivamente tagliarono quasi 25 miliardi di spesa in tre anni.Qualcuno forse ha dimenticato l’opera del commissario alla Revisione della spesa Yoram Gutgeld e del ministro della sanità Beatrice Lorenzin, nell’allora governo Renzi. Senza dimenticare che il tetto alla spesa per il personale nella sanità pubblica è stato adottato da Romano Prodi nel 2006, governo Prodi II, non certo dall’attuale governo.Accusare la destra di ciò che ha fatto la sinistra è tipico dello strabismo propagandistico che la sinistra stessa è costretta ad adottare da quando ha abbandonato i lavoratori a loro stessi. L’Europa che vogliamo era il titolo dell’incontro di Legnago da cui la Schlein ha parlato. È proprio l’Europa il paravento che la sinistra utilizza per legittimare sé stessa. Anziché difendere il potere di acquisto di salari, stipendi e pensioni, la maggiore preoccupazione della sinistra in questi anni è stata quella di comprimere la spesa pubblica, ovvero fare esattamente il contrario di quanto la sua ragione sociale dovrebbe ispirare. Peraltro, i tagli alla spesa provocano povertà e la povertà fa aumentare la spesa sanitaria, ma si suppone che l’effetto backfire sia troppo complesso per i tagliatori professionisti.È in ossequio ai diktat di Bruxelles che la sinistra ha falcidiato negli anni la spesa pubblica, quella sanitaria in particolare. Appellarsi a Bruxelles serve a scaricare su altri la colpa delle malefatte compiute. Ricorda molto la truce difesa degli aguzzini: «Eseguivamo gli ordini». Al di là del merito, accusare un governo di destra di comportarsi da governo di destra, in fondo, non ha neppure molto senso. Soprattutto perché la destra ha ancora una salda maggioranza in questo Paese. Semmai, colpisce che il classismo di cui si accusa il governo Meloni sia in realtà diventato l’humus in cui cresce e si sviluppa quel sussiegoso disprezzo per il popolo che emerge da sinistra a ogni elezione che perde. E non solo. Un perfetto esempio di ciò è un magnifico titolo di Repubblica del 2017, che commentando il rapporto Osservasalute di quell’anno sanciva: «In Italia quasi 24 milioni di malati cronici: un peso per il Servizio sanitario nazionale». Un titolo a metà tra lo scandalizzato e l’eugenetico, per cui questi benedetti malati, insomma, dovrebbero fare il piacere di guarire velocemente o di levarsi di mezzo.I numeri dei tagli alla sanità dal 2011 sono fatti, non fantasia. Il governo non ha certo bisogno di difensori, ma a quanto pare la storia sì.
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