
Polemiche surreali sulla scelta dei componenti al Nitag, il gruppo che si occuperà di strategie di immunizzazione. Non solo talebani della siringa, e l’opposizione insorge.La situazione West Nile in Italia non è un’emergenza, non lo è mai stata. I titoli allarmanti di questi giorni non raccontano la realtà dei fatti, ma in tempi di post verità è necessario ribadirlo. La situazione «è sotto controllo, costantemente monitorata e in linea con gli anni precedenti», ha assicurato il ministro della Salute Orazio Schillaci, nell’informativa sulle misure di prevenzione e di contrasto della diffusione del virus, davanti alla commissione Affari sociali del Senato. In Italia, i dati dell’Istituto superiore di sanità, hanno registrato «145 casi confermati di infezione da West Nile nell’uomo» e 13 decessi.«Nel 2018, anno con un inizio stagionale precoce», ha ricordato il ministro, «sono stati registrati sulla piattaforma nazionale 618 casi e 49 decessi. Nel 2022, 728 casi confermati e 51 decessi». Ma «non ricordo allarmi mediatici nel 2018 e nel 2022, nonostante a oggi siano gli anni con il numero più alto di contagi e purtroppo anche di decessi», ha osservato con una punta di sarcasmo.Come ha ricordato Schillaci, «a partire dal 2008», il virus West Nile «si è progressivamente diffuso stabilizzandosi nel tempo. Dal 2018 in poi si osserva una presenza costante durante la stagione estiva, con casi sia nell’uomo che negli animali», in particolare «nelle aree pianeggianti e umide dove la proliferazione delle zanzare», che lo trasmettono «è più intensa». Quest’anno, spiccano i cluster di casi autoctoni nel Centro Italia, ma l’infezione, nell’80% delle persone infette è praticamente «asintomatica, una persona su 5 può manifestare febbre e sintomi lievi, mentre una infetta su 150 può sviluppare una malattia grave con encefalite e meningite. La mortalità associata a queste forme gravi rimane rara», ha evidenziato Schillaci. «Studi internazionali indicano un tasso di mortalità inferiore al 10% dei pazienti con manifestazioni neuro-invasive, con rischio più elevato nelle persone anziane o immunocompromesse».È invece polemica sulle nomine del Gruppo tecnico consultivo nazionale sulle vaccinazioni (Nitag), cioè gli esperti che dovrebbero supportare le scelte della politica in tema di vaccinazioni in Italia. A presiedere il gruppo di 22 esperti che arrivano da ambiti istituzionali, accademici e scientifici sarà Roberto Parrella, presidente della Simit (Società italiana di malattie infettive e tropicali). Compito del Nitag, si legge nel decreto del ministero presieduto da Schillaci, è «la stesura di una proposta di Piano nazionale triennale di vaccinazione, tenendo conto anche degli effetti della pandemia di Covid-19». A scatenare la polemica sono i nomi di alcuni nuovi componenti. Chiede su X l’infettivologo Matteo Bassetti: «Siamo sicuri che tutti gli esperti nominati siano a favore delle politiche vaccinali e abbiano un adeguato background?». Per la politica, se per la deputata Alice Buonguerrieri, capogruppo di Fratelli d’Italia, il Nitag nominato da Schillaci è composto da esperti «di tutto rispetto e noi lo sosteniamo nelle sue scelte», per Davide Faraone, vicepresidente di Italia Viva, «le scelte del ministro Schillaci superano l’immaginazione». Perché? «Ci ha piazzato due ultrà no-vax come Eugenio Serravalle e Paolo Bellavite». Per Faraone, che anni fa ha ammesso, pentito, di aver fatto curare la figlia disabile «a maghi e stregoni», Serravalle «si è spinto a collegare i vaccini alla possibilità di morire nella culla. Il secondo si distinse durante il Covid per gli interventi televisivi in cui metteva in risalto i rischi a cui sarebbe andato incontro chi si vaccinava», preferendo l’omeopatia.
Sora Lella (Ansa)
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