2019-01-15
Sberla per i Forza recessione: tutta l’Ue è ko
I dati di Eurostat sulla produzione industriale confermano che l'area è in sofferenza (- 1,7%) e che il risultato peggiore lo porta a casa l'Irlanda. L'Italia, data come malata terminale, fa meglio di molti Paesi e perfino della Germania, che segna un forte calo.Mesi e mesi a parlare dell'Italia come il malato d'Europa, e invece il virus della recessione silenziosamente incubava in giro per tutto il continente. Come ricorderanno i nostri lettori, la lunga ed estenuante trattativa con Bruxelles si basava sull'assunto che le stime di crescita diffuse dal nostro governo per gli anni a venire fossero eccessivamente ottimistiche. Da qui, il lungo balletto a colpi di centesimi di punto di Pil per trovare, infine, la quadra sulla legge di bilancio. Ma, come dicevamo, mentre si spargevano fiumi d'inchiostro sulla decisione da parte dell'Italia di varare una manovra espansiva, gli altri Paesi covavano in segreto il morbo. A certificare l'incombente patologia è intervenuto nientemeno che l'Eurostat. L'ufficio di statistica europeo nella giornata di ieri ha diffuso i dati relativi alla produzione industriale dell'intera Unione europea. Le cifre non lasciano scampo a interpretazioni alternative: nel mese di novembre l'indice che riguarda l'Ue a 28 è calato rispetto a ottobre dell'1,3%, mentre quello dell'eurozona ha fatto segnare un risultato ancor meno rassicurante, attestandosi a -1,7%. Sorpresa: l'Italia non è la peggiore della classe, tutt'altro. Mettendo in fila i Paesi dell'Unione, il risultato peggiore lo porta a casa l'Irlanda (-7,5%), seguita dal Portogallo (-2,5%), dalla Lituania e, udite udite, dalla Germania (1,9%). Comunque negativo, ma in misura inferiore, il dato che riguarda il nostro Paese (-1,6%), che si dimostra perciò inferiore alla media dell'area euro. Vanno giù anche Francia (-1,3%), Spagna (-1,6%), mentre registra un risultato positivo la Grecia (+3,1%). Entrando nel dettaglio, è interessante notare come il calo abbia riguardato tutti i settori, anche se le aree più colpite riguardano i beni strumentali (-2,3%) e i beni durevoli (-1,7%). Preoccupa ancora di più il dato tendenziale, ovvero quello che si riferisce allo stesso mese dell'anno precedente. L'Ue fa registrare uno sconsolante -2,2%, mentre l'eurozona fa ancora peggio, chiudendo a -3,3%. Berlino in questo caso fa ancora peggio, con un calo del 5,1%, seconda in termini negativo solo rispetto all'Irlanda (-9,1%). Roma rallenta, ma anche in questo caso a un ritmo inferiore (-2,6%) rispetto al resto dell'eurozona. Sullo sfondo la conferenza stampa, prevista per oggi, nella quale verranno resi noti i primi dati sull'andamento del Pil della Germania nel quarto trimestre 2018. Qualora anche gli ultimi tre mesi dell'anno passato dovessero far segnare un calo, l'ufficio tedesco di statistica potrebbe sancire ufficialmente l'ingresso del Paese in recessione tecnica. Un passaggio per il quale manca solo l'ufficialità da parte di Destatis, dal momento che gli addetti ai lavori lo danno pressoché per scontato. Secondo un rapporto Bank of America Merrill Lynch diffuso in questi giorni, la strada per la Germania è tracciata. Per gli analisti, il quarto trimestre dovrebbe chiudersi a -0,1%, confermando la tendenza anticipata dal risultato negativo del terzo quarto dell'anno (-0,2%). Nonostante lo spostamento di pochi decimali non comporti necessariamente gravi ricadute sull'economia reale, gli autori del report fanno notare che a un calo della manifattura superiore all'1,5% ha fatto seguito una riduzione significativa del Pil ben otto volte su dieci. Una delle cause di questa frenata, ha spiegato qualche giorno fa su Twitter il professor Ashoka Mody, è da imputare al rallentamento degli scambi commerciali su scala globale. Tanto per dare un'idea di quanto l'economia di Berlino dipenda dal commercio estero, secondo i calcoli di Deutsche Bank un calo del 2% della domanda interna in Cina provoca un impatto negativo sul Pil tedesco pari allo 0,2%. Ma i segnali preoccupanti non arrivano solo dalla Germania. Secondo l'ultimo Eurozone economic outlook, pubblicato congiuntamente dalla tedesca Ifo, dalla svizzera Kof e dall'Istat, «l'attuale scenario di previsione è caratterizzato da possibili revisioni al ribasso a causa delle incertezze legate a fattori globali sia economici sia politici». Basti pensare alla protesta dei gilet gialli, e alle inevitabili ricadute sia sulla produzione industriale che sul prodotto interno lordo. I rischi per le previsioni dell'economia dell'area euro hanno un orientamento negativo. «Le incertezze legate a fattori politici come la Brexit, le dispute sui dazi commerciali, la vulnerabilità nei mercati emergenti e volatilità dei mercati finanziari minacciano le prospettive economiche e finanziarie per il 2019», si legge nel rapporto Ifo-Kof-Istat, «in questo scenario l'impatto della normalizzazione della politica monetaria negli Stati Uniti sull'economia mondiale è ancora difficile da stimare». Considerazioni che riportano nella giusta scala le critiche all'esecutivo gialloblù, accusato di condurre nel baratro il Paese e di rappresentare un pericolo per l'intera Europa. Senza dimenticare che, con l'aria che tira in Germania e in Francia, è verosimile che l'unico governo che rischia di rimanere in sella sia proprio quello italiano.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)