2018-07-21
Savona finisce tra gli ex banchieri sotto inchiesta per i tassi da usura
L'indagine è sul ruolo del ministro agli Affari europei in Banca di Roma. Con lui anche Alessandro Profumo, già toccato da accuse simili.Tre le 22 persone indagate a Campobasso per usura bancaria dal pm Rossana Venditti, c'è un nome che spicca più di altri. È quello del ministro degli Affari Europei, Paolo Savona. Il professore, ai tempi dei fatti contestati, era tra i top manager di Unicredit, dove era arrivato a seguito della fusione con Capitalia, di cui era stato prima vicepresidente, per poi presiedere la Banca di Roma. L'inchiesta parte dalle accuse di una società, la Engineering srl, presunta vittima di usura. L'azienda fa capo ai fratelli Pietro ed Angelo Santoro, quest'ultimo ex presidente dell'Acem Molise e vice presidente dell'Associazione nazionale imprese edili manifatturiere. Si tratta di un gruppo che in passato ha realizzato diversi impianti ad energia eolica in Molise, Puglia e Basilicata. Nel 2017 l'avvocato Luigi Iosa ha denunciato l'istituto bancario come atto dovuto «in quanto la Cassazione penale impone di indagare i vertici della banche per via del loro ruolo di controllo e garanzia».Il nome del ministro emerge dall'atto della Procura di Campobasso relativo alla richiesta di proroga dei termini di durata delle indagini preliminari. Fonti vicine al ministro fanno notare che, all'epoca dei fatti, Savona non aveva alcuna responsabilità sui tassi d'interesse, ritenuti dalla Engineering troppo elevati e per questo oggetto del contendere.In realtà il nome di Savona non è l'unico tra i notabili del mondo finanziario che hanno avuto un passato in Banca di Roma e che per questo sono stati accusati. Insieme all'attuale ministro, nel faldone della procura di Campobasso ci sono Alessandro Profumo, ora alla guida di Leonardo (ex Finmeccanica, ma con un passato in Mps dove è stato indagato per un reato simile) e Fabio Gallia, oggi amministratore delegato in Cassa depositi e prestiti. Non finisce qui: tra gli altri nomi, ci sono quelli di Aristide Canosani (oggi primo cittadino di Ravenna), Franco Bellei (ora ai vertici della Cassa di risparmio di Modena), Alessandro Cataldo, Giovanni Chelo, Antonio Ciarallo, Giuseppe D'Onofrio, Cesare Farsetti, Paolo Fiorentino (oggi ad di Carige), Federico Ghizzoni (ex numero uno di Unicredit), Luca Majocchi, Edoardo Massaglia, Roberto Nicastro (anche lui a vertici dell'istituto di Piazza Gae Aulenti), Dieter Rampl (ex presidente Unicredit), Francesco Antonio Ricci, Rosario Spatafora, Nicolangelo Testa, Adolfo Toti e Giuseppe Vita (ex presidente Unicredit).Non c'è che dire, un parterre delle grandi occasioni: tutti però indagati come ex vertici del gruppo Capitalia. Che non sia un filone tra i più facili - e che dunque richieda indagini lunghe - lo testimonia il gran numero di banchieri che spesso e volentieri vengono indagati, il più delle volte però senza essere poi riconosciuti colpevoli. Il caso più simile a quello del ministro Savona è quello di Alessandro Profumo. Il banchiere è stato messo sotto accusa insieme all'ex presidente di Mps, Giuseppe Mussari. Entrambi sono stati rinviati a giudizio a Salerno per aver imposto a un imprenditore un tasso di interesse superiore al consentito.Ma la lista di banchieri indagati è lunga. Fabrizio Viola (ad di Mps e poi della Popolare di Vicenza) insieme a Profumo è stato rinviato a giudizio per aggiotaggio e falso in bilancio, reati che avrebbero commesso quando lavoravano per il gruppo senese. L'ad di Unicredit, Federico Ghizzoni e Profumo (entrambi indagati con Savona) erano stati accusati di aver fatto fallire una società chiamata Divania attraverso la sottoscrizione di alcuni derivati. Nell'ambito del gruppo Ubi, invece, Giovanni Bazoli (oggi presidente emerito di Intesa Sanpaolo), Victor Massiah, ad di Ubi e Emilio Zanetti (ex presidente del gruppo bergamasco) sono stati rinviati a giudizio con accuse di ostacolo alle autorità di vigilanza e influenza illecita sulle decisioni dell'assemblea della banca.Non sono riusciti a evitare accuse nemmeno Corrado Passera e Enrico Cucchiani, entrambi in passato ad di Intesa Sanpaolo. Cucchiani era stato chiamato in causa per delle indagini relative all'inchiesta sullo spionaggio alla J-Invest, società specializzata nell'acquisto di crediti provenienti da fallimenti e liquidazioni. Il fatto finì poi in una bolla di sapone. Passera finì imputato invece insieme a Bazoli all'interno delle indagini legati alla negoziazione di prodotti derivati di tipo «swap» ritenuti truffaldini.Anche Luigi Abete, attuale presidente di Bnl, nel 2014 venne indagato per concorso in truffa per aver predeterminato le condizioni per la negoziazione di contratti derivati ritenuti poco limpidi. Che dire, poi, dei procedimenti legati a Veneto Banca e alla Popolari di Vicenza. Gianni Zonin, presidente del gruppo vicentino dal 1996 al 2015, al momento è indagato per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza con l'ex direttore generale Samuele Sorato e l'ex vice direttore Emanuele Giustini. Anche Vincenzo Consoli, ad di Veneto Banca, ha avuto problemi giudiziari simili a quello di Zonin.Infine, nella lista, bisogna includere anche Giampietro Nattino. Il presidente di Banca Finnat, considerata vicina al mondo cattolico, avrebbe usato lo schermo dell'Apsa, l'ente che amministra i beni del Vaticano, per operare in maniera occulta in Borsa. Nella maggior parte dei casi, tutte queste indagini sono finite in niente. Spesso tutti questi nomi vengono accusati solo perché ricoprono ruoli apicali all'interno di istituti bancari. In realtà, spesso (non sempre), non si sono mai occupati delle questioni per cui vengono accusati.
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