2025-08-19
La morsa dell’Occidente sull’India rischia di fare un assist a Pechino
Il premier indiano Narendra Modi (Ansa)
Le sanzioni di Usa e Bruxelles possono rilanciare l’asse dei Brics. Centrale l’energia.La partita ucraina si gioca in Europa e tuttavia coinvolge Paesi che stanno a ben altre latitudini. L’India diventa l’arbitro inatteso del confronto tra Russia e Occidente, con Washington che alza i dazi e Bruxelles che gioca la carta delle sanzioni. Ma Nuova Delhi non ama ricevere ordini e, messa alle strette, seppur riluttante, potrebbe stringere ancora di più i legami con Mosca e Pechino. Il gioco occidentale è rischioso: la pressione rischia di trasformarsi in un favore ai Brics.Le guerre del XXI secolo non si combattono solo con carri armati e droni, ma anche con listini doganali e sanzioni finanziarie. E la Casa Bianca, sotto la regia di Donald Trump, ha deciso di usare l’arma più antica del commercio: i dazi. Washington ha colpito i prodotti indiani con una tariffa del 25% a valere dal prossimo dal 27 agosto, minacciando un incremento al 50% se il governo di Narendra Modi non ridurrà i suoi acquisti di petrolio russo. Il messaggio è netto: l’India non può continuare a fungere da hub energetico di Mosca, raffinando il greggio scontato del Cremlino e rivendendolo all’Occidente con altre etichette. Peter Navarro, consigliere commerciale della Casa Bianca, lo ha spiegato ieri sul Financial Times con brutale chiarezza: chi vuole essere partner degli Stati Uniti non può anche fare l’intermediario di Vladimir Putin.Mentre si tengono i colloqui sul futuro dell’Ucraina, con mezza Europa in processione da Trump, resta una certezza: la pace non si gioca solo ai tavoli negoziali, ma anche sul piano delle pressioni sull’economia russa. I dazi sull’India sono parte di questa pressione indiretta, un tentativo di legare la diplomazia militare a quella commerciale.L’arma doganale, però, pur efficace, non è priva di controindicazioni. La strategia delle aziende «China + 1» - lo spostamento di produzioni dal Dragone all’India - rischia di subire un brusco arresto. Se su Nuova Delhi incombe lo spettro di dazi al 50%, molte aziende valuteranno se valga davvero la pena lasciare la Cina per imbarcarsi in un’incertezza normativa. In fondo, dal negoziato commerciale in corso con Washington non è detto che la Cina debba uscire con le ossa rotte. Così, il tentativo di indebolire Pechino potrebbe paradossalmente rafforzarla. Anche Bruxelles ha alzato la posta. L’Unione europea ha inserito nella lista delle sanzioni la Nayara energy, raffineria indiana da 400.000 barili al giorno controllata da compagnie russe. Risultato: limitazioni all’export verso l’Europa, difficoltà nell’accesso al credito e l’impianto di Vadinar costretto a ridurre la capacità al 70%. Navi e fornitori occidentali si tengono alla larga, e a farne le spese non è solo Mosca ma anche la sicurezza energetica dell’India.La reazione del governo Modi è stata netta: «Non ci adeguiamo a sanzioni unilaterali». Se l’Occidente insiste a stringere la morsa, il rischio è di ottenere l’effetto opposto: spingere l’India a rinsaldare i legami con Russia e Cina. Il progetto Brics, che zoppica parecchio ultimamente, potrebbe trovare nuova linfa proprio grazie alle pressioni americane ed europee. Difficile che India e Cina si sciolgano in un fraterno abbraccio, è vero. Ma l’obiettivo di Trump resta chiaro: isolare Pechino, tagliare le vie di Mosca e usare l’India come perno strategico di un nuovo equilibrio, considerata anche la questione Taiwan.Ancora una volta, il fronte energetico si conferma il terreno decisivo della contesa. Se la guerra in Ucraina avrà una via diplomatica d’uscita, questa passerà non solo dai tavoli negoziali, ma anche dalla capacità di trasformare sanzioni e dazi in strumenti di pressione calibrata. Per ora, il rischio è che diventino boomerang. E chissà che a forza di brandire il bastone, Washington non scopra che l’India non è affatto una docile mucca da condurre al pascolo, ma piuttosto un elefante che, se infastidito, ha l’abitudine di mettersi a correre dove vuole.
Ernesto Lupo, presidente emerito della Cassazione (Ansa)
Alberto Stefani, eletto presidente del Veneto (Ansa)
Ignazio La Russa (Imagoeconomica)