2023-05-27
I «santini» di sinistra si epurano da soli e poi fanno le vittime
Nicola Lagioia (Imagoeconomica)
Nicola Lagioia e Paolo Giordano (ma non solo) incarnano alla perfezione la dottrina progressista: piangendo si ottiene sempre qualcosa.No, non gli basta più neanche il 90%. Vogliono tutto. Non è ammessa altra ipotesi se non un controllo letteralmente totale (stavo per scrivere: totalitario) del «giocattolo». «Giocattolo» che - beninteso - deve comunque essere lautamente pagato dai contribuenti affinché loro possono esprimersi e divertirsi.È la nuova moda degli intellettuali di sinistra, un po’ nobili decaduti, un po’ lottizzati con annessa amnesia: ma soprattutto - adesso - implacabili nel negare la possibilità stessa della convivenza con altri e con altro. Curioso fenomeno: hanno passato i migliori anni della loro vita a predicare «tolleranza» e «diversità», ma, non appena gli capita accanto un pensiero differente, non resistono alla tentazione di eliminarlo. O perfino di eliminarsi (temporaneamente, si capisce) pur di non non rimanere contaminati.Uno che li conosceva bene - e dunque li detestava - come Marco Pannella amava prendersi gioco di loro, aggiungendo una «correzione», un «emendamento», alla ben nota frase solitamente attribuita a Voltaire: «Signore, non condivido la sua idea ma sono pronto a dare la vita affinché lei possa esprimerla». Oppure (variante): «Signore, non condivido la sua idea ma sono pronto a combattere fino alla morte affinché lei possa esprimerla». Ecco, un sarcastico Pannella - riferendosi agli intellettuali comunisti più o meno organici - aggiungeva sempre (nel primo caso) un perfido «ma non è chiaro la vita di chi», e (nel secondo) un ancora più feroce «ma non è chiaro la morte di chi». Come a suggerire che l’intellettuale comunista avrebbe più facilmente sacrificato la vita degli altri che non la propria.Il caso di Lucia Annunziata è addirittura spettacolare. La politica e i suoi indirizzi le andavano bene -intuiamo - quando si trattava di conferire a lei direzioni di testata, presidenza dell’azienda, conduzione di programmi. Ma se la medesima macchina - oggi - si mette in moto per garantire spazi anche ad altri, allora no, la cosa diventa intollerabile: «Non condivido le modalità dell’intervento del governo», ha scritto lei stessa, mentre Repubblica -con sprezzo del ridicolo - le ha attribuito un tassativo «Non rimango qui da prigioniero politico». Quindi anche un minimo riequilibrio dei palinsesti e della programmazione è una specie di offesa insuperabile, perché non c’è collaborazione né convivenza né coesistenza possibile con entità nemiche.A pensarci bene, è la stessa sindrome manifestata dallo scrittore Paolo Giordano qualche settimana fa, quando si faceva il suo nome per la guida del Salone del Libro di Torino al posto di Nicola Lagioia. La cosa è stata eloquentemente raccontata dal politologo Alessandro Campi: in estrema sintesi, il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano aveva osato suggerire uno schema in cui - in un board composto da 19 persone e guidato da Giordano - potessero trovare posto tre nomi di cultura non comunista o comunque non di sinistra, e cioè Campi stesso, Giordano Bruno Guerri e Pietrangelo Buttafuoco. Apriti cielo: Giordano ha gridato all’«ingerenza» e ha aggiunto che «non ci sarebbe stata una piena libertà» nella gestione come direttore. Vale la pena di citare l’ironico post su Facebook con cui Campi, signorilmente più divertito che indignato, si è paradossalmente scusato con Giordano: «Debbo delle pubbliche scuse allo scrittore Paolo Giordano. Il suo sofferto ed eclatante ritiro dalla corsa per la direzione del Salone del Libro di Torino è anche (forse soprattutto) colpa mia. Nonché di Giordano Bruno Guerri e Pietrangelo Buttafuoco». Quella di Sangiuliano era solo una proposta, non un’imposizione. «Ma», chiosa Campi, «vissuta dal Nostro come un’ingerenza politica intollerabile e inaudita. Come un attacco della destra all’autonomia della cultura: autonomia che Giordano, con noi tre fra i piedi, non avrebbe potuto evidentemente garantire. Come un’offesa, diciamola tutta, alla cultura nella sua accezione più alta e nobile». Conclusione del politologo: «Davvero parlare di libri ed editoria (anche) con me, Pietrangelo e Giordano sarebbe stato per lui non ho ben capito se più umiliante, inutile o offensivo?» A ben vedere, dev’essere stato lo stesso meccanismo che - più o meno consapevolmente - ha indotto anche il direttore uscente del Salone, Nicola Lagioia, a non sbracciarsi - diciamo così - per garantire che una ospite della manifestazione, il ministro Eugenia Roccella, potesse presentare il suo libro in condizioni minimamente civili. Ne è sorto il dibattito che ricordate, in cui alcuni finti tonti (e qualche tonto vero) hanno confuso il diritto a contestare con il diritto ad impedire a qualcun altro di esprimersi. E Lagioia? Anziché scusarsi, il giorno stesso ha piagnucolato per un «Vergogna!» gridatogli dalla deputata Fdi Augusta Montaruli. E il giorno dopo è corso da Lilli Gruber a denunciare un rischio di «deriva autoritaria». La cosa tragicomica è che la neodirettrice Annalena Benini si è affrettata a far sapere che lei, in una circostanza simile, si sarebbe comportata proprio come Lagioia.L’aria che tira è questa, insomma. Ed è lo stesso processo mentale per cui chi abbia opinioni diverse sull’«emergenza climatica» - ci spiegano Roberto Saviano e Mario Tozzi - non deve essere invitato dalle trasmissioni, non deve beneficiare di un contraddittorio televisivo. Vogliono tutto, i «tolleranti». Altrimenti non giocano, anzi spiegano che il gioco è truccato.
Nel riquadro la prima pagina della bozza notarile, datata 14 novembre 2000, dell’atto con cui Gianni Agnelli (nella foto insieme al figlio Edoardo in una foto d'archivio Ansa) cedeva in nuda proprietà il 25% della cassaforte del gruppo
Papa Leone XIV (Ansa)
«Ciò richiede impegno nel promuovere scelte a vari livelli in favore della famiglia, sostenendone gli sforzi, promuovendone i valori, tutelandone i bisogni e i diritti», ha detto Papa Leone nel suo discorso al Quirinale davanti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Padre, madre, figlio, figlia, nonno, nonna sono, nella tradizione italiana, parole che esprimono e suscitano sentimenti di amore, rispetto e dedizione, a volte eroica, al bene della comunità domestica e dunque a quello di tutta la società. In particolare, vorrei sottolineare l'importanza di garantire a tutte le famiglie - è l'appello del Papa - il sostegno indispensabile di un lavoro dignitoso, in condizioni eque e con attenzione alle esigenze legate alla maternità e alla paternità».
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