2022-12-05
Santificavano le Ong, ora ignorano le prove del legame con gli scafisti
Nessun commento da sinistra su quanto documentato dal sommergibile Pietro Venuti.Molto spesso - anzi quasi sempre, a dire il vero - la realtà smentisce l’ideologia. Ma per i numerosi sostenitori del mondo artificiale in circolazione dalle nostre parti ciò non rappresenta un problema: quando i fatti li contraddicono, basta ignorarli. Ed è esattamente quello che è avvenuto nella assurda vicenda delle Ong, i taxisti del mare che negli ultimi anni sono stati presentati dai progressisti italiani come la quintessenza del Bene.Le navi cosiddette umanitarie che si dedicano al recupero dei migranti nei pressi della Libia sono state oggetto di una micidiale campagna agiografica. La maggior parte dei media le ha raccontate come se fossero imbarcazioni benedette da Dio e da Egli deputate a redimere l’umanità corrotta e razzista. Conduttori di talk show e editorialisti moraleggianti le hanno elevate a feticcio: criticarle non si poteva, notarne i lati oscuri era proibito. Le Ong sono il bene, si è detto, e chi non le incensa è malvagio, non è un essere umano. Persino quando emergevano inchieste (vedi quella che ha toccato Luca Casarini e Mediterranea) in cui gli attivisti marittimi non facevano esattamente la figura dei buoni samaritani, la narrazione prevalente non mutava. In quel caso, si diceva che le varie organizzazioni operanti nel Mediterraneo colmavano un vuoto lasciato dalle istituzioni, che in fondo erano responsabili soltanto di una minima parte dei soccorsi, che facevano tutto in buona anzi ottima fede. Di nuovo, le contestazioni non erano ammesse. In compenso, maestri del pensiero come Roberto Saviano si arrogavano il diritto di dare dei «bastardi» a Matteo Salvini e Giorgia Meloni, colpevoli appunto di essersi opposti alla retorica dei santoni del mare. E quando gli interessati hanno risposto per via tribunalizia, la grande stampa internazionale si è scatenata a difesa di Saviano, povera stella, indicato come vittima della censura fascista. A tutti invece è parso normale che un ex ministro della Repubblica, lo stesso Salvini, sia finito a processo proprio per aver tentato di bloccare l’azione delle Ong, come se difendere i confini fosse un crimine contro l’umanità. Ed è nell’ambito di quel processo che sono emerse alcune carte clamorose, del cui contenuto ha dato conto ieri il nostro Fabio Amendolara. In estrema sintesi è accaduto questo: il comando in capo della squadra navale militare della Marina nel 2019 ha prodotto una relazione relativa ai fatti avvenuti il primo agosto al largo della Libia. In quel testo - che presenta informazioni ricevute dal sommergibile Pietro Venuti, da un drone della missione europea Sophia e da intercettazioni radio - si mostra come la Open Arms che si aggirava in acque mediterranee abbia improvvisamente cambiato rotta per dirigersi verso un barcone carico di stranieri. Due ulteriori dettagli: il cambio di rotta è avvenuto dopo un contatto radiofonico con una fonte non identificata, e il suddetto barcone (a differenza di quanto affermato dagli attivisti) non stava affondando. Insomma, la Ong sarebbe stata informata da qualcuno della presenza del barcone in un punto preciso al largo della Libia, il che fa supporre l’esistenza di una rete di contatti per lo meno sospetta. In ogni caso, è difficile affermare che quel recupero non abbia giovato ai trafficanti di uomini. Ebbene, la relazione della Marina è stata inviata a nove - dicasi nove - Procure, ma nessuna ha ritenuto di considerarla. E ovviamente non è stata inserita nel fascicolo del processo a Salvini, il quale ora richiede giustamente l’intervento del ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Di tutto questo veniamo a sapere a tre anni e mezzo di distanza dai fatti, tramite la difesa del capo leghista. Non solo: ieri la gran parte dei media «buoni e giusti», quelli per dire che danno spazio alle intemerate di Saviano, hanno nascosto la notizia o l’hanno del tutto ignorata. Il motivo è abbastanza chiaro: questa storia sbriciola la narrazione ideologica sugli eroi del Mare Nostrum, dunque meglio fare finta di nulla. Non sia mai che si smonti il bel raccontino infiocchettato sul nostro Salvini. Chiaro: può essere che il contatto fra la Ong e l’informatore misterioso sia stato un caso fortuito e non il segnale di una prassi consolidata, ma a maggior ragione perché trascurarlo? La risposta è fin troppo facile e non è affatto gradevole. Guai a pensare male dei «buoni», perché si fa peccato. Soprattutto quando ci si azzecca.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco
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