2022-09-25
Sanitari sospesi in balìa dei giudici: casi simili, ma sentenze opposte
Disposto in Sardegna il reintegro di una dottoressa. A Padova, invece, il ricorso di un’infermiera viene respinto. L’obbligo di puntura sarà valutato dalla Consulta, presieduta da Marco D’Alberti, ex tecnico di Mario Draghi che l’approvò.Giudici del lavoro che decidono come gli pare, sui diritti dei lavoratori sanitari non vaccinati e che sono stati sospesi. Non è amministrare la giustizia, è un’interpretazione molto arbitraria della legge, perciò se sei fortunato ti va bene, altrimenti non c’è difesa che aiuti. Capita, così, che una dirigente medico del Pronto soccorso dell’ospedale di Tempio Pausania, in Sardegna, sospesa due volte per non essersi vaccinata, sia stata riammessa al lavoro con ordinanza del tribunale civile. Mentre a Padova, negli stessi giorni, un giudice straccia l’ordinanza cautelare che permetteva a un’infermiera di tornare a lavorare e le dava dodici mesi di tempo per mettersi in regola con la vaccinazione. La poveretta dovrà vaccinarsi o restare a casa, mentre sempre in Italia, ma altri magistrati, decidevano che non si può toccare il diritto al lavoro. Ecco come sono andate le cose. In Sardegna, il 26 aprile scorso, Maria Lucia Barmina, una dottoressa mamma di quattro bimbi in tenera età, colpita dal Covid a gennaio e contraria a vaccinarsi nei tre mesi successivi, era stata sospesa dal servizio e senza retribuzione dall’Asl Gallura.Il 18 maggio, anche l’Ordine dei medici la sospendeva. Contro i due provvedimenti fu presentato ricorso, il giudice ha dato ragione alla Barmina, disponendo che il 19 luglio venisse riammessa al lavoro, però dopo pochi giorni l’Ordine la sospendeva nuovamente. La vicenda si è conclusa, fortunatamente per il medico, con un’ordinanza del giudice Eleonora Carsana del tribunale di Tempio, che accogliendo il nuovo ricorso ordinava la riammissione del dirigente del Pronto soccorso. L’Ordine dei medici di Sassari, che nemmeno aveva accettato la conciliazione, dovrà pagare 18.000 euro, di cui 9.000 di spese legali. Se in Sardegna la dottoressa può tornare a lavorare e a percepire lo stipendio, ben altro destino ha riservato un giudice di Padova a un’infermiera, non vaccinata, che per ben due volte aveva contratto il Covid, eppure era stata sospesa dall’Azienda ospedaliera universitaria. A fine luglio, La Verità raccontò la vicenda, riportando la decisione del giudice del lavoro Roberto Beghini, che chiedeva alla Consulta di decidere della legittimità delle circolari del ministero della Salute, cui sono obbligati i sanitari. Nel frattempo, in attesa che i supremi giudici prendano in esame l’ordinanza, aveva fatto riammettere al lavoro l’operatrice sanitaria, dandole dodici mesi di tempo per mettersi in regola con la vaccinazione, basandosi sulla circolare del 21 luglio 2021. In quell’atto, infatti, si affermava che per i soggetti con pregressa infezione bastava un’unica somministrazione «purché la vaccinazione venga eseguita preferibilmente entro i 6 mesi dalla stessa e comunque non oltre 12 mesi dalla guarigione». Sembrava la decisione più in linea con principi garantisti invece, dopo l’inevitabile reclamo dell’Asl, un collegio giudicante presieduto dal dottor Mauro Dallacasa ha revocato l’ordinanza cautelare che era stata accolta ed emessa dal dottor Beghini, sostenendo che «durante la sospensione non possono essere compiuti atti del procedimento». Era un provvedimento che tutelava l’infermiera, impedendo che le lungaggini processuali possano vanificare il procedimento. Basti pensare che solo il 30 novembre la Corte costituzionale si riunirà per esaminare la richiesta avanzata il 17 gennaio scorso dal Consiglio di giustizia amministrativa (Cga) della Sicilia sulla legittimità dell’obbligo vaccinale per i sanitari. Tempi lunghissimi. In merito all’ordinanza emessa lo scorso luglio a Padova, le supreme toghe decideranno forse nella primavera del 2023. Intanto, la sanitaria doveva rimanere senza lavoro e priva di retribuzione fino al prossimo 31 dicembre? Senza contare che a presiedere la Consulta ora è stato nominato Marco D’Alberti, ex consigliere giuridico di Mario Draghi a Palazzo Chigi. Un magistrato che ha convalidato gli obblighi imposti dal governo agli operatori della Sanità, in tema di vaccinazione anti Covid, quindi figuriamoci come si esprimerà sulla costituzionalità di quanto avrà approvato in precedenza. Bastava che i giudici padovani non infierissero ulteriormente sull’infermiera, colpita due volte dal Covid e con chissà quanti anticorpi. «Potevano confermare l’ordinanza cautelare, seguendo il principio di precauzione, riconosciuto a tutti i livelli anche dal diritto europeo», commenta l’avvocato Pierfrancesco Zen, che difende le ragioni della sanitaria. «La mia assistita, invece, senza più tutela, deve soccombere subito e accettare, sebbene guarita, la vaccinazione». Aggiunge il legale: «Dallacasa ha detto che “non vuole essere trascinato in questioni politiche, di politica medica”, ma questo la dice lunga su quanto poco i magistrati si vogliano immedesimare nei problemi delle persone».