
Le consulenze dell'ex sottosegretario aprono una crisi diplomatica tra Titano e Malta. Tutti fanno scaricabarile sull'incarico all'italiano candidato con Emmanuel Macron. Che dice: «Sono bugiardi».L'inchiesta sulla consulenza da 220.000 euro affidata dalla Banca centrale di San Marino a Sandro Gozi, ex sottosegretario della presidenza del Consiglio nei governi di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, oggi candidato alle elezioni europee con il partito di Emmanuel Macron, sta mettendo in grave imbarazzo l'esecutivo della piccola Repubblica e in particolare il segretario agli Esteri e alla giustizia Nicola Renzi. Sui soldi a Gozi è iniziato uno scaricabarile che ha coinvolto anche il nostro giornale. Nessun politico vuole ammetter di aver avuto un ruolo in quell'accordo. Il congresso del piccolo Stato ha diramato nei giorni scorsi un preoccupatissimo comunicato: «Duole rilevare il tentativo, esterno alla Repubblica, di influenzare l'opinione su un'inchiesta giudiziaria la cui eco mediatica è un fattore di grave preoccupazione». L'accusa fa riferimento in particolare agli articoli della Verità, ma anche a quelli del sito Dagospia e del Fatto quotidiano, che hanno dato una lettura politica all'inchiesta (scaturita da un esposto anonimo), sottolineando come dentro alla Repubblica ci sia una certa resistenza da parte di alcuni ambienti all'ingresso della vigilanza della Banca centrale europea nel sistema finanziario del piccolo Paese. L'esecutivo del Monte Titano ha pure paventato il complotto: «Il resto, le speculazioni legate a dinamiche interne o a tentativi esterni alla Repubblica di influenzare gli equilibri politici nazionali è un deja vù, già visto anche qualche anno fa». Non c'è niente che a San Marino dia più fastidio di chi prova ad accendere i riflettori sulle beghe di un Paese piccolissimo, ma che custodisce enormi segreti. Nei giorni scorsi abbiamo scritto che Gozi ha negato di essere stato scelto dall'amica Catia Tomasetti, presidente della Bcsm e sua coindagata per la consulenza da 220.000 euro. «A segnalarmi al governo è stata l'ambasciatrice di Malta Vanessa Frazier e non la Tomasetti» è in soldoni la difesa dell'ex sottosegretario. A noi la diplomatica ha confermato che a «introdurre» Gozi davanti al segretario Nicola Renzi era stata proprio lei, il 16 marzo 2018. «Se c'era un interessamento di Renzi per Gozi? Certo. L'anno prima avevo suggerito altri due nomi (come negoziatori, ndr), ma non mi avevano richiamato. In questo caso dopo due giorni mi hanno ricontattato: “Renzi vorrebbe incontrarlo" mi ha detto l'ambasciatrice Alessandra Albertini». In un comunicato il segretario agli Esteri ha dato una versione diametralmente opposta: «Non sono stato io a cercare il dottor Gozi. [...] La Fraiser voleva presentarmi una persona che poteva essere utile a San Marino e questa persona era Sandro Gozi […]. Ho valutato un incarico come congresso di Stato e invece abbiamo deciso, all'unanimità, di non dargli questa consulenza. Io non c'entro nulla con la consulenza datagli da Banca centrale». La Frazier ci è rimasta male: «Il comunicato di Renzi? Mi è dispiaciuto perché sembra che abbia insistito io, ma non è così. Ricordo che il direttore generale per gli affari europei Luca Brandi mi disse: “Meno male che c'è Sandro che ci aiuta". Gozi nel negoziato stava favorendo tutto il sistema Paese». Sul sito Giornale SM il candidato di Macron ha confermato la nostra ricostruzione e allora sul quotidiano sammarinese L'informazione è uscita una velina intitolata «Ambasciatori Albertini e Frazier confermano versione di Renzi su Gozi». Si tratta di un comunicato senza firma il cui contenuto pare concordato dalle due diplomatiche. Ma secondo Gozi non è così: la dichiarazione «non è congiunta delle due ambasciatrici, ma unicamente del segretario di Stato (Renzi, ndr)». Ma chi dice il vero? A quanto risulta alla Verità la Tomasetti venerdì scorso ha depositato in tribunale dei documenti che puntano a smentire Renzi quando dice che con la consulenza di Gozi «non c'entra nulla».Infatti tra le carte consegnate dalla Tomasetti ci sarebbe anche il verbale del 25 giugno 2018 del comitato strategico per la stabilità finanziaria, organismo di vigilanza varato dal governo. In quella sede la Tomasetti preannunciò la volontà di proporre al consiglio direttivo della Bcsm Gozi come advisor e «chief negotiation officer» (capo negoziatore per la Banca centrale) per accelerare il processo di accordo con l'Unione europea, anche utilizzando «le sue esperienze e le sue relazioni». Il presidente, a quanto ci risulta, si premurò di sottolineare che Gozi era una «persona politicamente coinvolta» (anche se non era più al governo) e che andava «valutata attentamente». Nell'occasione Renzi si pronunciò «favorevolmente in merito alla proposta sottolineando che per la Repubblica la fase del negoziato con la Ue è fondamentale e che pertanto relazioni a un livello elevato possono rivelarsi importanti». Al termine della discussione il comitato «nel rispetto delle autonomie di Banca centrale» espresse «orientamento favorevole rispetto all'attivazione di una collaborazione con il dottor Sandro Gozi».Anche l'allora segretario alle finanze Simone Celli diede parere positivo: «Prendemmo atto della decisione della Bcsm e non intravedevamo condizioni ostative a quella consulenza, anche se non vi era competenza da parte della politica», ricorda lo stesso Celli. Il quale, tre giorni dopo il comitato, partecipò con Nicola Renzi e Gozi all'assemblea dei soci della Bcsm, dove, nelle stesse ore, era in votazione la consulenza. Il trio, apparentemente affiatato, avrebbe dato ai membri del consiglio direttivo presenti plastica dimostrazione del favore del governo per quell'incarico. Dieci mesi dopo nessun politico di San Marino vuole ammettere di aver avallato la consulenza a Gozi, promesso sposo di Macron.
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