
A Bibbiano il leader leghista senza simboli di partito. Un solo striscione: «Giù le mani dai bambini». C'è pure la mamma di Tommaso Onofri, il piccolo rapito e ucciso nel 2006. A poca distanza il flash mob del movimento: «Il paese va ricordato come la culla del Parmigiano».Da pescatore provetto, disposto ad alzarsi di buon mattino durante le vacanze in Val Rendena per raggiungere ameni laghetti, Matteo Salvini sapeva che bastava solo pazientare. Poi, anche le sguscianti sardine avrebbero abboccato all'amo. Ma neanche il suo più sfrenato ottimismo avrebbe immaginato un tale epilogo ittico. Con i ribaldi giovanotti a sguazzare in un laghetto, dopo aver chiesto ingenuamente di poter nuotare in mare aperto. Ovvero, nella piazza di Bibbiano: riservata, come impone la legge in campagna elettorale, a partiti e candidati. Mancano tre giorni al voto in Emilia Romagna. E così, nel tardo pomeriggio di ieri, s'è consumato l'atteso e definitivo scontro a distanza, seppur brevissima. Il primo ad apparire, in piazza della Repubblica, è il leader della Lega. Stavolta, con indovinata scelta di marketing politico, sul palco non c'è nessun simbolo di partito. Campeggia invece una scritta bianca e giallo sullo sfondo rosso: «Giù le mani dai bambini!». A poche centinaia di metri, in piazza Libero Grassi, è un camion a fare da palco alla reunion delle sardine. Dietro appare il solito striscione declinato localmente, «Bibbiano non si lega» dunque, assieme a qualche palloncino. L'hanno chiamato flash mob. Con gli organizzatori che invitavano i partecipanti a portare uno strumento musicale. Urgeva dar vita ad una grande «orchestra ittica». Ingegnoso e democratico espediente che avrebbe dovuto coprire le parole di Salvini e Lucia Borgonzoni, la candidata governatrice leghista. E in mezzo, tra le due piazze, i blindati delle forze dell'ordine.Bisognava vederla la placida Bibbiano, diventata suo malgrado il tragico scenario dell'inchiesta «Angeli e demoni», la più dibattuta degli ultimi mesi. Transennata e presidiata manco fosse in svolgimento un G8, con agenti schierati sul selciato e uffici serrati dopo pranzo. Il coprifuoco che precede l'ultima battaglia. Uno sconosciuto paesino della bassa reggiana è l'epicentro delle elezioni più importanti del momento, da cui potrebbero dipendere le sempre incerte sorti del governo giallorosso. A Bibbiano si fronteggiano, seppur a distanza, le fazioni attualmente più in voga. Da una parte del ring, il campione in carica, l'intrepido capitano: Matteo Salvini. Dall'altra, lo sfidante: la giovane promessa del progressismo italiano, l'esistenzialista dalla zazzera appena sfoltita, la quintessenza della nostalgia girotondina. Sua maestà, Mattia Santori. Fan in visibilio. Giornalisti in lotta per l'accredito. Posti solo in piedi. Pop corn e patatine. A sorpresa, tra i leghisti, c'è Paola Pellinghelli, madre di Tommaso Onofri, che nel 2006 fu ammazzato a Casalbaroncolo, vicino Parma. Salvini aveva annunciato la sua presenza già in mattinata: «A Bibbiano il microfono non sarà in mano alla politica, ma alle mamme e ai papà. E ci sarà anche la mamma del piccolo Tommy, il bambino di 18 mesi rapito e ucciso da tre bestie e una di quelle bestie è già in permesso premio. Chi fa del male ai bambini deve marcire in galera». E dal palco Pellinghelli racconta: «Io mi sento molto vicina ai genitori di Bibbiano anche se la nostra storia è molto diversa. Posso ringraziare Matteo perché mi ha dato l'opportunità di sfogarmi, spero che tutti insieme potremo cambiare qualcosa».Poi è la volta dei genitori a cui hanno tolto i figli. La prima a intervenire si chiama Valeria Bigi: «Un paese deve essere unito su questi temi. Mio padre non resse in seguito a quella storia: dopo un mese e mezzo morì. Era uno degli ultimi partigiani della Val D'Enza» aggiunge. «Ho giurato che sin che avrò vita lotterò per cambiare le cose». Seguono altri strazianti racconti. Storie di altri bambini sottratti alle famiglie. Ingiustamente? Si vedrà. La giustizia a Bibbiano non ha nemmeno cominciato a fare il suo corso. Intanto, la politica s'è appropriata dell'inchiesta. E gli ultimi a scendere nell'agone sono stati quelli delle sardine, anche ieri nella salvifica versione di sentinelle della democrazia. Pronti a scandire i loro nobili intenti dall'improvvisato pulpito: «Siamo qui per salvare il paese dalla gogna».Del resto, era inevitabile. Da mesi, la Lega assalta: «Parlateci di Bibbiano». Ovvero della tremenda inchiesta giudiziaria per cui la procura di Reggio Emilia si appresta a chiedere i rinvii a giudizio. E da mesi il Pd, visto che lo scandalo coinvolge esponenti e simpatizzanti dem, replica furibondo: «Sciacalli». Proprio mentre evita imbarazzanti confronti sul tema. Come ha fatto il governatore uscente Stefano Bonaccini, in corsa per la riconferma. Da Bibbiano ha preferito stare alla larga, rinunciando a un'attesa tappa elettorale. Così i guantoni dei democratici passano a Santori e alla sua candida brigata. Sono stati loro a sfidare l'acerrimo contendente, in luogo dei tremebondi piddini. Ingenerosi. Alla fine è stato come mandare sul ring un peso paglia contro un peso massimo. Mattia però si farà. E chissà: magari un giorno riuscirà ad eguagliare le inarrivabili imprese di Luigi Di Maio, appena deposto dalla guida dei 5 stelle. Dai grillini, che zampettano da destra a sinistra pur di conservare il potere, alle sardine, che abboccano a ogni amo lanciato dalla politica come trote d'allevamento. Con il giovane Dario, che dal palco assalta i leghisti: «Bibbiano deve essere ricordata come la culla del Parmigiano reggiano».
Francesca Albanese (Ansa)
La special rapporteur dell’Onu sulla Palestina è diventata un brand, un fenomeno mediatico, la Nostra Signora dell’intifada. I suoi modi da maestrina spazientiscono anche la sinistra, mentre la verve anti israeliana la porta a inquietanti scivoloni.