2024-03-22
Salvini mette in campo un direttorio per tentare la rimonta in Europa
Matteo Salvini (Imagoeconomica)
Al Consiglio federale della Lega gettate le basi per il voto di giugno: undici tra esperti ed esponenti del partito, tra cui Massimiliano Fedriga e Giancarlo Giorgetti, stileranno il programma. Entro giovedì prossimo le candidature.Obiettivo Bruxelles. Uscito con le ossa doloranti da un fine inverno umido soprattutto nei sondaggi e nelle urne, Matteo Salvini ha inquadrato il target del rilancio e lo ha posto al centro del Consiglio federale di ieri sera, che si è concluso in tre mosse. Due le novità: la creazione di un direttorio per scrivere il programma, la deadline del 28 marzo per avere sulla scrivania i nomi dei candidati («Dobbiamo far scendere in campo i migliori»). Più una granitica conferma anche ad uso degli alleati: «Non ci sarà spazio per accordi o voti a favore di socialisti e di Ursula von der Leyen». Tutto il resto arriverà dopo quella che lui definisce «una battaglia per il futuro dei nostri figli». Quindi i congressi regionali entro l’estate e in autunno quello federale, cruciale per ridefinire il perimetro e gli organigrammi del partito.Il direttorio sarà composto da una decina di persone di alto profilo con il compito di stilare il programma, coordinate da Filippo Pozzi, esperto di dinamiche europee e responsabile delle politiche agricole della Lega. Del gruppo faranno parte il ministro Giancarlo Giorgetti, il governatore Massimiliano Fedriga, il coordinatore dei dipartimenti Armando Siri, l’economista Alberto Bagnai, il presidente della Camera Lorenzo Fontana, gli europarlamentari Marco Zanni e Marco Campomenosi, i parlamentari Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo più il sindaco di un capoluogo. Un notevole parterre per sintetizzare le proposte e gli obiettivi di un partito che ha ancora nella casella dei record l’exploit di cinque anni fa. Ma esattamente come in un Fuorisalone, novità interessanti si percepiscono anche nel Fuoriconsiglio. È a margine del summit politico che si misura la temperatura della Lega. Non ci saranno nuovi simboli: «Italia Sicura è uno slogan da convegno sul codice stradale, anzi è l’ennesima menzogna», smentisce le voci un colonnello che la sa lunga. Piuttosto la fronda chiederebbe di togliere «Salvini premier» e di riportare al centro la parola Lega. Al di là della simbologia, in questi mesi si prevedono riflessioni su due argomenti chiave: il ridimensionamento al Sud del progetto salviniano e i mal di pancia della base per certi sbandamenti a destra della destra. Sussurra ancora il vecchio saggio: «Il nostro è pur sempre un elettorato moderato con artigiani, partite Iva, operai. Se non ne teniamo conto Forza Italia ci risucchia». Sottotraccia c’è anche la potenziale candidatura alle elezioni europee del generale Roberto Vannacci. Aleggia, si infila sotto le porte, prende forma nei discorsi davanti a un Camparino ma non ha ancora la spunta blu. Ieri mattina su La7 il capogruppo al Senato Romeo rappresentava l’incertezza di tutti: «Deve essere sciolta la riserva, ma c’è ancora tempo fino alla presentazione delle liste. E deve anche decidere lui». Poi ecco un distinguo che lo accomuna a molti militanti leghisti, depositari di quell’anima originaria che da sempre fatica a entrare in consonanza con il nazionalismo delle stellette e delle mimetiche. Spiega Romeo: «Tante idee che ha espresso Vannacci non sono condivise da una parte della base della Lega e non le condivido neanche io. Però ha avuto il coraggio di difendere la libertà di pensiero nel mondo del politicamente corretto, quindi ci può stare anche la sua candidatura».A margine del Consiglio federale si parla anche della convention romana di domani pomeriggio ai Roma Studios di via Tiburtina, organizzata per lanciare la campagna europea di Identità e Democrazia (il gruppo federalista al parlamento Ue). Un punto fermo per aggregare consensi attorno a «un’Europa nuova, diversa, più vicina ai popoli e più lontana dalle burocrazie illiberali e socialiste», come dipinge Salvini i tecnocrati che stanno pianificando con politiche suicide (il Green Deal senza freni, la guerra senza alternative, le battaglie minoritarie senza pudore) il declino del continente. «Sono già stati occupati i 1.500 posti disponibili», fanno sapere gli organizzatori. Le delegazioni europee arriveranno da Francia, Austria, Portogallo, Fiandre. Nella lista ufficiale degli oratori c’è Andrè Ventura, il leader lusitano di Chega (traduzione sintetica «Basta!»), il fiammingo Gerolf Annemans, presidente di Id e leader del partito di destra oggi al 27,8% dei sondaggi in Belgio, e l’austriaco Harald Vilimsky di Fpo. Euroscettismo in purezza, ma il problema sono le defezioni. Domani a Roma non ci saranno rappresentanti di Afd (Alternative für Deutschland) e ha dato forfait anche Marine Le Pen che pure partecipò al raduno di Pontida nel settembre scorso. Assente di persona (ma ci sarà in collegamento video) Jordan Bardella, capolista alle europee e in pole position negli ultimi sondaggi. Dalla kermesse si tengono lontani i principali governatori leghisti: Attilio Fontana, Massimiliano Fedriga, Luca Zaia. Quest’ultimo ha tagliato corto: «Avevo programmato da tempo una serie di inaugurazioni. E non aggiungo altro perché ogni altra domanda sarebbe come chiedermi se voglio più bene alla mamma o al papà».
Le rinnovabili mandano ancora in tilt la rete spagnola. I coltivatori di soia americani in crisi, la Cina non compra più. Terre rare, Pechino stringe ancora sull’export. Auto cinesi per rame iraniano, il baratto.
Federico Vecchioni (Imagoeconomica)