2025-10-12
Il Fisco batte cassa alle imprese che hanno perso soldi col Covid
Molte aziende stanno ricevendo dall’Agenzia delle Entrate inviti al contraddittorio sugli aiuti ricevuti durante i lockdown, perché avrebbero dovuto inserire i contributi nei bilanci dopo la pandemia e avere meno sgravi.Va bene che la coperta dei conti pubblici è corta. Va bene che non bisogna sprecare risorse perché le spese della Difesa faranno salire di oltre 7 punti percentuali il debito italiano. Però perché battere cassa alle imprese che hanno perso soldi a causa della pandemia? Al di là della questione economica, c’è anche un tema perfino morale: chi ha dovuto tenere chiuso durante il 2020-2021 non l’ha fatto per suo gusto, ma per i divieti - lockdown e zona colorate - imposti dai governi Conte e Draghi. Di cosa stiamo parlando? Come scriveva ieri Il Sole 24 Ore, molte imprese stanno ricevendo schemi di atto o inviti al contraddittorio dall’Agenzia delle Entrate. Secondo il Fisco le ditte e gli imprenditori devastati dalle chiusure avrebbero perfino goduto di un «doppio beneficio». Quale? In sostanza, hanno ricevuto contributi dallo Stato per il crollo dei fatturati e hanno potuto spalmare consistenti perdite fiscali anche negli anni successivi alla pandemia. Tutto regolare, in realtà. Dato che in nessun provvedimento è stato messo nero su bianco che questa pratica ordinaria, cioè portare le perdite di un anno nel bilancio dei 12 mesi successivi, non fosse lecita. Invece no. Per l’Agenzia delle Entrate c’è qualcosa che non va. Qualcosa da restituire.Andiamo con ordine, perché la pratica è tecnica, ma nella sostanza è «esplosiva» come sottolinea lo stesso Sole 24 Ore. Già perché durante l’emergenza Covid, il sistema imprenditoriale italiano è stato colpito duramente. In base alle statistiche fiscali pubblicate nel 2023 dal Dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia, l’impatto devastante del 2020 sulle dichiarazioni dei redditi presentate negli anni successivi evidenzia che il 39% delle società di capitali e degli altri soggetti Ires ha dichiarato una perdita fiscale. I settori più penalizzati sono stati quelli legati al turismo e alla ristorazione, con un crollo del 75%, seguiti da trasporti e magazzinaggio (-43%) e dalle attività finanziarie (-20%). Complessivamente, le perdite fiscali dichiarate sono ammontate a 86,3 miliardi di euro, ovvero +49% rispetto al 2019. In particolare, nel comparto della ristorazione e dell’ospitalità, il valore delle perdite è triplicato. Ecco, proprio ora che il Paese ha dimenticato quei periodi bui, molte imprese stanno appunto ricevendo notifiche di atti o inviti al contraddittorio da parte dell’Agenzia delle Entrate. I documenti fanno riferimento ai contributi ricevuti nel periodo della pandemia. La contestazione, in molti casi, riguarda il modo in cui le imprese in rosso hanno riportato quelle perdite fiscali negli anni successivi. Secondo l’interpretazione dell’amministrazione finanziaria, gli importi ricevuti a titolo di contributo andrebbero trattati come «proventi esenti», da sottrarre alle perdite fiscali riportabili. L’Agenzia sostiene che non fosse intenzione del legislatore estendere il beneficio dei contributi agli anni successivi tramite il riporto delle perdite, per evitare un «doppio vantaggio» fiscale. In altre parole, chi ha ricevuto un contributo e ha chiuso l’anno in perdita oggi si vede contestato l’utilizzo integrale di quella perdita nei periodi successivi, perché il contributo andrebbe ora «restituito» sotto forma di riduzione della perdita stessa. Peccato che «nessuno l’abbia specificato», spiega Federico Grigoli - partner di Pirola, Pennuto, Zei & Associati - alla Verità. Non solo. C’è anche il paradosso che «le imprese con un reddito imponibile positivo negli anni della pandemia hanno incassato i bonus e goduto della detassazione degli stessi, mentre quelle in perdita fiscale negli stessi anni hanno sì goduto del contributo ma poi», sottolinea ancora Grigoli, «applicando la tesi delle Entrate, nei periodi successivi avrebbero dovuto renderlo imponibile attraverso un ridotto utilizzo delle perdite». Di fatto «è come se lo Stato rivolesse indietro il contributo che ha dato» alle aziende andate in crisi per lockdown e zone rosse. Ora, conclude l’articolo del Sole24Ore, «siccome quasi tutte le misure sovvenzionali previste negli ultimi anni (dai crediti d’imposta Transizione 4.0 e 5.0 a quelli per ricerca, sviluppo e innovazione) prevedono la “non concorrenza al reddito” del provento, il tema è esplosivo: significa che 100 euro di tutti questi benefici restano tali solo per le imprese con un reddito imponibile positivo, mentre diventano, nel tempo, 76 per quelle in perdita fiscale, senza alcuna giustificazione ragionevole». Resta un mistero. Ma chi ha deciso di inviare queste lettere alle imprese? Non è che c’è lo zampino di chi guidava prima (8 anni) l’Agenzia delle Entrate? Quell’Ernesto Maria Ruffini che doveva rifondare il centrosinistra? Mah...
Sebastien Lecornu (Getty Images)
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