
Dopo l'accordicchio giallorosso, affluenza senza precedenti al raduno leghista. Il segretario punta agli elettori del Movimento delusi dal nuovo governo e a un referendum sul decreto Sicurezza. Sui porti aperti: «Al processo guarderò la Rackete a testa alta».Aprire le porte della Lega ai delusi del Movimento 5 stelle ma anche a quelli del Partito democratico, che sono insieme al governo e più che mai impegnati a spartirsi le poltrone, «traditori chiusi nei palazzi». Dopo la caduta del governo gialloblu, Matteo Salvini ricomincia da Pontida. E scende subito in campagna elettorale in vista delle elezioni regionali, tra fine ottobre e inizio 2020. Ci sono da espugnare le regioni rosse, Umbria ed Emilia Romagna. Bisogna portare via voti ai grillini e ai democratici. Le candidate Donatella Tesei e Lucia Borgonzoni stanno al fianco del capo, due angeli custodi sul palco. Non a caso nel suo intervento cita Enrico Berlinguer, storico leader del Pci («Una volta i comunisti erano persone serie, come Berlinguer, parlavano con gli operai, oggi con i banchieri. Si rivolterebbe nella tomba»), ma se la prende anche con le multinazionali «che fanno affari in Italia senza pagare le tasse sul nostro territorio».Camicia bianca, voce più moderata del solito, il segretario della Lega lancia il suo progetto «di visione a lungo termine» dal pratone dove Umberto Bossi lanciò quasi 30 anni fa la Lega Lombarda. Il Senatùr, ancora un po' debilitato, è rimasto a casa. C'è il pienone. Come non si era mai visto. Tanto che anche durante l'intervento dell'ex ministro dell'Interno si potevano ancora vedere macchine in coda per arrivare a destinazione. Gli organizzatori non danno numeri. Si sa solo che «per Salvini è stata la Pontida più bella e affollata di tutte». La scritta «Padania Libera» che un tempo campeggiava sulla collina davanti al palco è uno sbiadito ricordo. Ci sono invece le bandiere italiane. Se qualche nostalgico secessionista osa criticarle riceve in tutta risposta una battuta su fatto che potrebbero essere «quelle ungheresi». Scherzi a parte, il consueto raduno leghista del 2019 ricompatta il partito e spegne in parte i malumori che erano comparsi qua e là lungo la Penisola dopo la crisi di governo di agosto. Per di più sul pratone ci sono immagini religiose e di madonne, una novità dopo i riti celtici degli anni Novanta. Salvini ringrazia Bossi e Roberto Maroni. Attacca il presidente del Consiglio Giuseppe Conte («ha svenduto il nostro Paese»). Si prende gli applausi di un popolo rabbioso, che attacca Gad Lerner di Repubblica (a difenderlo sarà Mario Borghezio, che ricorderà le prime trasmissioni con Bossi a Milano Italia) e chiede a gran voce le elezioni. A bocce ferme, a più di un mese di distanza dall'inizio della crisi - era l'8 agosto - col governo giallorosso ormai insediato, il popolo leghista ritrova il suo leader. Le critiche alla scelta di rompere ormai sono acqua passata. Lo stesso governatore del Veneto, Luca Zaia, lo ribadisce a margine degli interventi dal palco: «Salvini ha fatto bene a rompere». Così il Capitano può ritornare ai suoi cavalli di battaglia. Una flat tax al 15% «per chi lavora e per chi crea lavoro: sarà il primo provvedimento della Lega quando tornerà al governo», garantisce l'ex vicepremier. «In un quarto d'ora l'hanno già cancellata, ma noi ci stiamo lavorando». Poi demolisce le tassazioni sugli immobili: «Tasse sulla casa? Dovranno passare sui nostri corpi se proveranno ad aumentarle. Le case sono il frutto del sacrificio di chi non è andato in vacanza per 40 anni per lasciare qualcosa ai propri figli». E rispetto all'evasione fiscale: «Se qualcuno vuole combatterla davvero, si rivolga a quelle grandi multinazionali che fanno affari in Italia senza pagar le tasse sul nostro territorio o alle finte cooperative che sfruttano lavoratori a 3 euro al giorno. Lì c'è il furto». E ancora: «La tassa sui contanti? Neanche in Venezuela. È la tassa sulle tasse, il Grande Fratello. Ognuno è libero di usare i propri soldi, che ha guadagnato, come crede». Nella nuova Lega di lotta nella Pondida 2019 c'è anche un nuovo pantheon di miti e persone. Salvini porta sul palco Greta, vittima di Bibbiano («Lei ha ritrovato la sua mamma»). Un tempo sul pratone si potevano ascoltare le note del Va' Pensiero di Giuseppe Verdi. Ora invece c'è il Nessun dorma di Giacomo Puccini. Sugli schermi anni fa si vedevano le immagini di Braveheart, con la voglia di secessione. Nel 2017 lo slogan era «Prima gli italiani», ora ci sono i video di Salvini e lo slogan «La forza di essere liberi». Suonano le note dell'inno cristiano Amazing Grace. A un certo punto riecheggia Giorgio Gaber con la canzone La Libertà. Salvini cita Oriana Fallaci («Da un lato c'è lei, il suo coraggio per le sue idee, dall'altro la viziatella comunista Carola, quella che mi ha denunciato e che non vedo l'ora di guardare al processo a testa alta»), cita Giovanni Paolo II, il giudice morto ammazzato Rosario Livatino, poi Margareth Thatcher («Non ci può essere libertà se non c'è libertà economica»). Salvini chiede al popolo del pratone «pazienza», quella che «Leopardi definiva la più eroica delle virtù». Soprattutto l'ex numero uno del Viminale dice: «Rispondete sempre con il sorriso». Ricorda don Piero Gelmini per le sue battaglie contro la droga, ma anche Enzo Ferrari. I porti stanno per riaprire alle Ong: «Se lo faranno, sarà un'altra occasione di referendum, che sia il popolo a opporsi alle scelte del palazzo». E un altro referendum potrebbe essere quello sulla legge elettorale, «contro il ritorno al proporzionale». E adesso tutti a Roma, il 19 ottobre.
Roberta Pinotti, ministro della Difesa durante il governo Renzi (Ansa)
Per 20 anni ha avuto ruoli cruciali nello sviluppo del sistema di sicurezza spaziale. Con le imprese francesi protagoniste.
Anziché avventurarsi nello spazio alla ricerca delle competenze in tema di Difesa e sicurezza del consigliere del Colle, Francesco Saverio Garofani, viene molto più semplice restare con i piedi per terra, tornare indietro di quasi 20 anni, e spulciare quello che l’allora rappresentante dell’Ulivo diceva in commissione.Era il 21 giugno 2007 e la commissione presieduta dal poi ministro Roberta Pinotti, era neanche a dirlo la commissione Difesa. Si discuteva del programma annuale relativo al lancio di un satellite militare denominato SICRAL-1B e Garofani da bravo relatore del programma ritenne opportuno dare qualche specifica.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 21 novembre con Flaminia Camilletti
Gianfranco Lande durante un’udienza del processo che l’ha coinvolto (Ansa)
I parenti del consigliere hanno investito una fortuna con Gianfranco Lande. Che per prendere tempo li spingeva a fare «condoni» sui capitali.
Francesco Saverio Garofani in questi giorni viene raccontato come il gentiluomo delle istituzioni, il cattolico democratico che ha attraversato mezzo secolo di politica italiana con la felpa della responsabilità cucita addosso. Quello che nessuno racconta è che lui, insieme a una fetta consistente della sua famiglia, è stato per anni nel giro di Gianfranco Lande, il «Madoff dei Parioli». E che il suo nome, con quello dei tre fratelli, Carlo, Giorgio e Giovanna (che negli atti della Guardia di finanza vengono indicati in una voce cumulativa anche come fratelli Garofani), riempie la lista Garofani nell’elenco delle vittime allegato alla sentenza che ha raccontato, numeri alla mano, la più grande stangata finanziaria della Roma bene, insieme a quello di un certo Lorenzo (deceduto nel 1999) e di Michele, suo figlio, del cui grado di eventuale parentela però non ci sono informazioni.
Getty Images
Travaglio: «Garofani deve dimettersi». Foa: «Non è super partes, lasci». Porro: «È una cosa pazzesca e tentano di silenziarla». Padellaro: «Una fior di notizia che andava pubblicata, ma farlo pare una scelta stravagante». Giarrusso: «Reazioni assurde a una storia vera». L’ex ambasciatore Vecchioni: «Presidente, cacci il consigliere».






