2019-12-11
Salta la cedolare secca per i negozi
L'emendamento metterà in ginocchio proprietari immobiliari e botteghe: dal 2011 ne sono già fallite 32.000. Senza il forfait al 21% sull'affitto la pressione arriverà al 48%.Quando si tratta di far cassa, gli immobili sono un bancomat sicuro. Nonostante le promesse di non toccare il settore, alla fine il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri ha colpito proprio lì. Costretto a rinunciare alla sospensione della cedolare secca per gli appartamenti in affitto, dopo la levata di scudi dell'opposizione ma anche di parte della maggioranza, ora, approfittando dei tempi stretti per il varo della manovra economica, il governo ha messo a segno il colpo di mano. La mannaia cala sui negozi. La cedolare secca del 21% introdotta lo scorso anno sugli affitti di immobili a uso commerciale non sarà confermata anche per il 2020. Il bliz della maggioranza è scattato nella notte, durante una lunghissima sessione in commissione Bilancio. Gli emendamenti dell'opposizione, che prevedevano la conferma, sono stati bocciati e al mattino i commercianti si sono svegliati con una doccia fredda. La tassa piatta scade il 31 dicembre e riusciranno a usufruire ancora dell'agevolazione solo coloro che firmeranno il contratto di locazione entro questa data o che nel corso dell'anno avranno una proroga nell'ambito della formula di sei anni più sei.Per gli altri ci sarà una batosta. Confedilizia ha calcolato che il carico fiscale totale può arrivare a superare il 48% del canone in quanto il proprietario è soggetto a Irpef, addizionale regionale e comunale e imposta di registro, balzelli a cui deve aggiungersi la patrimoniale Imu Tasi. Tutte queste imposte sarebbero state sostituite dalla tassa piatta come accade per gli affitti degli appartamenti.Caduta l'agevolazione tornano ad abbattersi sul portafoglio del proprietario del negozio che deve far fronte anche alle spese di manutenzione dell'immobile e al rischio morosità, e che finirà per ammortizzare i costi con l'aumento del canone.Il ministero dell'Economia si giustifica ricordando che la cedolare secca è una misura a termine che era stata introdotta dalla legge di bilancio per il 2019. Dimentica però che era stata decisa per rianimare un settore dell'economia in profonda sofferenza. Confesercenti ha calcolato che dal 2011 hanno chiuso 32.000 negozi, con una perdita di 3 miliardi di euro di investimenti da parte delle imprese.Nel 2019 si stima ne spariranno altri 5.000, con una media di 14 al giorno, e se non cambierà il trend è prevista una flessione dello 0,4% nelle vendite, pari a 1 miliardo di euro in meno rispetto al 2018. La contrazione dei consumi interessa tutta l'Italia, senza marcate differenze tra Nord e Sud. In Calabria la riduzione degli acquisti è stata del 4,8%, in Lombardia del 3,5% e in Veneto del 4,4%. Le famiglie si indirizzano sempre di più verso il Web, dove la concorrenza del prezzo è selvaggia, e questo ha accorciato la vita media dei nuovi negozi. Quasi uno su due abbassa la saracinesca entro i tre anni di vita.Il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, va giù duro: «Mentre ci si straccia le vesti per l'espansione di Amazon e per la moria di negozi, si elimina l'unica misura con la quale vi era speranza di rianimare un comparto in crisi, contribuendo anche a migliorare l'aspetto delle nostre città, combattendo degrado e insicurezza». E sottolinea che «il tema riguarda sia l'esercente sia il proprietario che dà in locazione l'immobile perché in Italia sono le famiglie che affittano gli immobili, non i grandi fondi». L'abolizione della cedolare secca solo in apparenza consente al fisco di far cassa. In realtà, spiega Spaziani Testa, quando un locale resta sfitto non porta risorse nelle mani dello Stato. Santino Taverna, presidente nazionale Fimaa (la Federazione italiana mediatori agenti d'affari), punta l'indice contro «lo strapotere di Internet e delle multinazionali che fanno affari in Italia, ma pagano le tasse nei paradisi fiscali all'estero». La legge di bilancio poteva essere un'occasione per «disincentivare la concorrenza sleale», afferma Taverna. «Invece si è preferito incentivare la chiusura dei negozi tradizionali».
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